Dogliani Superiore Pianezza/Vigna Dei Prey 2019 – Francesco Boschis
Dopo un paio di delusioni ristappo un Dolcetto che fortunatamente, essendo un amante del vitigno, mi appassiona. È il Dogliani Superiore Pianezza Vigna del Prey 2019 dell’azienda Francesco Boschis.
Bel colore purpureo scuro, inizialmente è un po’ riservato col tempo si apre e rivela un bouquet con ricordi floreali e balsamici in primo piano, poi lampone e spezie e altre note vagamente agrumate (scorza di chinotto). Molto fresco il sorso, acidità decisa, fresco e secco, di corpo snello con tannino appena rustico, con bella forza di gusto piazza un bel finale lungo con coda sapida non così diffusa nella tipologia.
Il sig. Giuseppe Cortese è un vignaiolo cortese di nome e di fatto. Sono stato in visita da lui 5/6 anni addietro a Barbaresco e rimasi decisamente colpito dalla sua semplicità e disponibilità nell’accogliermi presso la sua cantina senza il minimo preavviso (dove, oltre ad assaggiare tutti i suoi bei vini, ebbi anche la fortuna di acquistare alcune annate vecchie del suo Cru Rabajà a prezzi all’epoca veramente onesti e che oggi risulterebbero irrisori).
Anche il suo Barbaresco 2018 potrebbe essere definito cortese, perché è un vino buonissimo, accogliente e di grande equilibrio. Ma “l’etichetta” di cortese rischia però di stargli stretta, perché è anche un vino corroborante, dal sorso dinamico e vivo. Un vino che rappresenta a mio avviso un grande esempio di classicità nell’interpretazione del Barbaresco, territoriale, schietto ed elegante. Le uve sono avviate alla fermentazione in serbatoi d’acciaio con fermentazione sulle bucce per circa un mese. Matura poi 18 mesi in botti grandi e completa l’affinamento con almeno 6 mesi in bottiglia.
Nel calice si presenta non troppo carico, di colore rosso granato luminoso, riflessi rubino e netto contorno aranciato. Al naso piccoli frutti a bacca rossa, ciliegia sottospirito, violetta, caramella al rabarbaro, radice di liquirizia, leggermente mentolato. Al palato si concede subito senza tante ritrosìe, giustamente morbido, avvolgente e caldo. Tannino di trama fine e ben cesellato, mai irruento; il sorso progredisce succoso, con regolarità e piacevolezza, supportato da argini di freschezza e mineralità che donano equilibrio al sorso e grande bevibilità. Gestione dell’alcool (14.5°) magistrale, finale fresco, leggermente sapido e di buona persistenza.
Questo Barbaresco 2018 di Giuseppe Cortese è a mio avviso in uno stato di grazia, potrebbe certamente aspettare ancora in cantina alcuni anni ed evolvere in maniera interessante. Ma è buonissimo ora, e se ne avessi ancora una bottiglia in cantina non esiterei a stapparlo ancora entro la fine dell’anno. Vino di grande piacevolezza ed immediatezza che danza tra le linee di gioco con equilibrio, prontezza, eleganza e concretezza. Ottimo anche il rapporto qualità-prezzo-piacere e sugli abbinamenti ci si può solo sbizzarrire.
Sono nato a Roma nel 1977. Il mio animo nomade mi ha portato a Milano, Perugia e successivamente in Svizzera. Sono pedagogista-educatore, counsellor e sommelier, percorsi intrapresi con impegno, fatica, ma soprattutto passione. Ad oggi vivo a Lugano e lavoro per l’Organizzaione Sociopsichiatrica Cantonale. Amo viaggiare comodamente, leggere prima di addormentarmi, vedere bei film, mangiare bene, ascoltare jazz, ed ovviamente bere buon vino. Quando riesco a fare almeno due di queste cose contemporaneamente, insieme alle persone a me care, mi sento felice.
Giuseppe Rinaldi non ha bisogno certamente di presentazioni. I suoi vini lo fanno in maniera autonoma ben prima di essere stappati. Scelgo questa Pasqua 2022 per aprire il suo Nebbiolo 2013 che conservavo in cantina da 5/6 anni rimandando frequentemente la sua apertura, come spesso mi capita per le bottiglie importanti e che custodisco con religiosa aspettativa. (qui due note sul 2016)
Rosso granato brillante con riflessi rubino, sprigiona al naso tutte le caratteristiche che ti aspetti dal nebbiolo nel suo territorio di elezione. Sugli scudi la rosa, una leggera violetta, prugna e ciliegia selvatica e poi un incedere discreto, ma ben presente, di sentori terziari, come pellame e liquirizia, sottobosco, note balsamiche e mentolate.
Il sorso attacca con una sensazione che definire fresca è decisamente riduttivo. La componente acida è proverbiale, attraversa e sorregge il sorso dall’inizio alla fine con una costante spinta propulsiva ed energica. Caldo, ma non eccessivamente (dissimulando un alcolicità elevata, gestita in maniera magistrale), porta in dote tannini di razza che hanno davanti a loro ancora del tempo per raggiungere la piena forma e maturazione. Retrogusto che riporta in superficie il frutto croccante e chiude molto lungo con leggere note speziate e di liquirizia amara.
Corpo atletico e definito come quello di un quattrocentrista olimpico. Fine, elegante e complesso senza risultare complicato, dotato di una beva straordinariamente efficace, gratificante e dissetante. Se qualcuno lo ha in cantina, mi sento di dire che può assecondare la propria eventuale resistenza all’apertura per almeno due-tre anni, forse anche più.
Nebbiolo d’eccezione ed eccellenza, che regala emozione, ma anche spiazzamento, sopratutto per coloro che non sono avvezzi ai modi dei vini del “Citrico”. Parliamo di un vino concepito per essere compagno di un pasto adeguato, e consiglio di farlo se si vuole evitare di sprecare e mal interpretarne le sue caratteristiche e qualità proverbiali. Mi immagino infatti il volto spiazzato di un qualche avventore “parkerizzato”, che sorseggia questo vino alle 18.00 in un wine-Bar, rigorosamente a bocca pulita, come fosse un Cabernet della Napa Valley.
È indubbiamente una grande bevuta, ed il prezzo é proporzionato al blasone, alla scarsa reperibilità e all’ottima annata. Forse non alla portata di tutti, anche dal punto di vista del rapporto aspettative/comprensione/gratificazione. Con il classico agnello pasquale al forno accompagnato da patate è stato un bel matrimonio.
Langhe Nebbiolo 2013 Giuseppe Rinaldi
Giuseppe Rinaldi certainly needs no introduction. His wines do so independently well before being uncorked. I choose this Easter 2022 to open his 2013 Nebbiolo which I have kept in the cellar for 5/6 years, frequently postponing its opening, as often happens to me for important bottles and which I keep with religious expectation.
Brilliant garnet red with ruby reflections, it releases on the nose all the characteristics you expect from Nebbiolo in its chosen territory. On the shields the rose, a light violet, plum and wild cherry and then a discreet but very present progression of tertiary scents, such as leather and liquorice, undergrowth, balsamic and mentholated notes.
The sip starts with a sensation that defining fresh is definitely an understatement. The acid component is proverbial, it crosses and supports the sip from start to finish with a constant propulsive and energetic push. Warm, but not excessively (concealing a high alcohol content, managed in a masterly manner), it brings with it pure tannins that still have time ahead of them to reach full shape and maturation. Aftertaste that brings the crunchy fruit to the surface and closes very long with light spicy and bitter liquorice notes.
Athletic and defined body like that of an Olympic four-centre athlete. Fine, elegant and complex without being complicated, with an extraordinarily effective, rewarding and thirst-quenching drink. If someone has it in their cellar, I would say that they can accommodate their possible resistance to opening it for at least two-three years, perhaps even more.
Exceptional and excellent Nebbiolo, which gives emotion, but also disorientation, especially for those who are not accustomed to the ways of “Citrico” wines. We are talking about a wine designed to be the companion of an adequate meal, and I recommend doing so if you want to avoid wasting and misinterpreting its proverbial characteristics and qualities. In fact, I imagine the disconcerted face of some “Parkerized” customer, sipping this wine at 6pm in a wine bar, strictly with a clean mouth, as if it were a Cabernet from Napa Valley.
It is undoubtedly a great drink, and the price is proportionate to the coat of arms, the limited availability and the excellent vintage. Perhaps not within everyone’s reach, even from the point of view of the expectations/understanding/gratification relationship. With the classic baked Easter lamb accompanied by potatoes it was a beautiful marriage.
Sono nato a Roma nel 1977. Il mio animo nomade mi ha portato a Milano, Perugia e successivamente in Svizzera. Sono pedagogista-educatore, counsellor e sommelier, percorsi intrapresi con impegno, fatica, ma soprattutto passione. Ad oggi vivo a Lugano e lavoro per l’Organizzaione Sociopsichiatrica Cantonale. Amo viaggiare comodamente, leggere prima di addormentarmi, vedere bei film, mangiare bene, ascoltare jazz, ed ovviamente bere buon vino. Quando riesco a fare almeno due di queste cose contemporaneamente, insieme alle persone a me care, mi sento felice.
Ogni tanto bisogna prendersi il rischio di stappare una di quelle bottiglie, ad esempio il Barolo Sarmassa 2010 di Brezza, cercate e tenute da parte, una di quelle bottiglie su cui abbiamo proiettato aspettative rilevanti e farlo senza un’occasione precisa se non per celebrare la gioia di vivere. Così da dare una misura al vino e alle proprie convinzioni. Ad esempio la mia di cercare di bere il Barolo sempre, o quasi sempre, nella finestra 10/12 anni per cercare di intercettare il liquido nella fase di massima espressività prima dell’inizio della fase discendente. In questo caso si sarebbe potuto aspettare ancora qualche anno vista l’integrità e le caratteristiche del vino, ma la mia convinzione si rafforza.
Barolo classicista con invecchiamento in botte grande con uve dal cru posto a nord di Barolo verso il confine con La Morra.
Grande finezza espressiva, precisione, eleganza, struttura, previsione di vita futura non calcolabile se conservata al meglio.
Colore granato vivo, complessità e finezza olfattiva. Apre con una nota mentolata che accompagna per tutto il tempo della bevuta, lampone e melograno, floreale residuale, carruba, eucalipto, sentori minimi di cuoio fresco e di spezie. Preciso e intenso anche nel tempo. In bocca è un crescendo continuo, non è un vino da esposizione che lascia di stucco in ingresso, lascia semmai estasiati in uscita, con quella sua lunga scia balsamico/sapida, con la sua struttura, la sua stoffa, lo scheletro solido di questo vino che promette di essere buono anche in tempo X lontano da noi, il suo bilanciamento, questa progressione di gusto che non finisce, la bevibilità incredibile, ebbe ragione chi ne intravide le potenzialità a suo tempo e peccato per tutte quelle bottiglie imprigionate nelle cantine dei mercanti del nordeuropa.
Il mio consiglio a chi lo dovesse trovare è di prenderne quanto più possibile.
Barolo Sarmassa 2010 – Brezza
Every now and then we have to take the risk of uncorking one of those bottles, for example the Barolo Sarmassa 2010 by Brezza, sought out and kept aside, one of those bottles on which we have projected significant expectations and doing so without a specific occasion other than to celebrate the joy of life. So as to give a measure to the wine and to one’s own beliefs. For example, mine is to try to drink Barolo always, or almost always, in the 10/12 year window to try to intercept the liquid in the phase of maximum expressiveness before the beginning of the descending phase. In this case we could have waited a few more years given the integrity and characteristics of the wine, but my conviction is strengthened.
Classicist Barolo aged in large barrels with grapes from the cru located north of Barolo towards the border with La Morra.
Great expressive finesse, precision, elegance, structure, prediction of future life that cannot be calculated if preserved in the best possible way.
Bright garnet color, complexity and olfactory finesse. It opens with a minty note that accompanies the entire drinking time, raspberry and pomegranate, residual floral, carob, eucalyptus, minimal hints of fresh leather and spices. Precise and intense even over time. In the mouth it is a continuous crescendo, it is not a show wine that leaves you stunned on entry, if anything it leaves you enraptured on the way out, with its long balsamic/savory trail, with its structure, its fabric, the solid skeleton of this wine which promises to be good even in time far from us, its balance, this progression of taste that never ends, the incredible drinkability, those who glimpsed its potential at the time were right and it’s a shame for all those bottles imprisoned in the cellars of Northern European merchants.
My advice to anyone who finds it is to get as much as possible.
Uve provenienti da tre vigneti nel Comune di Barolo, lunga macerazione e 36 mesi in botte per questo Barolo Albe 2013 dell’azienda Vajra
Portando al naso il calice che lo contiene il pensiero torna a un loro nebbiolo che bevvi un paio d’anni fa, e di cui scrissi (qui), e mi pare di scorgere una continuità, quasi una firma.
Ed è l’attacco olfattivo floreale, pervasivo, che inebria. Seguono sentori di fragolina di bosco, rosa, spezie e radici appena accennate, direi anche lavanda, un tratto terragno. Tutto molto preciso, pulito. Il colore è un bel rosso rubino brillante.
Al palato si fanno notare la verve acida e il tannino ancora mordente che ne fanno un vino molto tattile a questo punto della sua evoluzione in bottiglia. Ha buon corpo, giusto calore, penalizzato un poco nel centrobocca, si conferma però un in fase retrolfattiva dove si ribadiscono le anticipazioni avute al momento dell’impugnare il bicchiere, arricchite da una piacevole rievocazione mentolato/balsamica e da un ritorno fruttato freschissimo. Credo potrà esprimersi al meglio tra qualche anno per quanto già godibile. Mi veniva in principio di dirlo austero, ma ci ripenso sul finale di bottiglia perché non è austero affatto, ma solo ancora animato da irruenza giovanile.
Barolo Albe 2013 – GD VAJRA
Grapes from three vineyards in the municipality of Barolo, long maceration and 36 months in barrel for this Barolo Albe 2013 from the Vajra company Bringing the glass that contains it to my nose, my thoughts go back to one of their Nebbiolos that I drank a couple of years ago, and about which I wrote (here), and I seem to see a continuity, almost a signature. And it is the floral, pervasive olfactory attack that inebriates. Followed by hints of wild strawberry, rose, spices and barely mentioned roots, I would also say lavender, an earthy trait. Everything very precise, clean. The color is a beautiful bright ruby red. On the palate, the acidic verve and the still biting tannin stand out, making it a very tactile wine at this point in its evolution in the bottle. It has good body, the right heat, penalized a little in the mid-mouth, but it confirms a retro-olfactory phase where the anticipations had when holding the glass are reiterated, enriched by a pleasant menthol/balsamic reminiscence and a very fresh fruity return. I believe it will be able to express itself at its best in a few years, although it is already enjoyable. At first I felt like calling it austere, but I think about it again at the end of the bottle because it’s not austere at all, but just still animated by youthful impetuosity.
Tra i vini che raccontano della possibilità di bere bene a dispetto del prezzo e di un vitigno d’origine ingiustamente poco considerato, anche se esistono alcuni porti sicuri e Accornero è certo uno di questi, c’è questo Grignolino Bricco del Bosco 2020 dell’azienda Accornero di Vignale Monferrato. Che si può definire tra le aziende più in vista tra quelle che bene operano nella promozione del territorio e dei suoi , talvolta ingiustamente bistrattati, vitigni.
Un vino lineare a cui non manca niente, caratterizzato da compatta e precisa semplicità. Rubino molto chiaro, nitido e preciso al naso con sentori floreali, di frutto di bosco, lievemente speziato. Al palato è secco, snello, ben definito, con agile freschezza, intensità di gusto, tannini di buona fattura, per una bevuta che è si facile, ma non evanescente. Nel finale sul frutto si rievocano anche le erbe mediche. Da tutto pasto con pietanze di terra.
Grignolino Bricco del Bosco 2020 Accornero Grignolino del Monferrato Casalese doc
Among the wines that tell of the possibility of drinking well despite the price and of an unjustly little considered grape variety of origin, even if there are some safe havens and Accornero is certainly one of these, there is this Grignolino Bricco del Bosco 2020 from Accornero company of Vignale Monferrato. Which can be defined as one of the most prominent companies among those that work well in promoting the territory and its, sometimes unfairly mistreated, vines.
A linear wine that lacks nothing, characterized by compact and precise simplicity. Very light ruby, clear and precise on the nose with floral and berry scents, slightly spicy. On the palate it is dry, slim, well defined, with agile freshness, intensity of taste, well-made tannins, for a drink that is easy, but not evanescent. In the finish, the fruit also evokes medical herbs. For any meal with earthy dishes.
Degustazione di Nebbioli in Batteria. Al primo rèfolo d’aria fresca s’innesca subito la sete di rossi e ritorna alla mente quel lotto di nebbioli comprati in gruppo alcuni mesi prima e per il cui assaggio era attesa da tempo la fine della gran calura. Ci si ritrova dunque nella tana de “Il Mosto Selvaggio” per approfondire le potenzialità di questo nobile vitigno, qui nella sua interpretazione base, in alcune sue diverse declinazioni. Raccontare 10 vini a memoria seguendo gli scarni appunti vergati in una serata che ha finito per configurarsi più ricreativa che formativa, nel senso puro del termine, non è facile. Ho deciso quindi di tracciare una descrizione di quelli che mi hanno maggiormente colpito.
Cemento e legno grande per un Nebbiolo che brilla per la nettezza dei profumi floreali, di melograno e ribes rosso, di genziana, per la scorrevolezza del sorso, l’equilibrio e la tensione, la coda sapida e la persistenza. Sembra di scorgere in controluce dentro questo vino un progetto che ha trovato una compiutezza esatta. Vino pronto e convincente.
VERSIO / neive 18
Acciaio, legno grande e di nuovo cemento. Colore quasi di un rosato, sottile, profumo di fragolina, cinnamomo, rosa, luminoso, apparentemente esile e trasparente, ma animato da chiara forza, espressività, definito un vino “risolto”. Piaciuto a tutta la tavola, in effetti stupiva per la serbevolezza e per il fatto di mostrare una memoria viva del frutto da cui provenne. Tutti i commensali hanno dichiarato di poterne bere una bottiglia da soli in venti minuti.
Langhe Nebbiolo 2019 RIVELLA / barbaresco
Lunga macerazione e affinamento in tonneaux per questo nebbiolo di uno dei prìncipi del classicismo piemontese. La gioventù lo penalizza perché risulta un po’ austero e allora ci si proietta in avanti col pensiero a tra qualche anno. Però c’è la consueta eleganza di Rivella, sentori di ribes rosso, scorza d’arancio, mazzo d’erbe aromatiche/bitter, il sorso è teso, fresco, di buon corpo, il tannino è ruggente. Ripensare alla gentilezza della famiglia Rivella aumenta l’apprezzamento per il vino.
Langhe Nebbiolo Bartolo Mascarello 2018 / barolo
Cemento e botti grandi per nove mesi. Archetipico e quasi perfetto. Gli ho preferito il Nebbiolo di Sandri in virtù di una più viva dinamica di gusto, ma questo Nebbiolo è eccezionale. Colore rubino vivo, viola, finissima Speziatura, piccoli frutti rossi, erbe mediche, il sorso è lungo, fresco, col giusto spessore e con un tannino rinfrescante che invoglia alla beva.
Langhe Nebbiolo 2018 Canonica / Barolo
Vino di grande personalità, solo cemento, colore rubino di media intensità, frutti scuri, balsamico, radice, suggestioni fungine (percezione non condivisa), al palato si presenta denso, con grande intensità di gusto, cala anche la carta di un buon equilibrio che in altre annate non avevo riscontrato, persistenza non comune. C’è chi lo ha subito apposto come trofeo in postazione al lavoro.
The first breath of fresh air immediately triggers the thirst for reds and brings to mind that batch of Nebbiolos bought in a group a few months earlier and whose tasting was long overdue until the end of the great heat. We therefore find ourselves in the den of “Il Mosto Selvaggio” to delve deeper into the potential of this noble vine, here in its basic interpretation, in some of its different declinations. Telling 10 wines from memory following the scant notes written in an evening that ended up being more recreational than educational, in the pure sense of the term, is not easy. I therefore decided to outline a description of those that struck me most.
Cement and large wood for a Nebbiolo that shines for the clarity of the floral aromas, of pomegranate and red currant, of gentian, for the smoothness of the sip, the balance and tension, the savory aftertaste and persistence. It seems to see against the light inside this wine a project that has found exact completion. Ready and convincing wine.
VERSIO / neive 18
Steel, large wood and concrete again. Almost rosé colour, subtle, scent of strawberry, cinnamon, pink, bright, apparently thin and transparent, but animated by clear strength, expressiveness, defined as a “resolved” wine. The whole table liked it, and in fact it was surprising for its shelf life and for the fact that it showed a living memory of the fruit from which it came. All the guests declared that they could drink a bottle alone in twenty minutes.
Langhe Nebbiolo 2019 RIVELLA / barbaresco
Long maceration and refinement in tonneaux for this Nebbiolo from one of the princes of Piedmontese classicism. Youth penalizes it because it appears a bit austere and so we project ourselves forward with the thought of a few years from now. But there is the usual elegance of Rivella, hints of red currant, orange peel, bunch of aromatic herbs/bitters, the sip is tense, fresh, full-bodied, the tannin is roaring. Thinking back to the kindness of the Rivella family increases your appreciation for wine.
Langhe Nebbiolo Bartolo Mascarello 2018 / barolo
Cement and large barrels for nine months. Archetypal and almost perfect. I preferred Sandri’s Nebbiolo to it due to its livelier flavor dynamics, but this Nebbiolo is exceptional. Bright ruby colour, purple, very fine spiciness, small red fruits, medicinal herbs, the sip is long, fresh, with the right thickness and with a refreshing tannin that invites you to drink.
Langhe Nebbiolo 2018 Canonica / Barolo
Wine with great personality, only cement, ruby color of medium intensity, dark fruits, balsamic, root, fungal suggestions (perception not shared), on the palate it is dense, with great intensity of taste, it also shows a good balance which in other years I had not found uncommon persistence. There are those who immediately placed it as a trophy on their workstation.
Tra i cru proposti dalla Cantina Palladino. Mi ricorda di un bel pomeriggio di maggio passato a Serralunga d’Alba, il luogo dove sono transitato più volte nella mia storia di bevitore di vini e da cui venivano alcuni dei miei vini preferiti.
Lo definirei amaranto. Molto luminoso seppur fitto il colore. Mi preoccupa un po’ all’apertura per una decisa ritrosia. Stappato al ristorante in più persone e bevuto in breve tempo avrebbe fatto poca figura, ma a casa ha avuto il giusto tempo per manifestarsi.
È ancora un vino giovane. Con sentori fruttati maturi, di radice aromatica, vagamente agrumati e speziati e un leggero ricordo floreale. Robusto e caldo (forse leggermente troppo), con tannino possente e acidità molto viva. Ne risulta un sorso molto fisico, a tratti un corpo a corpo, eppure non manca di intensità gustativa, di persistenza, di un bel finale coerente centrato su agrume e radice.
Al momento lo consiglierei insieme a piatti di carne strutturati.
Io ormai l’ho stappato, ma sicuramente meglio nel 2025.
Among the crus proposed by the Palladino winery. It reminds me of a beautiful May afternoon spent in Serralunga d’Alba, the place where I have passed several times in my history as a wine drinker and where some of my favorite wines came from. I would call it amaranth. The color is very bright yet dense. It worries me a little when I open it due to a strong reluctance. Uncorked in a restaurant by several people and drunk in a short time it would have made little impression, but at home it had the right time to manifest itself. It is still a young wine. With ripe fruity, aromatic root, vaguely citrus and spicy hints and a light floral hint. Robust and warm (perhaps slightly too much), with powerful tannins and very lively acidity. The result is a very physical sip, at times a melee, yet it does not lack gustatory intensity, persistence, a nice coherent finish centered on citrus and root. At the moment I would recommend it together with structured meat dishes. I’ve uncorked it now, but it will certainly be better in 2025.
Montaribaldi: Vigneto posto in Barbaresco. Nebbiolo con affinamento di 26 mesi in barrique di primo e secondo passaggio.
Bevuta non entusiasmante lo devo premettere. Così come aggiungo, come ogni volta una bottiglia mi appare deludente, che si tratta dell’esperienza limitata di una singola bottiglia e che pur nella libertà di raccontare non vorrei in alcun modo sminuire il lavoro di chi l’ha prodotta.
Granato scuro il colore, un bouquet non estesisissimo, ma soprattutto marcato da sentori come la vaniglia, il caffè tostato da ricondurre al passaggio in legno. Con la pazienza si riescono a sentire anche profumi più autentici come il ribes nero e la rosa, ma restano sottotraccia in un quadro olfattivo che definirei cupo.
Rispetto ai Barbaresco 2015 precedentemente assaggiati, quasi tutti caratterizzati da radiosa energia ed immediatezza, differisce non poco.
Al palato si replica la stessa dinamica gustativa avvertita al naso. Esordio caldo, voluminoso, ma caratterizzato da quella che io definirei felpata arrendevolezza. Poca energia e molto tannino che asciuga, un finale che quasi non arriva dove si riescono a individuare note fruttate in un ritorno prepotente degli stessi sentori “legnosi” avvertiti al naso.
(Cosa chiediamo a un vino? Cosa chiediamo a noi stessi quando stappiamo una bottiglia? Il vino, come l’uomo, è molte cose. Alimento, bene di posizionamento, esperienza edonica, complemento nutritivo per gli uomini di un tempo, bevanda, collante per sodalizi di vario genere. Ma il Vino ha soprattutto il potere di aiutarci a storicizzare la nostra esistenza aldilà dell’edonismo dell’eterno presente che non stratifica.
L’antefatto – entrare in enoteca
Per il sottoscritto stappare il Nebbiolo di Rinaldi è quasi come chiudere il cerchio di un lungo amore per il vino cominciato casualmente proprio con una bottiglia di Nebbiolo di Giuseppe Rinaldi. Quel pomeriggio di un giorno di molti anni fa che passando davanti a una enoteca sentii il richiamo ad entrare. Fui consigliato dall’illuminato titolare all’acquisto quando ancora i vini di Rinaldi si potevano comprare in enoteca per 15000 lire e non erano oggetto di una speculazione spaventosa e ridicola. Bevendo quel vino compresi che il vino era assai diverso da quello che bevevano i più e cominciai la mia esplorazione che ancora continua)
Nebbiolo 2016 – Giuseppe Rinaldi – Langhe Doc – Barolo
18 mesi in botte grande
Colore granato, vivo e ricco all’olfatto con sentori di viola e di melograno, ribes rosso, genziana e sentori vagamente speziati spinti da dietro da una sottile volatile.
Sembra fatto di una materia indisgregabile, di una stoffa resistentissima. Giovane e come tale non incline al compromesso. Assertorio senza essere sfrontato, acidità verticale, tesa, che scende e riscende, tannino serrato e nobile, ma non asciuga e sul finale, che definire infinito non è un eufemismo, si fa strada la gentilezza del frutto, melograno in corrispondenza totale col naso, con cui ti saluta questo vino.
Non è un vino equilibrato, anzi è burbero a tratti, ma a mio avviso è buono da bersi adesso proprio cercando di immaginare quel famoso ipotetico punto d’equilibrio di cui spesso si parla e che nessuno può garantirci che il vino raggiungerà effettivamente e tantomeno nessuno può garantirci di esserci quel giorno che il vino sarà considerato pronto da bere.
Langhe Nebbiolo 2016 – Giuseppe Rinaldi
18 months in large barrels
Garnet colour, lively and rich on the nose with hints of violet and pomegranate, red currant, gentian and vaguely spicy hints pushed from behind by a subtle volatile.
It seems to be made of an indisintegrable material, of a very resistant fabric. Young and as such not inclined to compromise. Assertive without being brazen, vertical, tense acidity, which descends and descends, tight and noble tannin, but does not dry out and on the finish, which to define infinite is not a euphemism, the kindness of the fruit makes its way, pomegranate in total correspondence with the nose, with which this wine greets you.
It is not a balanced wine, in fact it is gruff at times, but in my opinion it is good to drink now just trying to imagine that famous hypothetical point of balance which is often talked about and which no one can guarantee us that the wine will actually reach, much less anyone can guarantee us to be there on the day that the wine is considered ready to drink.