Da vigna su terreno argillloso nel comune di Montefreddane. “Vinificazione semplice, ma prolungata nel tempo” si può leggere sul sito aziendale. 12 mesi sulle fecce, 12 mesi in bottiglia.
Ne avevo stappata un’altra nei mesi estivi, ma con scarsa soddisfazione principalmente per una prematura ossidazione.
Vino sostanzioso dal colore concentrato e dal bouquet esteso che presenta reminiscenze agrumate di limone tagliato, gelsomino, pesca bianca, mentuccia e marzapane. Le fragranze non mancano e non mancano di brio.
In bocca mostra una certa densità e sviluppa calore, ma non t’invischia perché ha anche una componente acida e salina di tutto rispetto e profondità di gusto.
Rispetto alla prima bottiglia non c’è paragone. Buon bianco forse un po’ troppo strutturato da bere adesso.
Fiano di Avellino 2018 Alimata – Villa Raiano
From vineyard on clayey soil in the municipality of Montefreddane. “Simple winemaking, but prolonged over time” can be read on the company website. 12 months on the lees, 12 months in the bottle.
I had uncorked another one in the summer months, but with little satisfaction mainly due to premature oxidation.
Substantial wine with a concentrated color and an extensive bouquet that presents citrus reminiscences of cut lemon, jasmine, white peach, mint and marzipan. There is no shortage of fragrances and no shortage of panache.
In the mouth it shows a certain density and develops heat, but it doesn’t entangle you because it also has a respectable acid and saline component and depth of taste. Compared to the first bottle there is no comparison. Good white wine perhaps a little too structured to drink now.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Una bellissima serata con questi sei vini (più un passito) dall’Irpinia, in bilico tra il ludico/ricreativo e l’approfondimento, forse più ricreativo dal momento che della serata restano solo due testimonianze fotografiche. Le bottiglie stappate a inizio serata e il meraviglioso tappo del Radici Riserva 1998. Molte ottime indicazioni sui vini stappati. Soprattutto sui due più stagionati.
Aglianico con 18 mesi di affinamento in barrique. Vino sostanzioso, dal colore scuro, sanguigno, d’impatto, dai bei profumi di frutto scuro maturo, spezie, cenere, incenso, tabacco. Sorso di spessore, caldo, ma con grande equilibrio degli elementi e piacevolezza immediata. Forse gli manca un po’ di slancio, però è un vino per una platea folta.
Taurasi 2010 – Villa Raiano
3 anni di invecchiamento. 1 in legno di varie dimensioni, 1 in acciaio e 1 in bottiglia. Il meno pronto dei sei. Il più peculiare nella sua asciutta essenzialità. Riporta accanto a un cespuglio di timo, fa ricordare la resina, la noce moscata, il ribes nero. Al palato mostra una certa energia, ma appare imbrigliata, ancora in fase di definizione. Secco, tannico, persistente, coerente, sapido ma credo avrebbe potuto esprimersi meglio tra qualche anno ancora.
Taurasi Radici 2010 – Mastroberardino
24 mesi in legno e 24 in bottiglia Vino ricco in aromi e generoso, viole, prugne, chiodo di garofano, più frutto in evidenza, terra bagnata, erbe aromatiche, pelle fresca. Si conferma al palato molto generoso in entrata, preciso ed equilibrato, forse non molto presente nel centrobocca dove risulta un po’ scarno. Retrogusto di frutto maturo, di buona persistenza. Vino compìto, dai tratti ben delineati.
Taurasi Historia Naturalis 2009 – Mastroberardino
24 mesi in legno e 30 in bottiglia. Il mio preferito per la complessità e la bellezza dei richiami al naso, per la definizione e l’intensità del sorso. Colore rubino scuro, Balsamico, eucalipto, prugna e ciliegia, e ancora balsamico, pepe di Sichuan, bitter e scorza di arancio, ancora balsamico, canfora. Bevuta spaziale, profonda, fresca con delicata fruttuosità e sapidità e magnifico tannino in filigrana. Persistenza proverbiale. Per me tra i vini indimenticabili.
Barrique e botti di rovere per 30 mesi. 40 mesi in bottiglia. Riconoscibile, anche se potrebbe ingannare alla cieca, e integro. Di colore più chiaro degli omologhi più giovani. È un vino di estrema finezza. Mette insieme antiche reminiscenze floreali, di prugna essiccata come anche di frutti rossi freschi che alla lunga tendono a prevalere, rievoca l’incenso e le spezie dolci, il fungo fresco, il rosmarino. Probabilmente con una bottiglia intera a testa a disposizione da provare anche il giorno dopo avrebbe regalato anche altri sentori. Al palato risulta compatto, mai un filo di alcol in eccesso, mai troppo acido. Equilibrio, precisione, vitalità, qualità e intensità di gusto, un bere che che si trasforma in piacere senza intoppi, un vino fatto di sussurri ben scanditi e di una materia nobilissima da cui tuttt i presenti restano folgorati.
Taurasi Piano di Montevergine 1997 – Feudi di San Gregorio – Degustazione Taurasi
Invecchiamento in botti di diverse dimensioni per 24 mesi e poi affinamento per altri 24 in bottiglia. Il tappo in cattive condizioni desta un po’ di preoccupazione, ma il vino risulta godibile nella sua fase di piena maturità. Il Colore è granato, un bel ventaglio di profumi dalla bacca di goji alla scorza di chinotto passando per prugna, cuoio, spezie varie, carruba. Mostra ancora vitalità al palato, soprattutto congruità. Vellutato, fresco, sottile e con ottima persistenza aromatica.
Aglianico passito. Forse l’unica mezza delusione della serata. Profumi a bassa intensità di incenso, mora, vaniglia, un po’ cupo, secco e poco dinamico. Poco risolto. Da riprovare in altra occasione.
A fine serata e a bottiglie vuote giungo a una conclusione e m’insorge un interrogativo.
Conclusione: disdegnare pregiudizialmente, che per alcuni sembra un atteggiamento fascinoso, le bottiglie dei “grandi” produttori è un errore.
Interrogativo: il Radici Riserva 1998 osservando il tappo, appena bagnato, elastico come un tappo nuovo tanto che sarebbe stato possibile riutilizzarlo interamente, è stato molto probabilmente conservato in piedi. E lo stato di conservazione del vino era perfetto. Questo legittimamente fa ripensare alla teoria che vuole che i vini vadano conservati stesi e ai pochi che invece continuano a sostenere il contrario. Chi avrà ragione? Avrà davvero ragione qualcuno?
Conclusione ulteriore: mai scherzare col Taurasi nemmeno dopo 26 anni.
Il tappo del Taurasi Radici Riserva 1998 di Mastroberardino