Bottiglie, Degustazioni

Gevrey-Chambertin 1er Cru 2006 – Domaine Denis Mortet

Gevrey-Chambertin 1er Cru 2006 – Domaine Denis Mortet

Fermo restando che le bottiglie è giusto che riposino in cantina per il tempo necessario a dargli la giusta forma sperata, credo di poter affermare che la esatta collocazione di una bottiglia è sempre la tavola. Tra i bevitori. Prima o poi questo è il momento culminante della vita di un vino. Nel bene e nel male. Questa bottiglia bevuta con gli amici lo conferma, condivisa generosamente da M. N. e stappata da Alberto Bettini della Trattoria da Amerigo dove è stata ottima compagna delle loro sempre ottime proposte culinarie, tra cui il famoso Uovo che in foto è in primo piano.

Il colore è decisamente vivo in relazione all’età e non si discosta dal rubino fitto.

Fragrante, netto, intenso con sentori di frutti rossi, ematici, fortemente speziati, ricordi di muschio e foglie.

Vino di gran tempra e di notevole caratura. In tecnovinese lo si direbbe di medio corpo, un medio più sbilanciato verso il pieno. Non ha ceduto per niente al tempo che pare invece aver consentito al vino di digerire la “legnosità”, certo non per perderla, per renderla organica.  Una legnosità originaria che io posso solo immaginare e che magari qualcun altro potrebbe confermare (o no).

Adesso è un vino decisamente stratificato e profondo, dalla dinamica di gusto continua, incalzante, con freschezza nordica che immagino abbia trovato con gli anni lo spazio che forse all’inizio mancava (anche in questo caso qualcuno potrà dire la sua). Impeccabile, equilibrato, avvolgente e dalla persistenza decisamente rara.

Non il prototipo dell’eleganza asciutta e talvolta un po’ impalpabile della Borgogna, è un vino che evidenzia un’idea precisa e ben eseguita del Pinot Nero.

Enonauta/Degustazione di Vino #426 - review - Gevrey-Chambertin 1er Cru 2006 - Domaine Denis Mortet | Vino di gran tempra e di notevole caratura

Gevrey-Chambertin 1er Cru 2006 – Domaine Denis Mortet

While it is right that the bottles rest in the cellar for the time necessary to give them the right shape desired, I believe I can say that the exact location of a bottle is always the table. Among drinkers. Sooner or later this is the culminating moment in the life of a wine. For better or for worse. This bottle drunk with friends confirms it, shared generously by M. N. and uncorked by Alberto Bettini of the Trattoria da Amerigo where it was an excellent companion to their always excellent culinary proposals, including the famous Uovo that is in the foreground in the photo.

The color is decidedly vivid in relation to the age and does not deviate from the dense ruby.

Fragrant, clean, intense with hints of red fruits, blood, strongly spicy, memories of moss and leaves.

A wine of great temperament and notable caliber. In Tecnovinese one would say it is medium-bodied, a medium more unbalanced towards full. It has not given in at all to time which instead seems to have allowed the wine to digest the “woodiness”, certainly not to lose it, to make it organic. An original woodiness that I can only imagine and that perhaps someone else could confirm (or not).

Now it is a decidedly layered and deep wine, with a continuous, pressing dynamic of taste, with Nordic freshness that I imagine has found over the years the space that perhaps was missing at the beginning (even in this case someone will have their say). Impeccable, balanced, enveloping and with a decidedly rare persistence.

Not the prototype of the dry and sometimes slightly impalpable elegance of Burgundy, it is a wine that highlights a precise and well-executed idea of ​​Pinot Noir.

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