Se di una cena restano solo due foto sfocate e il ricordo di una buona compagnia, di un buon tempo e di un buon mangiare allora è andato tutto bene.Le due foto sono quelle dei due vini che tra gli altri messi in tavola mi sono rimasti impressi. Il Barbaresco Rabajà 2015 di Giuseppe Cortese e il Palmberg Riesling Spatlese Stein 2020,
Barbaresco Rabajà 2015 – Giuseppe Cortese
Non avrà la finezza estrema di certi Barbaresco che hanno la finezza estrema, ma è rigoglioso, florido, concentrato, profumato. D’acchito lo si potrebbe pensare un Barbaresco modernista. Per il colore che è rubino fitto, per il bouqet più orientato al frutto e alle spezie che al floreale. Quindi mirtillo, marasca, pepe, ma non mancano in secondo piano richiami alla rosa, all’arancia tarocco, alle radici aromatiche. Per il sorso pieno, succoso, ampio e di grande equilibrio. È sul finale però che questo Barbaresco Rabaja 2015 pone un sigillo che certifica la sua origine tradizionale. Freschezza vibrante e tannini fitti e che delineano il sorso, finale lungo e aperto e un retrogusto dove al frutto scuro si affiancano ricordi di genziana.
Bella interpretazione.
Palmberg Riesling Spatlese Stein 2020 (Mosel)
Le migliori delle bevute sono spesso quelle che saltano fuori dal nulla, dall’ignoranza. È il caso di questa.
Riesling della Mosella. Non si trovano dati precisi in rete se non che la vigna da cui proviene è erta e vecchia. Sul sito aziendale si leggono belle cose, tra le quali spiccano “pagare giustamente i collaboratori” e che il vino deve essere “affordable” anche quando importante.
Suppongo autonomamente che il vino non passi in legno.
E poi ci sono vini che sono buoni in relazione a dei paramentri interpretativi, a delle aspettative, alla quantità di ottimismo circolante nel contesto. Questo era un vino buono di suo. Con la promessa di migliorare.
Vino sontuoso senza effetti speciali. Una linearità progressiva, in accumulo, dove l’acidità è pulsante e la sua dolcezza per niente viscosa. Colore quasi diafano. Profumi di fiori bianchi, cedro, pesca matura, spezie dolci, una pienezza di gusto che aumenta, si spinge in avanti, tensione, un lunghissimo finire pieno di cedro, frutto tropicale, benessere, precisione e definizione.
In abbinamento al foie gras per l’esultanza della tavola.
Il giorno dopo ho cercato una bottiglia senza trovarla e ci sono rimasto male.
Scrittore/poeta disorganico, coltivatore principiante, cuoco discontinuo, sommelier agli inizi, movimentatore di poponi, giovane padre.