Nebbiolo da vigne da Barolo 15/18 mesi di affinamento in botte grande.
Uno straordinario esempio di equilibrio e compiutezza. Considerato da molti un piccolo barolo, credo sia più giusto definirlo un grande Nebbiolo. Perché questo è. Un vino che rivela ampiamente le possibilità del vitigno da cui deriva, anche quando non affinato per lunghissimo tempo e nelle sue declinazioni base.
Colore tra il rubino e il granato, limpido, trasparente e vivo, come si può vedere in foto. Un vino che manifesta in atto le potenzialità dell’annata. Naso complesso e intenso dove a dominare sono note fruttate di lampone selvatico e ciliegia, floreali di rosa con sentori terragni e di liquirizia, un filo di spezia dolce. Al contempo il sorso brilla per equilibrio, persistenza e bevibilità. Bella acidità e tannini maturi che compongono una trama ben integrata.
In un gemellaggio enoalimentare tosco-giuliano, la Malvasia 2016 di Nicolini trova posto sulla mia tavola accanto a una delle più immutabili, e impermeabili alle “reinterpretazioni” moderne, tra le pietanze della tradizione toscana. La cecìna, o farinata per qualcuno. Cecìna con Crescenza e Torta di Spinaci. Malvasia vinificata tradizionalmente, pochi interventi, acciaio e vetro per l’affinamento. Un pregiudizio, non necessariamente infondato, sulla zona di provenienza (Carso – Muggia) mi spinge ad aspettarmi un vino verticale e scabro. E invece. Giallo dorato. Vagamente opalescente.
Complesso il ventaglio odoroso. Pesca gialla, giuggiola matura, fiori di tiglio, resina di cipresso, erbe aromatiche. Caldo e spesso in ingresso, poi l’elemento acido ben si assesta dentro il sorso succoso e gli conferisce equilibrio e profondità. Sul finale si fa rinfrescante, con piacevole retrogusto di menta selvatica..
Si suole dire che i cani finiscono per assomigliare al padrone. Non saprei dire, in un esercizio di analogie, se i vini possano finire per assomigliare ai vignaioli che ne hanno curato la produzione, ma posso dire che a me sembra che questo Barbera fatto dal Signor Flavio Roddolo somigli al Signor Flavio Roddolo. Non per i baffi.
Perché, come chi l’ha fatto, questo Barbera sembra d’acchito di poche parole apparentemente forzate quando invece si va avanti per ore a parlare e si attende il momento buono per andare in cantina a cercare la bottiglia giusta che allontani il tempo dei saluti.
Di colore rubino compatto. Al naso di presenta con discrezione, poi il suo ventaglio comincia a comporsi con sentori di cassis e prugna, spunti fungini e speziati di chiodo di garofano. Sembra animato da una forza oscura, incontrollata, possente. Al palato concentrazione di succo, intensità, freschezza oceanica e morbida che innesca una tensione rara. E non finisce mai. E mette d’accordo una platea variegata.
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On dit que les chiens finissent par ressembler à leur maître. Je ne peux pas dire, dans un exercice d’analogies, si les vins peuvent finir par ressembler aux viticulteurs qui ont pris soin de leur production, mais je peux dire qu’il me semble que cette Barbera faite par M. Flavio Roddolo ressemble à M. Flavio Roddolo. Pas pour la moustache. Parce que, comme ceux qui l’ont fait, cette Barbera semble à première vue quelques mots apparemment forcés quand vous continuez à parler pendant des heures et attendez le bon moment pour aller à la cave pour chercher la bonne bouteille qui enlève le temps de dire au revoir . Couleur rubis compacte. Au nez, il présente avec discrétion, puis son éventail commence à composer avec des notes de cassis et de prune, de clou de girofle fongique et épicé. Il semble animé par une force sombre, incontrôlée et puissante. En bouche concentration de jus, intensité, douceur douce et fraîcheur océanique qui déclenche une tension rare. Et ça ne finit jamais. Et un public varié l’apprécie.
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It is said that dogs end up looking like their master. I cannot say, in an exercise of analogies, if wines can end up resembling the winemakers who took care of their production, but I can say that it seems to me that this Barbera made by Mr. Flavio Roddolo resembles Mr. Flavio Roddolo. Not for the mustache. Because, like those who did it, this Barbera seems at first sight of a few apparently forced words when instead you go on talking for hours and wait for the right moment to go to the cellar to look for the right bottle that takes away the time to say goodbye .
Compact ruby color. Initially discrete, then hints of cassis and plum, fungal and spicy cloves. It seems animated by a dark, uncontrolled, powerful force. On the palate concentration of juice, intensity, soft and oceanic freshness that triggers a rare tension. And it never ends. And a variegated audience appreciated it.
Siamo a Sant’Antonio in Bosco nel comune di San Dorligo della Valle, sulle alture a sud est di Trieste vicino al confine con la Slovenia. Pochi ettari di vigna e ulivi, una cantina di dimensioni familiari, vini espressivi e di carattere. E dove la famiglia Zahar produce la sua Malvasia. L’incontro con i vini talvolta è casuale, ma la benedizione di un incontro quasi sempre è frutto della concomitanza di più elementi. La compagnia, il clima, l’umore, la bottiglia sbagliata o la bottiglia memorabile.
Da Zahar, era l’aprile 2018, concomitarono una serie di fattori agevolanti l’innamoramento. Tanto da non essere capaci di scattare alcuna foto che rendesse giustizia al tempo passato in cantina e in compagnia di Tania Stefani. Troppo impegnati ad assaggiare la batteria di vini proposti in degustazione. Per questa Malvasia, se non ricordo male, tre giorni di macerazione sulle bucce e un passaggio in legno. Ed è un vino che sembra intrattenere un rapporto speciale con la luce, che rende cangiante e vividissimo il suo colore giallo. Denso nel bevante. Bello e peculiare al naso dove si affacciano sentori floreali di elicriso e ginestra, miele di cardo, erba cipollina, origano, nespola, resina di cipresso, il ricordo di una camminata su prati insolati in un tardo mattino di giugno.
Al palato offre una consistenza da vino rosso, coriacea e ruvida acidità, succo materico, coerente nelle sensazioni gustative, un accenno tannico nel lungo finale e quello che ne risulta è un vino avvincente e amichevole che stringe sodalizi entusiasmanti con le creazioni culinarie. Testato con soddisfazione insieme alla tagliata di pollo con crema di ceci e con il tonno alla griglia con fagioli rossi.
Quella volta che quattro Enonauti, i tre in foto più il quarto che scattava, si recarono alla Rùfina per andare da Selvapiana. L’Enonauta non potrà mai dimenticare la prodiga ospitalità offerta ai quattro pellegrini giunti in loco senza preavviso, guidati dalla sete e dall’ispirazione del momento, alla fine di una memorabile giornata di assaggi. Per non parlare dei sempre ottimi vini. Bucerchiale 2009 in testa.
That Time Vol. 1 – Selvapiana
That time when four Enonauts, the three in the picture plus the fourth with the camera, moved to Rùfina to visit Selvapiana winery. The Enonauta will never forget the generous hospitality offered to the four pilgrims who arrived on site without warning, guided by the thirst and inspiration of the moment, at the end of a memorable day of tasting.
Per questo Piastraia Bolgheri DocMichele Satta unisce il succo d’un quartetto di vitigni. Cabernet Sauvignon, Merlot, Sangiovese e Syrah in parti uguali.
20 giorni di troncoconico a vitigni separati e poi 18/24 mesi di barriques per un quinto nuove.
Il vino che ne risulta è un campione di misurata potenza dalla veste di un bel rubino profondo, compatto, vivido.
Al naso è esuberante, complesso, ricco ed evoluto. Piccoli accenni floreali di viola, ma a dominare è il frutto a piena maturazione. Cassis, ribes nero, prugna essiccata, sentori di spezie dolci, di scorza d’arancia e cedro, note di tabacco. Il frutto ritorna nitidamente al palato e il sorso ha spessore e volume, freschezza viva e soffice e tannini smussati che animano il lungo finale dove torna anche la materia fruttata.
Un vino, questo Piastraia 2010, che si esprime adesso a un livello di gusto alto, puntando sull’equilibrio dei molti elementi di cui è composto, senza mai dare l’impressione di volerne tradire didascalicamente la presenza.
Uve nebbiolo da giovani vigne site in diversi comuni per questo Langhe Nebbiolo Vajra.
Affinamento in vasche d’acciaio con un minimo apporto di legni neutri prima dell’imbottigliamento.
Azienda sita in Barolo.
Non ho bevuto tutti i nebbioli del mondo, ma non ne ho nemmeno bevuti pochi. Probabilmente il Nebbiolo, in tutte le sue declinazioni, è il vitigno che ho incontrato più volte nel mio cammino e da che mi ricordi credo che questo Nebbiolo 2016 di Vajra sia il più floreale che abbia mai annusato/bevuto.
La veste è rubino chiaro, trasparente e vivo. Come premesso è un vino floreale, talmente floreale da risultare inebriante, come stare in un prato fiorito in piena primavera. Poi fragolina, cassis e ricordi dell’incenso che arde nel turibolo.
Il nitore, la levità, la fragranza e la raffinata semplicità dei profumi che compongono il ventaglio odoroso di questo Nebbiolo mi fanno pensare alla composta brillantezza di certe canzoni di Nick Drake.
Al palato si conferma. Acidità setosa e tesa, succo fresco, tannino gentile e un buon finale di frutta fresca per un sorso più che piacevole. Convincente. Per fedeltà alla tipologia e valori espressi.
Lugana Superiore Ca’ Lojera – Sirmione Turbiana Fermentazione in legno e affinamento in botti da 25 hl per 24 mesi
Chi scrive non nasconde la sua predilezione per la Turbiana e i vini che se ne ricavano (Lugana Doc), vini che furono tra quelli con cui, un po’ per caso e un po’ per gusto, cominciò a incamminarsi sul sentiero dello stappo critico e/o consapevole.
Ma non c’è cedimento ai sentimenti nel dire che questa bottiglia è una di quelle che ricorderò e che contribuiranno a estendere la mia personale idea di qualità e piacevolezza in rapporto al vino.
Giallo intenso e brillante. Mostra struttura già nel calice. Generoso fin dall’apertura, elargisce profumi quantitativamente e qualitativamente di rilievo. Narciso, frutta gialla matura, zafferano, note petrose/gessose, ma anche qualche ricordo di erbe aromatiche come la maggiorana. Stratificato il sorso che caldo e cremoso in princìpio, sfodera una bella accelerazione e guadagna in profondità ed equilibrio grazie alla sua grande verve sapida.
Sul finale riesco a intravedere l’identità che questa bottiglia potrebbe sviluppare tra qualche anno e decido di procurarmene subito un’altra. At the end I can see the identity that this bottle could develop in a few years and I decide to get another one right away. À la fin, je peux voir l’identité que cette bouteille pourrait développer dans quelques années et je décide d’en acheter une autre immédiatement.
In ottima compagnia col Rombo cotto a vapore con patate e indivia al forno.
Aluigi Le Cinciole – Panzano in Chianti 100% Sangiovese Biologico/biodinamico Cemento, elevazione in legno, ancora cemento.
Rosso rubino fitto.
Inizialmente sembra involuto, incastrato dentro sentori legnosi, ma col tempo si distende in un piacevole, seppur compìto, e tipico bouquet composto da molto mirtillo, note terragne e di incenso su ricordi di giaggiolo e scorza d’arancia. Al palato risulta di medio corpo per un sorso animato da freschezza e succo gentili e struttura tannica nobile e sottile. Buon finale dove in fase retrolfattiva tornano le note di frutto scuro e di spezie. Un vino che merita un pensiero alla volta dopo.
Si accompagnò con successo alla Lombatina di Manzo alla griglia.
Ribolla, Malvasia e Friulano. Cemento e Legno. Il Collio bianco di Edi Keber
Vino iconico ed esemplare che attraversa le annate mantenendo un livello qualitativo ragguardevole. Cosa che gli permette di presentarsi, anno dopo anno, all’enoappassionato che, mentre si sta incamminando verso la propria enoteca di fiducia, si chiede “il Collio di Keber quest’anno come sarà?” e confermare regolarmente le sue aspettative, rese alte dalle precedenti esperienze.
Bello e vivo il colore giallo che sembra sempre virare al verdolino, impattanti e piacevoli i profumi fruttati, di lime, pesca bianca e melone bianco o di Napoli su un fondo erbaceo fresco e di arbusto odoroso come l’osmanto.
Al palato il Collio di Keber risulta equilibrato, ma è un equilibrio trovato (o pensato) al massimo dell’espressione di tutte le sue componenti. Ha calore, succo, freschezza viva e una smisurata vena sapida. Finale lunghissimo con una piacevole coda di mandorla brasiliana.