mercato fivi bologna | Il mercato FIVI è un evento affascinante e vitale che da 12 anni celebra il meglio dei vini artigianali e biologici dell’Italia. FIVI, acronimo di Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, riunisce produttori che pongono una grande enfasi sulla qualità, l’autenticità e la sostenibilità nella produzione del vino.
fivi market bologna | The FIVI market is a fascinating and vital event that has been celebrating the best of Italy’s artisanal and organic wines for 12 years. FIVI, an acronym for the Italian Federation of Independent Winemakers, brings together producers who place great emphasis on quality, authenticity and sustainability in wine production.
Questo mercato offre un’esperienza unica, dove gli appassionati di vino possono incontrare direttamente i produttori, assaggiare una vasta gamma di vini e scoprire le storie e le filosofie dietro ogni bottiglia. Bologna, con la sua ricca tradizione culinaria e il suo interesse per i prodotti artigianali di alta qualità, offre la cornice perfetta per un evento come il mercato FIVI.
This market offers a unique experience, where wine enthusiasts can meet the producers directly, taste a wide range of wines and discover the stories and philosophies behind each bottle. Bologna, with its rich culinary tradition and its interest in high-quality artisan products, offers the perfect setting for an event like the FIVI market.
Ed è buona la partenza per il mercato Fivi a Bologna dopo una vita passata a Piacenza. Spazi più grandi e carrelli più piccoli. Libertà di movimento e 8000 etichette in degustazione, l’edizione più partecipata di sempre, per gli appassionati delle bevute oceaniche. Clima festoso come al solito, disponibilità, nuove scoperte, qualità media dei vini presentati alta. Rivedibile l’area food. Prezzi eccessivi per proposte non trascendentali. La mia personale esperienza è fatta di un hamburger maremmano (sedicente) tiepido, con pane ghiacciato e guarnizione tipo kebab house a 12 euro. Incommentabile. Su questo consiglio di migliorare.
Per tutto il resto direi che chi ben comincia, anche alla 12esima edizione, è a un buon punto.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico” cantava il poeta. Se sostituiamo al sole la nebbia, sembra proprio il succo di quel che si scopre esplorando i 17 banchi di assaggio di La rivoluzione a Montespertoli, giovane, piccola e (lo dico a posteriori) preziosa manifestazione a cui L’Enonauta si affaccia con curiosità in una silenziosa domenica novembrina, ovattata da quella sottile nebbiolina autunnale che non può che incentivare la voglia di colorare l’anima dal di dentro con qualche buon calice. Come se ce ne fosse bisogno…
Lo slogan rivoluzionario è meno peregrino di quel che si possa maliziosamente pensare di fronte a una qualsiasi invenzione di marketing. Si respira davvero un’atmosfera lontana dal mainstream fieristico, e non solo per la dimensione e l’affluenza molto contenuta della mattina, ma anche nelle parole più sottolineate e, soprattutto, nei calici degustati. Quella di Montespertoli è una rivoluzione che guarda contemporaneamente ai due orizzonti, solo apparentemente opposti, del passato e del futuro, così come nell’Associazione dei Viticoltori di Montespertoli, promotrice dell’iniziativa, convivono le radici della tradizione vinicola artigianale del territorio e l’energia propulsiva, innovativa e contagiosa delle nuove generazioni che stanno guidando questa nuova stagione. L’Associazione stessa rinasce sulle ceneri di una precedente non fortunatissima esperienza.
Del resto la bipolarizzazione ci pare anche la caratteristica più tangibile dell’identità enologica del territorio di Montespertoli, che è il comune più vitato della Toscana e il maggior produttore di Chianti DOCG del mondo, ma soffre forse di un deficit di identità a causa delle divisione tra due sottozone che finora hanno faticato a integrarsi in una strategia comune: quella più consolidata del Chianti Colli Fiorentini DOCG e quella del Chianti Montespertoli DOCG.
Alla ricerca di un nuovo spazio di comunicabile riconoscibilità nel panorama affollato del vino toscano i 17 viticoltori associati e presenti in fiera stanno ora tracciando, e assai velocemente, una strada che da una parte sembra riportare alle proprie origini, alla valorizzazione dell’identità territoriale, alla naturalezza dei processi, al rapporto gioioso tra vino e convivialità, rifiutando di farsi condizionare dalle tendenze del ricco mercato internazionale che tanto ha influito sullo sviluppo della toscana enologica, e dall’altra aprono a uno spazio di creatività con tantissime escursioni fuori disciplinare che colpiscono per varietà e livello qualitativo in un range tanto contenuto di produttori e territorio. Il tutto sempre nel segno della freschezza e della piacevolezza ma senza eccessi di semplificazione, e con prezzi che restano mediamente in un range che non appesantisce i pensieri. Insomma, vini per gente a cui piace bere più che cincischiare, ma che il vino ce l’ha nel sangue e non si accontenta facilmente.
Via allora alla rivalutazione dell’uso della bacca bianca nel Chianti, in particolare con le interpretazioni del Castello di Sonnino, che realizza un Chianti Montespertoli in ammirevole equilibrio tra ricchezza e bevibilità, e quella di Valleprima che con malvasia e trebbiano va a a ingentilire una riserva, il suo Chianti Riserva DOCG Terre d’Argilla, di estrema freschezza.
E il trebbiano ha una sua bella parte in scena. Tra le interpretazioni del trebbiano in purezza da ricordare, anzi da bere, per la gustosa coesistenza di ricchezza di frutto e sapidità almeno l’autunnale Virginio di Sonnino, ma anche il più estivo Cantagrillo di La Leccia. Discorso a parte per Lupinella Bianca, il trebbiano di Lupinella, cantina che rimette nel circolo della propria produzione enologica l’antica arte familiare della lavorazione dell’argilla e dalla vinificazione in otri di terracotta estrae un vino di sorprendente espressività. Espressività che è il tratto comune dei vini della cantina, a partire dall’allegro e leggero entry level dei rossi, Il Lupinello da 1 litro (sangiovese, canaiolo e, anche qui, trebbiano), fino all’intenso, lungo e verticale Sangiovese IGT.
Lupinella, che sfoggia le etichette esteticamente più belle dell’interno novero dei presenti, condivide anche la palma di banco più sorprendente della giornata con quello della Fattoria Bonsalto: un progetto, quest’ultimo, partito appena nel 2020 (in passato il vino prodotto era destinato all’autoconsumo o ad altri imbottigliatori della zona) che già esprime una personalità stupefacente in ogni sorso,. Una batteria di cinque vini in degustazione, tutti ricavati da varietà di uva autoctone e tutti capaci di alimentare sorpresa, gioia e desiderio; cito per emblematicità il risultato raggiunto da Primo Marzo, elisir di uva boggione rosso maturato in anfora e che in bocca sviluppa una narrativa succosissima e originale.
Dentro il solco di una tradizione rassicurante per qualità ormai stratificata, stanno i vini della famiglia Gallerini cinque generazioni di viticoltori, che dal 1945 ha trovato stanza nella Tenuta Barbadoro, regno soprattutto del Sangiovese, proposto in diverse interpretazioni. All’iniziatore Serafino è dedicato un Chianti Docg da manuale, trionfante di frutti rossi, ai due fondatori della tenuta sono intitolati rispettivamente il robusto Chianti Montespertoli DOCG II° Guido e, unica concessione all’internazionalità, il denso ed elegante merlot Ottavino, prodotto in tremila bottiglie.
Varrebbe la pena sostare con qualche parola su ognuno di questi produttori di temperamento autentico. Mi limito a ricordare ancora un paio di bottiglie da stappare per testare la versatilità di questi territori: Dolico, l’estivo beverino viogner di Le Fonti a San Giorgio, e il Rosso IGT di Montalbino, praticamente un’antologia in vetro dei vitigni autoctoni, con Fogliatonda e Canaiolo a fare da protagonisti, Sangiovese e Colorino a spalleggiare.
Concludo per brevità ricordando due cantine che a mio parere si aggiudicano un riconoscimento che, in questi tempi di rincari spesso irragionevoli, si distinguono, in controtendenza, con una linea di prodotti di prezzo molto contenuto rispetto alla qualità espressa dalle loro bottiglie, e a noi viene da leggerlo come un gesto di amicizia e fratellanza per noialtri poveri innamorati del buon bicchiere in tavola tutti i giorni a pranzo e a cena, e a volte anche a merenda. Si tratta di Podere Guiducci, coi suoi rossi (come usa d’obbligo ormai dire almeno sette o otto volte al giorno, e io non l’ho ancora fatto) croccanti, e per le Fattorie Parri, dalla cui offerta spiccano il Chianti Montespertoli e, soprattutto, un gran vin santo che in un trionfo di frutta secca lascia spazio a sentori rinfrescanti e balsamici, pericolossimi per chi non si intimidisce di fronte alla possibilità di aprire e finire la bottiglia in pomeriggio; magari accanto a una fragrante crostata casalinga, anch’essa da seccare in un sol boccone, e alla fine leccare le briciole, sgrondando nel calice, felici, le ultime gocce della boccia.
Vivo e lavoro con i libri e tra i libri ma sotto sotto penso in ogni istante a cosa si potrebbe mangiare e bere di buono alla prima occasione. Dei posti in cui sono stato bene amo parlarne con entusiasmo agli amici. Adesso anche qui.
Una bellissima serata con questi sei vini (più un passito) dall’Irpinia, in bilico tra il ludico/ricreativo e l’approfondimento, forse più ricreativo dal momento che della serata restano solo due testimonianze fotografiche. Le bottiglie stappate a inizio serata e il meraviglioso tappo del Radici Riserva 1998. Molte ottime indicazioni sui vini stappati. Soprattutto sui due più stagionati.
Aglianico con 18 mesi di affinamento in barrique. Vino sostanzioso, dal colore scuro, sanguigno, d’impatto, dai bei profumi di frutto scuro maturo, spezie, cenere, incenso, tabacco. Sorso di spessore, caldo, ma con grande equilibrio degli elementi e piacevolezza immediata. Forse gli manca un po’ di slancio, però è un vino per una platea folta.
Taurasi 2010 – Villa Raiano
3 anni di invecchiamento. 1 in legno di varie dimensioni, 1 in acciaio e 1 in bottiglia. Il meno pronto dei sei. Il più peculiare nella sua asciutta essenzialità. Riporta accanto a un cespuglio di timo, fa ricordare la resina, la noce moscata, il ribes nero. Al palato mostra una certa energia, ma appare imbrigliata, ancora in fase di definizione. Secco, tannico, persistente, coerente, sapido ma credo avrebbe potuto esprimersi meglio tra qualche anno ancora.
Taurasi Radici 2010 – Mastroberardino
24 mesi in legno e 24 in bottiglia Vino ricco in aromi e generoso, viole, prugne, chiodo di garofano, più frutto in evidenza, terra bagnata, erbe aromatiche, pelle fresca. Si conferma al palato molto generoso in entrata, preciso ed equilibrato, forse non molto presente nel centrobocca dove risulta un po’ scarno. Retrogusto di frutto maturo, di buona persistenza. Vino compìto, dai tratti ben delineati.
Taurasi Historia Naturalis 2009 – Mastroberardino
24 mesi in legno e 30 in bottiglia. Il mio preferito per la complessità e la bellezza dei richiami al naso, per la definizione e l’intensità del sorso. Colore rubino scuro, Balsamico, eucalipto, prugna e ciliegia, e ancora balsamico, pepe di Sichuan, bitter e scorza di arancio, ancora balsamico, canfora. Bevuta spaziale, profonda, fresca con delicata fruttuosità e sapidità e magnifico tannino in filigrana. Persistenza proverbiale. Per me tra i vini indimenticabili.
Barrique e botti di rovere per 30 mesi. 40 mesi in bottiglia. Riconoscibile, anche se potrebbe ingannare alla cieca, e integro. Di colore più chiaro degli omologhi più giovani. È un vino di estrema finezza. Mette insieme antiche reminiscenze floreali, di prugna essiccata come anche di frutti rossi freschi che alla lunga tendono a prevalere, rievoca l’incenso e le spezie dolci, il fungo fresco, il rosmarino. Probabilmente con una bottiglia intera a testa a disposizione da provare anche il giorno dopo avrebbe regalato anche altri sentori. Al palato risulta compatto, mai un filo di alcol in eccesso, mai troppo acido. Equilibrio, precisione, vitalità, qualità e intensità di gusto, un bere che che si trasforma in piacere senza intoppi, un vino fatto di sussurri ben scanditi e di una materia nobilissima da cui tuttt i presenti restano folgorati.
Taurasi Piano di Montevergine 1997 – Feudi di San Gregorio – Degustazione Taurasi
Invecchiamento in botti di diverse dimensioni per 24 mesi e poi affinamento per altri 24 in bottiglia. Il tappo in cattive condizioni desta un po’ di preoccupazione, ma il vino risulta godibile nella sua fase di piena maturità. Il Colore è granato, un bel ventaglio di profumi dalla bacca di goji alla scorza di chinotto passando per prugna, cuoio, spezie varie, carruba. Mostra ancora vitalità al palato, soprattutto congruità. Vellutato, fresco, sottile e con ottima persistenza aromatica.
Aglianico passito. Forse l’unica mezza delusione della serata. Profumi a bassa intensità di incenso, mora, vaniglia, un po’ cupo, secco e poco dinamico. Poco risolto. Da riprovare in altra occasione.
A fine serata e a bottiglie vuote giungo a una conclusione e m’insorge un interrogativo.
Conclusione: disdegnare pregiudizialmente, che per alcuni sembra un atteggiamento fascinoso, le bottiglie dei “grandi” produttori è un errore.
Interrogativo: il Radici Riserva 1998 osservando il tappo, appena bagnato, elastico come un tappo nuovo tanto che sarebbe stato possibile riutilizzarlo interamente, è stato molto probabilmente conservato in piedi. E lo stato di conservazione del vino era perfetto. Questo legittimamente fa ripensare alla teoria che vuole che i vini vadano conservati stesi e ai pochi che invece continuano a sostenere il contrario. Chi avrà ragione? Avrà davvero ragione qualcuno?
Conclusione ulteriore: mai scherzare col Taurasi nemmeno dopo 26 anni.
La giornata a ViniVeri è una delle mie preferite nel Calendario del Vinomane/Winewriter. Anzi, forse è la mia preferita. E continua a essere la mia preferita, alla pari con gli eventi organizzati da L’Acquabuona (https://www.acquabuona.it/), anche dopo aver frequentato negli anni una miriade di festival, fiere, esposizioni, etc. E il motivo è semplice, come spesso è ciò che ti convince e soddisfa. Lo spazio e l’atmosfera.
Viniveri è forse l’occasione in cui si riescono a scambiare il maggior numero di parole col prossimo. In cui si riesce a bere/degustare senza l’incombente presenza fisica di migliaia di altre persone, a camminare liberi, a respirare, a riflettere il tempo necessario su quanto si è appena bevuto. E da quest’anno con un nuovo spazio espositivo e uno spazio ristoro di buon livello.
Per cosa ricorderemo Viniveri Cerea 2023?
Sicuramente ci sono le conferme di quanto di buono assaggiato ad Assisi. Ne abbiamo scritto qui: https://wp.me/pavwJ6-T3
Su tutto il Barolo Brunate 2019 di Rinaldi che pare un vino immaginario partorito dall’immaginazione di una mente illuminata come quella di Borges o di Elemire Zolla, vino di evidente e persuasiva precisione articolata in un linguaggio enoico comprensibile a tutti, non artificioso. Segno che chi continua l’opera di Citrico ha i numeri per farlo.
Il Bramaterra della famiglia Antoniotti, 2019 al banco, che anno dopo anno consolida una reputazione dovuta a ripetuti brillanti assaggi e ottime bottiglie stappate.
Il Pendio, azienda della Franciacorta che incontro per la prima volta in questa occasione, che porta in assaggio dei Metodo Classico di grande personalità lontani da certi standard del luogo da cui solitamente mi tengo lontano.
Massa Vecchia da Massa Marittima, con i cui vini in passato ho un po’ discusso, che ha tra le proposte il Rosato 2019 e il Sangiovese 201 . Sul Sangiovese superiore e sul Vermentino sul momento dell’assaggio si sono formate però delle riserve (un gioco di parole non premeditato). Da riprovare.
Laiolo Reginin con le sue Barbera. Dalla sapida e succosa agilita de La Mora alla struttura più importante, ma mai imballata, del Nizza Lai Man, passando per la sempre vitale e identitaria Barbera Da Sul.
Ronco Severo: simpatia e grandi vini. Combo perfetta.
Eugenio Rosi che forse è il produttore, tra quelli che portano un buon numero di etichette, con la qualità media più alta su tutta la proposta. In crescita costante.
Zampaglione che porta al banco un Fiano del 2007 che lascia incantati a riflettere sulle potenzialità espressive e di invecchiamento del vino.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Report parziale di quanto assaggiato e visto durante le Anteprime Toscane perché per L’Enonauta fu possibile presenziare solo alla Chianti Classico Collection, all’Anteprima del Nobile di Montepulciano e all’Anteprima dei Vini della Costa.
La Chianti Classico Collection 2023 è la solita Chianti Classico Collection degli altri anni. Alla stazione Leopolda tutti i banchi d’assaggio divisi per area di provenienza, grande folla, si ottiene quel che si aspetta. Ogni anno la permanenza scema di qualche minuto.
Cosa mi è rimasto impresso nella mente e sul taccuino?
Tenuta Carleone
Porta tre vini in assaggio che sono un campione di radicale finezza e che per fragranza potrebbero essere apparentati a invenzioni di profumeria. Chianti Classico 2020, Uno 2020 con 20 scritto a mano, Il Guercio 2020. Tre esecuzioni magistrali.
Podere Pruneto
Pruneto porta un Chianti Classico che si distingue tra gli omologhi raddesi per una più spiccata florealità, un’anima agrumata vitale e un tannino che mi azzardo a definire sfrontato.
Montesecondo
Il Chianti Classico 2021 di Montesecondo è tra i più emozionanti pur nella sua estrema precisione. Sul Sangiovese in anfora sospendo il giudizio.
Monte Bernardi
Per la scintillante florealità, la leggiadria del sorso, la dichiarata fedeltà al vitigno. Chanti Classico Retromarcia 2021 e Riserva 2020
San Giusto a Rentennano
Vini che sono, al solito, un punto d’incontro tra la potenza, lo spessore e l’espressività. Chianti Classico Riserva Le Baròncole 2020 spicca.
ANTEPRIMA DEL VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO – Anteprime Toscane 2023
La prima volta per chi scrive all’Anteprima del Nobile. Parcheggio casualmente molto lontano e per arrivare spendo non poche energie in un giorno di mezza primavera anticipata. Lo scenario offerto dalla Rocca di Montepulciano e il panorama mettono di buon umore e la qualità media dei vini presentati è alta e mi dolgo di non bere più spesso il Nobile di Montepulciano ripromettendomi di rimediare fin da subito.
I preferiti:
TIBERINI
Tiberini su tutti con largo vantaggio. Per la batteria tutta impeccabile di vini caratterizzati da grande solidità e identità, dal nobile 2020 in anteprima fino alla Riserva Fossatone 2015. Ottima freschezza, frutto in primo piano, finezza.
IL MOLINACCIO
Per l’assoluta rispondenza tra quanto dichiarato dal titolare al banco al momento di introdurre i propri vini e quanto riscontrato poi all’atto dell’assaggio. Per cui i vini di Molinaccio risultano decisamente più leggiadri rispetto agli omologhi di zona. Più che la ricerca dell’impatto emerge la volontà di proporre vini varietali ed eleganti che conservino carattere.
GODIOLO
Buoni ricordi hanno lasciato i vini dell’Azienda Godiolo, Nobile 2019 e Riserva 2015 entrambi godibilissimi.
LE BERNE
Il Nobile 2019 de Le Berne per l’ottimo corredo aromatico e la bella dinamica di gusto.
GUIDOTTI
I due Nobile presentati dall’Azienda Guidotti, 2019 e 2020 che ci raccontano due anni e due raccolti diversi come sempre sarebbe auspicabile. 2019 più corposo e potente, 2020 più essenziale e fragrante.
TENUTA GRACCIANO DELLA SETA
porta in assaggio un Nobile di Montepulciano Riserva 2018 che fa grandissima figura, un campione di Sangiovesitudine purissima.
ANTEPRIMA DEI VINI DELLA COSTA – Anteprime Toscane 2023
Un’edizione un po’ ridotta, almeno così mi è parso, con meno espositori, alcune zone veramente poco rappresentate. Alcune essenzialmente non pervenute. Highlights della giornata sono stati la scoperta di una azienda
POGGIO AL GELLO – Anteprime Toscane 2023
di Civitella – Paganico, sulla via che da Grosseto porta a Montalcino, che propone degli ottimi Montecucco fatti con Sangiovese in purezza che consiglio vivamente, il Syrah di
Tenuta Lenzini – Anteprime Toscane 2023
e un fantastico panino volante in un locale di piazza Santa Maria.
Proposito per il 2024: esserci a tutte le anteprime Toscane.
Bella questa edizione invernale di Vini Veri Assisi. Vignaioli che si incontrano sempre volentieri, vini che si ribevono altrettanto volentieri, immersi nella splendida cornice appenninica, con vista a 360 gradi, fino ai Monti Sibillini sui quali si scorge la prima neve. Clima festoso, non si vive la compressione corporea vissuta a Piacenza nell’ultima uscita, c’è tempo di scambiare qualche impressione.
Molte conferme, alcune piacevoli sorprese. Qualche delusione.
Viniveri Assisi 2023 – Note positive:
Slavcek che si conferma un vero Drago. Il ricordo gustativo della sua Ribolla Riserva (credo 2016) te lo porti dietro per un bel po’.
Zampaglione da Calitri (AV). Che porta in assaggio due Fiano, il 2019 e il 2020, più preciso il 2019, più sostanzioso il 2020, entrambi molto buoni.
Vodopivec che presenta una terna di Vitovska che, come avrebbe detto il Benigni giovane, ti lasciano indelebile.
Ca dei Zago Il rifermentato 2021 buonissimo, un archetipo della tipologia.
Raina, coi cui vini in passato mi è capitato di non andare d’accordo, che mi sorprende con la sua batteria.
Carlo Noro coi suoi Cesanese sostanziosi ed espressivi.
Clara Marcelli di cui non avevo mai bevuto nessun vino e che adesso vorrei ribere tutti.
Viniveri Assisi 2023 – Note negative:
Senza entrare nello specifico, ho bevuto un paio dei peggiori vini che abbia mai bevuto in vita mia. Ne ho bevuti altri che pur non essendo stati rubricati alla voce “peggiori” non sembravano, volendo essere diplomatici, più che approssimativi.
E così “arrivi tu” (il Souris, il brett, il puzzo di letame, acidità spensierate, etc…) e “la mente torna” allo scritto di Sandro Sangiorgi (La forma e la sostanza, le luci e le ombre) che lo scorso anno, dopo essere stato sottoscritto da Paolo Vodopivec, è diventato manifesto di ViniVeri e a tutto il gran fiorire di interventi e polemiche attorno a quel manifesto, che hanno animato il mondo del vino per qualche tempo. In quel breve scritto si parlava di “abitudine all’imperfezione”, di “lassismo” nel trascurare l’inscindibile relazione tra la forma e la sostanza, la bellezza completa del vino ottenibile solo attraverso le due entità, di un problema diffuso nella percezione e nel riconoscimento della qualità, dell’indulgenza che fa presentare “liquidi imbevibili”.
Nel 2023 il panorama, com’era prevedibile, non è cambiato. Tra un vino buono e un altro apprezzabile s’incontrano ancora il famigerato souris e molta acetica, volatili brade e il puzzo di letame, il cavolo lesso e il cartone bagnato che in un certo storytelling finiscono per essere narrate come espressione del “terroir”, spensieratezza, attitudine da merenda, veracità tradendo una problematica proliferazione di comunicazione strumentale e fuorviante.
Il Mercato dei Vini Dei Vignaioli Indipendenti Fivi 2022
Parlare del Mercato Fivi (https://www.mercatodeivini.it/) dopo il Mercato Fivi non è facile. È meglio parlarne prima. Perché, per quanta buona volontà uno immagini di poter dispiegare in un contesto dove ci sono centinaia di banchi di assaggio e si ritrovano decine di amici, il Mercato Fivi è una festa. Anzi è un Mercato. E il mercato è il luogo dove tradizionalmente le persone si incontrano, dove hanno luogo gli umani commerci e il valore del lavoro trova un riconoscimento. E dove le persone si incontrano c’è prossimità, dove c’è prossimità nascono i valori condivisi. Un’occasione di piena ricreazione in cui si incontrano vignaioli che ci hanno regalato momenti di grande felicità e comunione e si ha l’occasione per ringraziarli, si incontrano amici, se ne fanno di nuovi, si stringono sodalizi e la fine della giornata arriva presto e gli effetti della festa si sentono. Meglio parlarne prima dunque. Il Mercato dei Vignaioli Indipendenti è anche una delle più importanti fiere di settore italiane che se non è quella più partecipata e certamente una di quelle che può vantare la migliore atmosfera. Torna anche nel 2022 dopo il grande successo dell’ultima edizione postcovid e l’Enonauta ci sarà. Con una delegazione di tre persone e proverà a raccontarne anche dopo. Nel frattempo invita tutte/i gli Enomaniaci, i semplici appassionati a farsi un giro a Piacenza tra il 26 e il 28 novembre. Nessuno si pentirà di esserci andato. Questo il programna e le modalità di accesso:
11° Mercato dei Vini dei Vignaioli Indipendenti
Data: sabato 26, domenica 27 e lunedì 28 novembre 2022 Luogo: PiacenzaExpo – Via Tirotti, 11 – Piacenza Orario di apertura al pubblico: sabato e domenica dalle 11.00 alle 19.00, lunedì dalle 11.00 alle 17.00
Parcheggio: gratuito
Acquisto biglietti via Vivaticket: https://bit.ly/3C19BQA Ingresso giornaliero: in fiera € 30 (2 gg € 50); online € 25 (2 gg € 40) comprensivo di bicchiere. Ingresso ridotto: € 20 per soci AIS – FIS – FISAR – ONAV – AIES – ASPI – ASSOSOMMELIER e SLOW FOOD (il socio deve mostrare tessera valida dell’anno in corso).
Gli operatori del settore possono richiedere il codice per l’ingresso ridotto compilando il form.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Il Nizza È… tre giornate di Barbera a Nizza Monferrato (22/24 ottobre 2022)
Nizza Monferrato è una cittadina posta al centro di un immaginario quadrilatero avente agli angoli Alba, Asti, Ovada e Alessandria. Nizza, considerato uno dei territori d’elezione della Barbera, dal 2014 (prima annata uscita nel 2016) dopo essere stata una sottozona della Docg Barbera d’Asti, è anche una DOCG. Vini prodotti con solo uve barbera coltivate in18 comuni (Agliano Terme, Belveglio, Bruno, Calamandrana, Castel Boglione, Castelnuovo Belbo, Castelnuovo Calcea, Castel Rocchero, Cortiglione, Incisa Scapaccino, Moasca, Mombaruzzo, Mombercelli, Nizza Monferrato, Rocchetta Palafea, San Marzano Oliveto, Vaglio Serra, Vinchio).
Il Nizza è… per chi scrive è principalmente l’occasione di colmare una lacuna, capire dove cerca di andare questa recente denominazione (DOCG NIZZA) nata da ciò che era precedentemente una sottozona della Docg Barbera d’Asti, cosa vuole proporre all’appassionato di vini, cos’è che la contraddistingue nel panorama dei produttori di Barbera, che sono molti, e dei territori che ne esprimono l’anima. Non ultima l’opportunità di percorrere per la prima volta nella sua vita il passo del Turchino, famoso per essere uno dei punti di snodo della più classica e famosa delle corse ciclistiche in linea italiane. La Milano – Sanremo.
Enonauta tra le vigne del Monferrato
La manifestazione è raccolta, con banchi d’assaggio divisi per zone geografiche all’interno del Palazzo Crosa nel centro storico di Nizza Monferrato.
Un centinaio di bottiglie in degustazione ed io credo di averne assaggiate una cinquantina. Tutti i vini risultavano essere non meno che di corpo, di corpo pieno. Nessuna traccia di vini esili o poco concentrati. Abbondanza di quei vini che il buon Giampi Moretti, vignaiolo lucchese de “Le Terre del Sillabo”, definì “vini da esposizione” o anche “Vini Fallici”. Abbondanza di legno. Legno aromatico, resinoso, vanigliato, pizzicoso, pepato, molti tannini anestetizzanti. A Nizza si usa il legno e si sente. Il disciplinare ne prevede l’uso per entrambe le tipologie proposte, ne ero consapevole, ma insieme al legno ho avvertito il tentativo del colpo ad effetto, molti vini mi hanno fatto pensare a un progetto unitario, con esiti alterni, di portare il Barbera su un piano diverso, su un piano espressivo ipotetico di livello superiore. Ma questo livello a mio avviso resta ipotetico. Molti corpo a corpo, un po’ di fatica, anche nell’ascoltare il sempiterno sermone sull’integrazione futura e ipotetica (anche lei) del legno. Ché poi nessuno lo sa quantificare il tempo in cui questo legno si integra e del resto se ha bisogno di integrarsi vuol dire che al momento in cui non è integrato la situazione non è ottimale.
Con questo tra i cinquanta vini che ho assaggiato ne ho trovati di molto buoni, per gusto, fedeltà alla tipologia, tipicità, esecuzione. Cito dunque solo ciò che lasciò una buona impressione per onorare la bella esperienza, le buone compagnie trovate e non far torto a nessuno elevando il gusto proprio a giudizio definitivo. Confido invece di tornare a Nizza Monferrato per ampliare ulteriormente la confidenza con questa eccellenza enoica piemontese.
Su tutti gli assaggi ha brillato il “Viti Vecchie” 2019 di Gianni Doglia (https://giannidoglia.it/) per l’integrità, la precisione e uno sviluppo gustativo davvero coinvolgente.
Ottimi il “Laficaia” 2020 di Guasti Clemente & Figli, “Le Nicchie” 2019 de La Gironda , così come i vini di Cascina Garitina, le due proposte de La Barbatella “La Vigna dell’Angelo” 2019 e “La Vigna dell’Angelo” Riserva 2018, i due vini presentati da l’ Armangia “Titon” e “Vignali”, entrambi 2019 ed egualmente animati da grande energia ed espressività, il “Pragerolamo” 2019 dell’Azienda Durio che sorprende per la lunga distensione, la varietà delle suggestioni.
Una menzione particolare per “Noceto” 2018 di Ricossa per il quale, forse a causa della troppa esposizione in GDO, nutrivo degli ingiustificati pregiudizi e che invece alla prova del bicchiere è risultato un vino di sicura eleganza, ricchezza e forza espressiva.
Grandi Eccellenze Riunite. Sono tornato a Terre di Toscana dopo i due anni problematici di cui tutti sappiamo. Il 5 marzo 2020 fu un giorno metereologicamente orribile, pioggia incessante, a tratti violenta, arrivai all’Una Hotel di lido di Camaiore zuppo nonostante avessi percorso solo 200 metri a piedi. All’uscita la notizia del lockdown incombente a vanificare l’entusiasmo per la grande varietà di grandi vini appena assaggiati.
Ci accoglie invece quest’anno un sole splendente, l’aria asciutta e la luce ristoratrice come a sancire climaticamente il ritorno glorioso del winelover sulla strada dei banchi d’assaggio. Decidiamo dunque di coprire la distanza tra la stazione di Viareggio e l’Una Hotel a piedi. Per consumare preventivamente le calorie in eccesso che avremmo assunto nel prosieguo della giornata.
Ritroviamo la stessa ottima organizzazione a cura de L’Acquabuona, un ambiente adeguato, la giusta scelta di fornire una stanza con offerte gastronomiche di buona qualità, insomma si sta bene all’Una Hotel e Terre di Toscana offre una concentrazione di eccellenze unica per gli amanti del vino toscano nelle sue varie declinazioni.
Molte conferme, alcune sorprese, poche delusioni quest’anno.
Questi che seguono i miei preferiti in questa edizione 2022:
Brunello di Montalcino Ugolaia 2016 di Lisini e il Brunello Riserva 2016 di Pietroso sono a mio avviso l’esempio di ciò che uno si può aspettare nel bicchiere nella migliore di tutte le ipotesi. Due grandissime espressioni del territorio e della viticoltura ilcinese.
La coppia di punta di Fontodi per l’annata 2018, Flaccianello della Pieve e Vigna del Sorbo. Scalpitante, pieno di energia il secondo, più posato il primo, più carnoso, entrambi ottimi vini.
Podere Le Ripi Brunello di Montalcino Riserva 2016 e Rosso di Montalcino 2018. Due vini dalla estrema vitalità.
Marroneto che riesce anche nel 2017, a presentare due proposte di grande eleganza.
San Giusto a Rentennano con Percarlo 2018 fa una proposta di grande intensità e precisione.
Grattamacco superiore 2018 e Caiarossa 2018 per chi ama la Toscana del vino declinata in modo più internazionale sembrano al momento due vini con ottime prospttive.
Federico Staderini con Cuna anche in questo 2018 propone due pinot nero, annata e riserva, inebrianti nei profumi, espressivi e nervosi e dall’ossuta esaustività.
Probabilmente dimentico qualcuno, ma queste sono le etichette che più nitidamente sono rimaste impresse nel ricordo.
Arrivederci a Terre d’Italia e complimenti all’organizzazione.
Eventi Vino 2022 – Fa piacere vedere che si rinnova l’appuntamento con Wine & Siena dopo due anni di tribolazione. E il pensiero torna a quel 3 febbraio 2020 quando passammo una bellissima giornata a Palazzo Squarcialupi/Santa Maria della Scala grazie all’impeccabile organizzazione targata TheWineHunter/Gourmet’s International. Una delle ultime belle giornate, perlomeno per chi scrive, da Winelover in avanscoperta tra i banchi d’assaggio prima di sprofondare nell’emergenza e nella preoccupazione.
Dal 12 al 14 marzo dunque presso il complesso di Santa Maria della Scala a Siena torna l’appuntamento con Wine & Siena. Innumerevoli espositori, Masterclass a cura di The WineHunter, Showcooking a cura di alcuni ristoratori locali, passeggiate enogastonomiche, incontri e convegni dedicati al mondo dell’enogastronomia.
Qui il programma completo:
Wine & Siena 2020 (https://wineandsiena.com/2020/)
Merano Wine Festival (https://meranowinefestival.com/)
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.