Sangiovese con saldo variabile di Malvasia Nera. Vinificazione in acciaio, 24/30 mesi di invecchiamento in barrique nuove e usate, 12 mesi di affinamento in bottiglia.
I Sodi di San Niccolò è una di quelle bottiglie che, ormai un po’ di anni addietro, hanno contribuito ad innescare la mia passione per il vino.
Nel portare il calice alla bocca pare di scorgere qualche riflesso porpora nel liquido brillante, al naso è vitale e con precisione porge ricordi di ciliegia e di mirto, speziatura delicata, agrume fresco, balsamicità accennata, essenze varie. Vino dalla lunga progressione con acidità modulata e larga, di medio corpo e buona forza di gusto, colpiscono la trama del tannino, la sua maturità, la forma netta del sorso che si slancia in un allungo finale davvero intenso, l’azione composta e incessante di questo vino che risulta molto buono ed espressivo anche e soprattutto alla distanza.
Il prezzo è diventato negli anni un po’ caro, ma la soddisfazione perlomeno c’è. Ognuno dà il valore che vuole alla soddisfazione.
Uno dei primi autentici Supertuscan…
I Sodi di San Niccolò 2018 – Castellare di Castellina
Sangiovese with a variable balance of Malvasia Nera. Vinification in steel, 24/30 months of aging in new and used barriques, 12 months of refinement in bottle.
I Sodi di San Niccolò is one of those bottles that, a few years ago, contributed to triggering my passion for wine.
When bringing the glass to your mouth you seem to see some purple reflections in the brilliant liquid, on the nose it is vital and with precision offers memories of cherry and myrtle, delicate spiciness, fresh citrus, hinted balsamicity, various essences. Wine with a long progression with modulated and broad acidity, medium body and good strength of taste, striking the texture of the tannin, its maturity, the clear shape of the sip which launches into a truly intense final extension, the composed and incessant action of this wine which is very good and expressive even and above all at a distance.
The price has become a little expensive over the years, but at least the satisfaction is there. Everyone gives the value they want to satisfaction.
18 mesi in barrique, affinamento in bottiglia. Non è un vino facile. È un vino-bosco, ci si addentra in vaste zone di silenzio, d’ombra, la luce appare all’improvviso dall’alto filtrando come tra fitti rami, il suono ci raggiunge massivo come se tutto ciò che di vivo lo abiti si rivelasse all’unisono. Terza bottiglia e ultima delle mie tre. Mostra nettamente evoluzione positiva dalla prima esperienza in cui il vino sembrava molto più chiuso e contratto. Resta un vino a tratti enigmatico, che sembra celare un nucleo d’energia sotto una superficie apparentemente placida. Colore chiaro, luminoso. Profumi Bacche di Goji, fragole selvatiche, reminiscenze di vermouth e bitter, sostanzialmente di erbe aromatiche, muschio, resina di cipresso, spezie. Vitale. In bocca è fresco e sapido, buona intensità gustativa e tannini rifiniti. Sorso ben delineato che finisce ottimamente rievocando la prugna, le spezie, un che di balsamico.
18 months in barrique, refinement in bottle. It is not an easy wine. It is a forest-wine, we enter vast areas of silence, of shadow, the light suddenly appears from above filtering as if through thick branches, the sound reaches us massively as if everything living in it were revealing itself in unison. Third bottle and last of my three. It clearly shows a positive evolution from the first experience in which the wine seemed much more closed and contracted. It remains a wine that is at times enigmatic, which seems to hide a nucleus of energy beneath an apparently placid surface. Light color, bright. Scents Goji berries, wild strawberries, reminiscences of vermouth and bitters, essentially of aromatic herbs, musk, cypress resin, spices. Vital. In the mouth it is fresh and tasty, good flavor intensity and refined tannins. Well-defined sip that finishes excellently recalling the plum, the spices, a hint of balsamic.
Ero solito bere il loro Vermentino base con l’etichetta colorata che una collega era solita portarmi perché frequentatrice dell’azienda. Sempre trovato buono e l’ho consigliato più volte sempre con sicurezza. Stappo per la prima volta questo altro Vermentino di fascia superiore e resto molto contento.
Vermentino che sosta sui lieviti e poi affina in legno. Non sauvignoneggia per niente, non si esaurisce in un lampo metallico, non lascia perplessi, non è mellifluo. Ha invece un bellissimo colore concentrato, un ventaglio aromatico composito che ricorda gli agrumi, il frutto tropicale, il fiore del tiglio, la menta selvatica.
Al palato è stratificato e ricco, a tratti potente, con acidità avvolgente, ben modulata, stoffa ruvida, tangibile, ottimo ritorno fruttato tra il mango e la susina goccia d’oro nel lungo finale.
Un vino buonissimo che consiglio vivamente a chi come me non riesce ad apprezzare il Vermentino in certe sue numerose declinazioni.
Poggio Paterno Vermentino 2021 – Az. Agr. Il Monticello – Colli di Luni Doc Vermentino
I used to drink their basic Vermentino with the colored label that a colleague used to bring me because she frequented the company. Always found it good and I have recommended it several times always with confidence. I uncork this other top-of-the-range Vermentino for the first time and I am very happy.
Vermentino rests on the yeasts and then ages in wood. It doesn’t sauvignon at all, it doesn’t run out in a metallic flash, it doesn’t leave you perplexed, it’s not mellifluous. Instead, it has a beautiful concentrated color, a composite aromatic range reminiscent of citrus fruits, tropical fruit, linden flower, wild mint.
On the palate it is layered and rich, at times powerful, with enveloping, well-modulated acidity, rough, tangible texture, excellent fruity return between the mango and the golden drop plum in the long finish.
A very good wine that I highly recommend to those like me who are unable to appreciate Vermentino in some of its many variations.
Una bellissima serata con questi sei vini (più un passito) dall’Irpinia, in bilico tra il ludico/ricreativo e l’approfondimento, forse più ricreativo dal momento che della serata restano solo due testimonianze fotografiche. Le bottiglie stappate a inizio serata e il meraviglioso tappo del Radici Riserva 1998. Molte ottime indicazioni sui vini stappati. Soprattutto sui due più stagionati.
Aglianico con 18 mesi di affinamento in barrique. Vino sostanzioso, dal colore scuro, sanguigno, d’impatto, dai bei profumi di frutto scuro maturo, spezie, cenere, incenso, tabacco. Sorso di spessore, caldo, ma con grande equilibrio degli elementi e piacevolezza immediata. Forse gli manca un po’ di slancio, però è un vino per una platea folta.
Taurasi 2010 – Villa Raiano
3 anni di invecchiamento. 1 in legno di varie dimensioni, 1 in acciaio e 1 in bottiglia. Il meno pronto dei sei. Il più peculiare nella sua asciutta essenzialità. Riporta accanto a un cespuglio di timo, fa ricordare la resina, la noce moscata, il ribes nero. Al palato mostra una certa energia, ma appare imbrigliata, ancora in fase di definizione. Secco, tannico, persistente, coerente, sapido ma credo avrebbe potuto esprimersi meglio tra qualche anno ancora.
Taurasi Radici 2010 – Mastroberardino
24 mesi in legno e 24 in bottiglia Vino ricco in aromi e generoso, viole, prugne, chiodo di garofano, più frutto in evidenza, terra bagnata, erbe aromatiche, pelle fresca. Si conferma al palato molto generoso in entrata, preciso ed equilibrato, forse non molto presente nel centrobocca dove risulta un po’ scarno. Retrogusto di frutto maturo, di buona persistenza. Vino compìto, dai tratti ben delineati.
Taurasi Historia Naturalis 2009 – Mastroberardino
24 mesi in legno e 30 in bottiglia. Il mio preferito per la complessità e la bellezza dei richiami al naso, per la definizione e l’intensità del sorso. Colore rubino scuro, Balsamico, eucalipto, prugna e ciliegia, e ancora balsamico, pepe di Sichuan, bitter e scorza di arancio, ancora balsamico, canfora. Bevuta spaziale, profonda, fresca con delicata fruttuosità e sapidità e magnifico tannino in filigrana. Persistenza proverbiale. Per me tra i vini indimenticabili.
Barrique e botti di rovere per 30 mesi. 40 mesi in bottiglia. Riconoscibile, anche se potrebbe ingannare alla cieca, e integro. Di colore più chiaro degli omologhi più giovani. È un vino di estrema finezza. Mette insieme antiche reminiscenze floreali, di prugna essiccata come anche di frutti rossi freschi che alla lunga tendono a prevalere, rievoca l’incenso e le spezie dolci, il fungo fresco, il rosmarino. Probabilmente con una bottiglia intera a testa a disposizione da provare anche il giorno dopo avrebbe regalato anche altri sentori. Al palato risulta compatto, mai un filo di alcol in eccesso, mai troppo acido. Equilibrio, precisione, vitalità, qualità e intensità di gusto, un bere che che si trasforma in piacere senza intoppi, un vino fatto di sussurri ben scanditi e di una materia nobilissima da cui tuttt i presenti restano folgorati.
Taurasi Piano di Montevergine 1997 – Feudi di San Gregorio – Degustazione Taurasi
Invecchiamento in botti di diverse dimensioni per 24 mesi e poi affinamento per altri 24 in bottiglia. Il tappo in cattive condizioni desta un po’ di preoccupazione, ma il vino risulta godibile nella sua fase di piena maturità. Il Colore è granato, un bel ventaglio di profumi dalla bacca di goji alla scorza di chinotto passando per prugna, cuoio, spezie varie, carruba. Mostra ancora vitalità al palato, soprattutto congruità. Vellutato, fresco, sottile e con ottima persistenza aromatica.
Aglianico passito. Forse l’unica mezza delusione della serata. Profumi a bassa intensità di incenso, mora, vaniglia, un po’ cupo, secco e poco dinamico. Poco risolto. Da riprovare in altra occasione.
A fine serata e a bottiglie vuote giungo a una conclusione e m’insorge un interrogativo.
Conclusione: disdegnare pregiudizialmente, che per alcuni sembra un atteggiamento fascinoso, le bottiglie dei “grandi” produttori è un errore.
Interrogativo: il Radici Riserva 1998 osservando il tappo, appena bagnato, elastico come un tappo nuovo tanto che sarebbe stato possibile riutilizzarlo interamente, è stato molto probabilmente conservato in piedi. E lo stato di conservazione del vino era perfetto. Questo legittimamente fa ripensare alla teoria che vuole che i vini vadano conservati stesi e ai pochi che invece continuano a sostenere il contrario. Chi avrà ragione? Avrà davvero ragione qualcuno?
Conclusione ulteriore: mai scherzare col Taurasi nemmeno dopo 26 anni.
Non voglio parlare dell’annata, ma ho avuto l’occasione di assaggiare un certo numero di vini del 2012, anche blasonati, famosi, unicorni e alcuni non avevano sprint, energia, carattere. Questo non è il caso. Il Barolo Cannubi 2012 di Giacomo Fenocchio è certo invece uno dei migliori 2012 da me assaggiato fino ad oggi.
Prima di ogni altro discorso bisogna parlare del colore di questo vino. Granato splendente, luminoso, la luce lo attraversa e lo pervade rendendolo raggiante. Ampio al naso con ricordi decisi di frutti rossi maturi, scorza di chinotto, carruba, radici aromatiche, cipria e noce moscata. Ampio e finissimo.
Ha molte buone carte da giocare. Energia, calore, potenza, acidità ben diffusa, sapidità, tannini tangibili e vigorosi, qualità dell’aroma fruttato. Cede qualcosa in presenza e in profondità, a tratti l’alcol sembra troppo/scollegato però senza mai sconfinare nell’incontrollabile. Ottimo il finale dolce/amaro molto persistente.
Credo di poter dire che questo sarà forse il suo apice espressivo, perché ha uno scheletro che il tempo ha levigato appena, alcol evidente a momenti un po’ disorganico e cominciano a tratteggiarsi segnali, se non di maturità, perlomeno di fine della gioventù.
In base a quanto esperito dò un consiglio a chi lo detiene in cantina: Bevilo adesso.
Enonauta/Degustazione di Vino #327 – review – Barolo Cannubi 2012 – Giacomo Fenocchio | uno dei migliori 2012 da me assaggiato fino ad oggi
Barolo Cannubi 2012 – Giacomo Fenocchio
I don’t want to talk about the vintage, but I had the opportunity to taste a certain number of 2012 wines, even noble, famous, unicorns and some lacked sprint, energy, character. This is not the case. Giacomo Fenocchio’s Barolo Cannubi 2012 is certainly one of the best 2012s I have tasted to date.
Before any other discussion we must talk about the color of this wine. Shining, luminous garnet, the light passes through it and pervades it, making it radiant. Broad on the nose with strong hints of ripe red fruits, chinotto peel, carob, aromatic roots, face powder and nutmeg. Large and very fine.
He has many good cards to play. Energy, heat, power, well-diffused acidity, flavor, tangible and vigorous tannins, quality of the fruity aroma. It gives something in presence and in depth, at times the alcohol seems too/disconnected but without ever bordering on the uncontrollable. Excellent, very persistent sweet/bitter finish.
I think I can say that this will perhaps be his expressive pinnacle, because he has a skeleton that time has barely smoothed, alcohol is evident at times a little disorganized and signs are beginning to emerge, if not of maturity, at least of the end of youth.
Based on what I have experienced, I give some advice to those who have it in their cellar: Drink it now.
Enonauta/Wine Tasting #327 – review – Barolo Cannubi 2012 – Giacomo Fenocchio | one of the best 2012s I’ve tasted to date
Sangiovese di Radda con lunga macerazione e affinamento in acciaio e cemento. Dal colore rosso chiaro con riflessi purpurei, intense fragranze di giaggiolo, ciliegia, arancia, lavanda e cannella, escono coi minuti anche lievi sentori mentolati. Vino profumatissimo e preciso che, come disse il mio compagno di degustazione all’ultima collection, “sembra di mettere il naso in un profumo”. In bocca si conferma ciò che fa immaginare il naso. Un vino asciutto, scarno, freschissimo e tonico, che rifugge qualsiasi morbidezza e con tannini appena ruvidi e che si lascia bere con piacere che si ripete. Vino che potrebbe lasciare deluso chi si aspetta più materia, ma che nel suo dispiegarsi netto mostra qualità indiscutibile, carattere ed espressività. Spiccava all’ultima collection, si conferma a tavola.
Chianti Classico 2020 – Tenuta di Carleone
Sangiovese di Radda with long maceration and aging in steel and concrete. With a light red color with purple reflections, intense fragrances of iris, cherry, orange, lavender and cinnamon, even slight mentholated hints emerge over the minutes. A very fragrant and precise wine which, as my tasting partner said at the last collection, “seems like putting your nose in a perfume”. What the nose suggests is confirmed in the mouth. A dry, lean, very fresh and tonic wine, which eschews any softness and with slightly rough tannins and which can be drunk with repeating pleasure. A wine that could leave those expecting more substance disappointed, but which in its clear unfolding shows indisputable quality, character and expressiveness. It stood out at the latest collection, it is confirmed at the table.
Vino sottile, incisivo, denso di aspetti positivi, unico Barolo aziendale prodotto nel 2018, ma non saprei dire se questo ha nettamente inciso sulla qualità del vino perché devo dire che il Barolo di Massolino (non cru) prodotto nelle altre annate e assaggiato in passato (ad esempio) , anche senza le uve dei cru aziendali, l’ho sempre trovato ottimo. Forse questo 2018 risulta meno austero e più immediato. Questo sì. Colore molto chiaro, traslucido, largamente profumato, di anguria, rose rosse, note balsamiche e di cuoio, ma anche ricordi di cannella. Al palato risulta caldo, brillante, succoso, si potrebbe parlare di immanenza del frutto, ben delineato, con tannini di buona presenza, ma non tetragoni. Provato più volte, da solo e in compagnia, ogni volta consenso unanime. L’annata sarà stata difficile, ma questo che ci consegna Massolino è un ottimo vino.
Reduci da una serata dedicata al Brunello di Montalcino dalla quale siamo usciti delusi e con una quantità anomala di sensazioni negative, e che non so nemmeno se raccontare, ci sediamo a tavola con entuasiasmo rinnovato per fare una piccola escursione nell’annata 2015 in Langa con 4 Barolo e 2 Barbaresco e ne ricaviamo ottime indicazioni sull’annata e per quanto riguarda i vini già degustati in precedenza anche interessanti informazioni sulla loro evoluzione. I vini appaiono tutti, pur nella loro talvolta radicale differenza, approcciabili. Sembra che l’annata abbia contribuito a creare vini meno complessi e più immediatamente interpretabili e dal considerevole tenore alcolico ben integrato.
Barbaresco classico con uve provenienti da diversi vigneti e che io definirei un giusto compromesso tra la potenza e la finezza. Dal primo assaggio (https://wp.me/pavwJ6-aP) risulta meno assertivo e decisamente più lineare ed equilibrato. Mantiene l’identità con la sua scorta di sentori che spaziano dal lampone alle erbe aromatiche, passando per la rosa e le spezie.
Resta un vino dal vigoroso impatto, ma c’è già più spazio di gusto, più grazia tattile.
Il Barolo di Domenico Clerico, già assaggiato, dà segni evidenti di apertura. Se in precedenti occasioni era risultato chiuso pare adesso avviato verso una fase di più brillante espressività. Barolo moderno, di colore più scuro degli altri, con sentori di marasca matura, essenze orientali, resine fresche, spezie dolci, sorso setoso, coerente, ben calibrato, senza particolari asperità.
Il Barbaresco di Francesco Versio brilla per la finezza esemplare, la pulizia e la nitidezza dei richiami, la precisione e la definizione del sorso, ha colore chiarissimo in un quadro di fragranza di piccoli frutti rossi, cannella, arancia navel, finale arioso e rinfrescante. Ci si può leggere chiarezza d’intenti ben realizzati in questo vino che è immediato, ma assai ben concertato.
Il Barolo di Serralunga d’Alba di Ferdinando Principiano ha energia straripante, è appena rustico, fresco assai, molto floreale, sanguigno, note di ciliegia e balsamiche, al palato risulta diretto, godibile, a tratti entusiasmante, tannini di grana fine che lasciano spazio alla dolcezza del frutto.
Cascina Fontana è animato da una forza oscura, ancora imbrigliata, ricorda certe bottiglie del cav. Accomasso. Il più tannico e austero del gruppo, ma a me è sembrato un grande vino in attesa di dare il meglio. Per la complessità e la ricchezza del bouquet, dove si trovano reminiscenze di rosa, marasca, carne cruda, humus, genziana, per il suo scheletro e la profondità di gusto. Non esiterei a scommettere su una cassa da conservare in cantina.
Il Barolo Sorano di Claudio Alario mostra un po’ i muscoli. Il più concentrato e denso del gruppo che potrebbe far storcere il naso ai fanatici dl Barolo Classico. Io l’ho invece apprezzato molto nella sua ottima intepretazione moderna. Un bel ventaglio di aromi (prugna matura, chiodo di garofano, mentolato/balsamico, vaniglia, viola), sorso stratificato che sviluppa una buona dinamica, tannini non domati che tracciano un bel profilo, lungo finale balsamico/fruttato.
Ciò che un tempo fu probabilmente un vino potente e austero è oggi un vino ottimamente evoluto, caratterizzato da determinata gentilezza. E potrebbe essere portato ad esempio delle potenzialità di un vino adatto all’invecchiamento. Il Lazzairasco di Guido Porro da Serralunga, fuoriclasse indiscusso del Nebbiolo, è un Barolo fortemente tradizionale. A 17 anni dalla vendemmia è un vino di colore chiaro luminoso che si dispiega con estrema precisione al palato e nitore al naso dove prevalgono i ricordi fruttati di Melograno maturo, agrumati di scorza di chinotto, e poi sentori di timo, genziana, cuoio, the nero, a tratti etereo. Vino potente, caldo, il cui filo conduttore sono l’integrità e la qualità del ritorno fruttato nel centrobocca, il suo prolungarsi lineare, definito ed equilibrato, con un tannino adesso disegnato e giusta freschezza, senza flessioni. In coda tornano anche l’agrume e le radici aromatiche.
Vino che avrebbe ancora del tempo a sua disposizione, ma adesso forse al culmine della sua evoluzione positiva.
Barolo Lazzairasco 2006 – Guido Porro
What was once probably a powerful and austere wine is today an excellently evolved wine, characterized by determined kindness. And it could be given as an example of the potential of a wine suitable for aging. Guido Porro da Serralunga’s Lazzairasco, the undisputed champion of Nebbiolo, is a highly traditional Barolo. 17 years after the harvest, it is a wine with a bright light color that unfolds with extreme precision on the palate and clarity on the nose where the fruity notes of ripe pomegranate, citrus notes of chinotto peel, and then hints of thyme, gentian, leather, tea prevail. black, at times ethereal. Powerful, warm wine, whose common thread is the integrity and quality of the fruity return in the mid-mouth, its linear, defined and balanced extension, with a well-defined tannin and the right freshness, without inflections. Citrus fruits and aromatic roots also return at the end.
A wine that still has some time at its disposal, but now perhaps at the peak of its positive evolution.
Vino rosato prodotto da Salvo Foti con vitigni bianchi e rossi vinificati assieme (Granache, Minnella Nera, Grecanico, Minnella Bianca e altri vitigni) e coltivati sopra i mille metri, forse nella vigna più alta d’Europa, sul versante Nord-Ovest dell’Etna. Con attitudine “naturale”.
Uno dei vini più peculiari che abbia mai provato. Principalmente per mancanza di un repertorio per un confronto possibile.
Colore brillantissimo e invitante, tra la buccia della cipolla ramata e il rosa chiaretto, profumi intensi di susina rossa selvatica, ribes, caramella rossana, agrumi misti, gesso, bitter (erbe aromatiche), pane fresco per un impatto generale che potrebbe far pensare a uno spumante.
Sorso snello, caratterizzato da acidità vivace, cospicua, sapidità, forza espressiva, dal tenore alcolico misurato e grande PAI, la famosa persistenza aromatica intensa del manuale del Sommelier che in questo caso rende benissimo le sensazioni generate da questo vino e che lo rende ottimo compagno a tavola anche con pietanze di difficile abbinamento come i Nachos con il Guacamole per un aperitivo davvero unico.
Vinudilice 2020 – I Vigneri
Rosé wine produced by Salvo Foti with white and red vines vinified together (Granache, Minnella Nera, Grecanico, Minnella Bianca and other vines) and grown above a thousand metres, perhaps in the highest vineyard in Europe, on the North-West side of the Etna. With a “natural” attitude.
One of the most peculiar wines I have ever tried. Mainly due to lack of a repertoire for a possible comparison.
Very bright and inviting colour, between the coppery onion skin and the claret pink, intense aromas of wild red plum, currant, redcurrant, mixed citrus fruits, chalk, caramella rossana, bitters (aromatic herbs), fresh bread for a general impact that could make you think of a sparkling wine.
Slender sip, characterized by lively, conspicuous acidity, flavor, expressive strength, with a measured alcohol content and large PAI, the famous intense aromatic persistence of the Sommelier’s manual which in this case perfectly conveys the sensations generated by this wine and which makes it an excellent companion at the table even with difficult-to-match dishes such as Nachos with Guacamole for a truly unique aperitif.