Il Langhe Nebbiolo 2021 di Ferdinando Principiano potrei definirlo in breve “uno dei migliori vini bevuti nel 2024” in relazione a prezzo, tipologia, aspettative/risultato.
Vino in cui equilibrio, misura e forza convivono declinate con semplicità, una semplicità a cui attribuisco un valore del tutto positivo.
Vino chiaro, di colore e di carattere. Ricorda generosamente la rosa, il tamarindo, il melograno e varie spezie.
Vino che mostra una spiccata freschezza che conduce il sorso. Che ha equilibrio, espressività, misurato grado alcolico e godibilità pericolosa. I Tannini sono sottili, la dinamica di gusto è lineare, continua, il vino è ottimo, ottimo esempio di quanto Ferdinando Principiano, da cui fu acquistata la bottiglia, racconta del suo impegno di vignaiolo.
Langhe Nebbiolo 2021 – Ferdinando Principiano
I could briefly define the Langhe Nebbiolo 2021 by Ferdinando Principiano as “one of the best wines drunk in 2024” in relation to price, type, expectations/result.
A wine in which balance, measure and strength coexist declined with simplicity, a simplicity to which I attribute a completely positive value.
A clear wine, with color and character. It generously recalls rose, tamarind, pomegranate and various spices.
A wine that shows a marked freshness that leads the sip. Which has balance, expressiveness, measured alcohol content and dangerous enjoyability. The tannins are subtle, the dynamics of taste are linear, continuous, the wine is excellent, an excellent example of what Ferdinando Principiano, from whom the bottle was purchased, tells of his commitment as a winemaker.
Ricordo che la prima e unica volta che ho partecipato alla famosa manifestazione ilcinese “Benvenuto Brunello” si presentava l’annata 2010. Annata definita ottima e in effetti ricordo che non furono poche le cantine a finire sul mio taccuino con i loro Brunello 2010. Tra questi il Brunello di Montalcino 2010 de Le Ragnaie stava al primo posto, principalmente per la sua fedeltà al vitigno, per la sua inarrestabile energia, per il grande scheletro che lasciava intravedere una finezza di tratto in controluce, una promessa sospesa dentro una potenza davvero imponente.
La promessa di allora è mantenuta oggi
Il colore è quello che si vede in foto. Limpido, granato chiaro, non così dissimile da quello della prima volta.
Vino profumato con reminiscenze d’arancia navelina, ciliegine, lavanda, carne cruda accompagnate da un lungo afflato balsamico. In secondo piano ricordi di cuoio, sottobosco ed eterei.
L’acidità è oceanica, innervata, vino adesso disteso, definito, arioso, profondissimo. I tannini, all’uscita decisamente austeri, pur restando tannini di carattere hanno mollato un po’ la presa e al sorso danno precisione e temperamento.
Vino pronto adesso che andò felicemente a nozze con le bistecchine di Agnello in padella.
Brunello di Montalcino 2010 – Le Ragnaie
I remember that the first and only time I participated in the famous Ilcinese event “Benvenuto Brunello” the 2010 vintage was presented. A vintage defined as excellent and in fact I remember that there were quite a few wineries that ended up in my notebook with their 2010 Brunellos. Among these, the 2010 Brunello di Montalcino from Le Ragnaie was in first place, mainly for its faithfulness to the grape variety, for its unstoppable energy, for the large skeleton that allowed a glimpse of a finesse of line against the light, a promise suspended within a truly imposing power.
The promise of then is kept today
The color is what you see in the photo. Clear, light garnet, not so different from that of the first time.
A fragrant wine with reminiscences of navelina orange, cherries, lavender, raw meat accompanied by a long balsamic breath. In the background memories of leather, undergrowth and ethereal.
The acidity is oceanic, innervated, wine now relaxed, defined, airy, very deep. The tannins, decidedly austere at the exit, while remaining tannins of character have loosened their grip a bit and at the sip they give precision and temperament.
Wine ready now that went happily with the lamb steaks in the pan.
Fermo restando che le bottiglie è giusto che riposino in cantina per il tempo necessario a dargli la giusta forma sperata, credo di poter affermare che la esatta collocazione di una bottiglia è sempre la tavola. Tra i bevitori. Prima o poi questo è il momento culminante della vita di un vino. Nel bene e nel male. Questa bottiglia bevuta con gli amici lo conferma, condivisa generosamente da M. N. e stappata da Alberto Bettini della Trattoria da Amerigo dove è stata ottima compagna delle loro sempre ottime proposte culinarie, tra cui il famoso Uovo che in foto è in primo piano.
Il colore è decisamente vivo in relazione all’età e non si discosta dal rubino fitto.
Fragrante, netto, intenso con sentori di frutti rossi, ematici, fortemente speziati, ricordi di muschio e foglie.
Vino di gran tempra e di notevole caratura. In tecnovinese lo si direbbe di medio corpo, un medio più sbilanciato verso il pieno. Non ha ceduto per niente al tempo che pare invece aver consentito al vino di digerire la “legnosità”, certo non per perderla, per renderla organica. Una legnosità originaria che io posso solo immaginare e che magari qualcun altro potrebbe confermare (o no).
Adesso è un vino decisamente stratificato e profondo, dalla dinamica di gusto continua, incalzante, con freschezza nordica che immagino abbia trovato con gli anni lo spazio che forse all’inizio mancava (anche in questo caso qualcuno potrà dire la sua). Impeccabile, equilibrato, avvolgente e dalla persistenza decisamente rara.
Non il prototipo dell’eleganza asciutta e talvolta un po’ impalpabile della Borgogna, è un vino che evidenzia un’idea precisa e ben eseguita del Pinot Nero.
While it is right that the bottles rest in the cellar for the time necessary to give them the right shape desired, I believe I can say that the exact location of a bottle is always the table. Among drinkers. Sooner or later this is the culminating moment in the life of a wine. For better or for worse. This bottle drunk with friends confirms it, shared generously by M. N. and uncorked by Alberto Bettini of the Trattoria da Amerigo where it was an excellent companion to their always excellent culinary proposals, including the famous Uovo that is in the foreground in the photo.
The color is decidedly vivid in relation to the age and does not deviate from the dense ruby.
Fragrant, clean, intense with hints of red fruits, blood, strongly spicy, memories of moss and leaves.
A wine of great temperament and notable caliber. In Tecnovinese one would say it is medium-bodied, a medium more unbalanced towards full. It has not given in at all to time which instead seems to have allowed the wine to digest the “woodiness”, certainly not to lose it, to make it organic. An original woodiness that I can only imagine and that perhaps someone else could confirm (or not).
Now it is a decidedly layered and deep wine, with a continuous, pressing dynamic of taste, with Nordic freshness that I imagine has found over the years the space that perhaps was missing at the beginning (even in this case someone will have their say). Impeccable, balanced, enveloping and with a decidedly rare persistence.
Not the prototype of the dry and sometimes slightly impalpable elegance of Burgundy, it is a wine that highlights a precise and well-executed idea of Pinot Noir.
Soave “Terrelunghe” 2023 – Agostino Vicentini – vino sotto i dieci euro #4
Stappato più volte con grande soddisfazione il loro Soave Superiore “Il Casale” (ne scrissi qui), ma mai avevo assaggiato questo Soave Terrelunghe dell’azienda Vicentini, 20 ettari di vigneti tra Colognola ai Colli e e Cazzano di Tramigna ad est di Verona, pagato 9,50 euro su una piattaforma di vendita online.
Garganega con il 20 percento di Trebbiano. In acciaio.
Un vino che, senza nulla togliere a tutti gli altri che potrei e vorrei citare nel solito modo, risulta emblematico della vasta possibilità di bere bene in Italia a prezzo contenuto e della qualità diffusa nella zona del Soave.
Brillante e profumato con reminiscenze di fiori di acacia, scorza di cedro, pesca bianca. Immediato e penetrante.
Al palato risulta ampiamente godibile,
grazia alla sua acidità affilata e copiosa, ma anche grazie a una presenza e a una trama tangibili, una semplicità convincente, ben dispiegata e decisamente buona, nel senso proprio della bontà non mediata. Alcool moderato che migliora ulteriormente la gradevolezza.
Un vero affare.
Soave “Terrelunghe” 2023 – Agostino Vicentini – wine under ten euros #4
I have uncorked their Soave Superiore “Il Casale” several times with great satisfaction (I wrote about it here), but I have never tasted this Soave Terrelunghe from the Vicentini company, 20 hectares of vineyards between Colognola ai Colli and Cazzano di Tramigna east of Verona, paid 9.50 euros on an online sales platform.
Garganega with 20 percent Trebbiano. In steel.
A wine that, without taking anything away from all the others that I could and would like to mention in the usual way, is emblematic of the vast possibility of drinking well in Italy at a reasonable price and of the quality widespread in the Soave area.
Brilliant and fragrant with reminiscences of acacia flowers, cedar peel, white peach. Immediate and penetrating.
On the palate it is widely enjoyable, thanks to its sharp and copious acidity, but also thanks to a tangible presence and texture, a convincing simplicity, well-extended and decidedly good, in the true sense of unmediated goodness. Moderate alcohol that further improves the pleasantness.
Nepente di Oliena 2022 – Cantina Oliena – Sotto i dieci euro #3
Pagato 9,80 euro in un negozio di alimentari in Gallura.
Il Nepente di Oliena tanto caro al Vate D’Annunzio in questo caso prodotto dalla locale Cantina Sociale. Cannonau vinificato in cemento ed affinato in bottiglia.
Vino di peso, dal colore vivo rubino. Ricorda il frutto scuro, la macchia mediterranea e le erbe aromatiche, le spezie, il garofano, un accenno di balsamico. Il sorso è caldo e voluminoso, è privilegiato l’impatto così come la pienezza di gusto in coerenza con quanto esperito al naso. Acidità non trascendentale, tannini ben inseriti, vino godibile, da accompagnare a carni grigliate, che pur cercando una forma di equilibrio resta comunque un vino un po’ sbilanciato verso il calore/volume.
Prezzo conveniente, risultato soddisfacente che invogliano al test di altre annate.
Nepente di Oliena 2022 – Cantina Oliena – Under ten euros #3
Paid 9.80 euros in a grocery store in Gallura.
The Nepente di Oliena so dear to the Vate D’Annunzio in this case produced by the local Cantina Sociale. Cannonau vinified in cement and aged in the bottle.
A weighty wine, with a bright ruby color. It recalls dark fruit, Mediterranean scrub and aromatic herbs, spices, cloves, a hint of balsamic. The sip is warm and voluminous, the impact is privileged as well as the fullness of taste in line with what was experienced on the nose. Non-transcendental acidity, well-integrated tannins, enjoyable wine, to accompany grilled meats, which while seeking a form of balance remains a wine a little unbalanced towards heat/volume.
Convenient price, satisfactory result that encourages testing other vintages.
Sono contrario per principio al confronto tra vini di diversa provenienza anche se ottenuti dallo stesso vitigno. Ho apprezzato alcuni Chardonnay italiani, anche molto distanti per per presupposti ed esiti, e ne ho scritto (qui e qui ad esempio) e resto convinto del fatto che ci siano ottime interpretazioni del vitigno. Però bisogna riconoscere che la Borgogna dello Chardonnay regala sempre ottime suggestioni ed esperienze di gusto non facilmente replicabili. Principalmente, a mio parere, per la disinvoltura e il passo sicuro con cui, anche quando opulenti e strutturati, questi vini si muovono.
Approccio Biodinamico. Terreno calcareo.
Dopo la raccolta e la pressatura il mosto va in barrique (15 % nuove, una pennellata…) dove fermenta, fa la malolattica e a seguire sta 16 mesi sulle fecce.
Vino denso dal colore concentrato. Rievoca principalmente il Cedro e il Fiore di Sambuco, il Passion Fruit e la Pesca di Bivona della quale pare ricordare anche l’impatto tattile. In secondo piano ricordi accennati di miele, spezie, lievito.
Il sorso è strutturato e avvolgente con sviluppo molto sapido, opulento e al contempo vibrante, ben direzionato e godibile con la sua acidità tesa e il contenuto tenore alcolico. Un tessuto tangibile, mai sfuggente, molto persistente.
Un Mersault Village, questo dell’azienda Vincent Girardin, non economico, ma alla prova dell’assaggio in cui è parso davvero un buon vino non lo potrei definire caro in senso assoluto.
Meursault “Les Tillets” 2020 – Vincent Girardin
I am against in principle the comparison between wines of different origins even if obtained from the same grape variety. I have appreciated some Italian Chardonnays, even very distant ones in terms of conditions and outcomes, and I have written about them (here and here for example) and I remain convinced that there are excellent interpretations of the grape variety. However, it must be recognized that the Burgundy of Chardonnay always offers excellent suggestions and taste experiences that are not easily replicable. Mainly, in my opinion, for the ease and sure-footedness with which, even when opulent and structured, these wines move.
Biodynamic approach. Limestone soil.
After harvesting and pressing, the must goes into barriques (15% new, a brushstroke…) where it ferments, undergoes malolactic fermentation and then spends 16 months on the lees.
Dense wine with concentrated color. It mainly recalls the Cedar and the Elderflower, the Passion Fruit and the Bivona Peach of which it also seems to recall the tactile impact. In the background hints of honey, spices, yeast.
The sip is structured and enveloping with a very savory, opulent and at the same time vibrant development, well directed and enjoyable with its taut acidity and alcoholic content. A tangible fabric, never elusive, very persistent.
A Mersault Village, this one from the Vincent Girardin company, not cheap, but after tasting it, it seemed like a really good wine, I couldn’t define it as expensive in an absolute sense.
Vinificazione in acciaio, invecchiamento in botti grandi, affinamento in bottiglia.
ll tratto precipuo di questo vino lo si può individuare nell’ordine dei suoi elementi, come nel rigore espressivo o nell’immediata piacevolezza.
Veste granato di media concentrazione, evocativo e nettissimo al naso con ricordi di lamponi e rose, foglia di the e timo, cui si aggiungono meno marcate note di scorza di chinotti, torrefazione, radici aromatiche.
Acidità trainante, la bocca si riempie di piccoli frutti rossi delicati, intenso e presente, definito e persistente. L’Alcool è ben fuso, i tannini educati nella loro fermezza.
Da bere con soddisfazione adesso per chi ama equilibrio ed energia insieme. Credo però che nei prossimi dieci anni si potrà stappare un vino ancora vitale.
Bottiglia acquistata in un lotto e non saprei dire il prezzo esatto d’acquisto, ma tenendo presente il prezzo mediano di vendita e confrontandolo coi prezzi di alcuni omologhi lo definirei un buon affare per chi lo stappa.
L’annata certamente è stata positiva, ma in questa bottiglia si avverte anche una mano felice che ha ben governato
Riflettendo a fine bottiglia mi chiedo per quale motivo non avevo mai bevuto un Barbaresco Montefico, di Giacosa così come di nessun altro produttore, e sento di essermi perso qualcosa. Mi chiedo inoltre perche intorno a questo Barbaresco Montefico 2016, per quanto ben accolto dalla critica di settore, non si siano generati un Hype, un vasto entusiasmo come successo talvolta a vini per cui in definitiva, alla prova dell’assaggio, si restava perplessi e alla ricerca di una spiegazione che non si trova.
Ci sarà qualcuno che l’avrà stappato e avrà tentato una descrizione a parte me e i wine critics che all’epoca dell’uscita in bottiglia dispensarono voti, punti e stelle?
Grande bottiglia adesso, potrei scommettere anche sulla sua longevità, ma sono felice di averlo stappato.
Barbaresco Montefico 2016 – Carlo Giacosa
Definitely classic Barbaresco from the Montefico Cru in the village of Barbaresco.
Vinification in steel, aging in large barrels, refinement in bottle.
The main feature of this wine can be identified in the order of its elements, as in the expressive rigor or in the immediate pleasantness.
It has a medium concentration of garnet, evocative and very clear on the nose with hints of raspberries and roses, tea leaves and thyme, to which are added less marked notes of chinotti peel, roasting, aromatic roots.
Driving acidity, the mouth fills with small delicate red fruits, intense and present, defined and persistent. The alcohol is well blended, the tannins educated in their firmness.
To drink with satisfaction now for those who love balance and energy together. However, I believe that in the next ten years it will be possible to uncork a still viable wine.
Bottle purchased in a batch and I couldn’t say the exact purchase price, but keeping in mind the median sales price and comparing it with the prices of some counterparts I would define it as a good deal for those who uncork it.
The vintage was certainly positive, but in this bottle you can also feel a happy hand that governed well
Reflecting at the end of the bottle I ask myself why I had never drunk a Barbaresco Montefico, from Giacosa or any other producer, and I feel like I’ve missed something. I also wonder why this Barbaresco Montefico 2016, although well received by industry critics, did not generate a hype, a vast enthusiasm as sometimes happened to wines for which ultimately, upon tasting, one remained perplexed and looking for an explanation that cannot be found.
Will there be anyone who has uncorked it and attempted a description apart from me and the wine critics who gave out votes, points and stars at the time of its release in the bottle?
Great bottle now, I could bet on its longevity too, but I’m happy I uncorked it.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Il mio amore per il Fiano in tutte le sue declinazioni è dichiarato. Bottiglie come questa servono a rinnovare la dichiarazione.
Da vigna a 530 metri di altitudine nella zona di Montefreddane. Vinificato in acciaio e sempre in acciaio sosta sui lieviti per 11 mesi prima degli ultimi 6 mesi in bottiglia.
Vino eccellente, con veste chiara e profilo aromatico ricco e nitido dove inizialmente a colpire sono i ricordi vegetali e aromatici dell’Artemisia calpestata e dell’anice. seguono poi le note di frutto come il melone bianco, la mela granny smith, appena percettibili sentori agrumati, di spezie.
Al palato mostra spiccata sapidità, acidità decisa e un discreto spessore. Il calibrato tenore alcolico, qui forse il territorio ha fatto la sua parte, lo agevola nel risultare un vino in cui alla piacevolezza, all’espressività e alla precisione si affianca una bevibilità che incanta.
Finisce coerente e lungo.
Sono pronto a scommettere sull’avvenire di questo vino che non potrei definire economico, ma che vale ampiamente il suo prezzo.
Clos d’Haut 2022 Fiano di Avellino – Villa Diamante
My love for Fiano in all its forms is declared. Bottles like this serve to renew the statement.
From vineyard at 530 meters above sea level in the Montefreddane area. Vinified in steel and, again in steel, it rests on the yeasts for 11 months before the last 6 months in the bottle.
Excellent wine, with a clear appearance and a rich and clear aromatic profile where the vegetal and aromatic notes of trampled Artemisia and anise are initially striking. then follow the fruit notes such as white melon, granny smith apple, barely perceptible hints of citrus and spices.
On the palate it shows marked flavor, strong acidity and a fair thickness. The calibrated alcohol content, here perhaps the territory has played its part, helps it to be a wine in which pleasantness, expressiveness and precision are accompanied by an enchanting drinkability. It ends coherent and long. I am ready to bet on the future of this wine which I could not define as cheap, but which is well worth its price.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Quattro VINI BIANCHI PER L’ESTATE 2024 / Tetralogia degustativa di mezza estate centrata sui bianchi italiani. Quattro bottiglie di produttori più e meno affermati e/o conosciuti che alla qualità e alla sicura espressività affiancano anche un prezzo invitante.
Derthona 2021 – Vigneti Massa – vini bianchi per l’estate
20 euro circa online
Timorasso con breve macerazione a freddo, fermentazione in acciaio e sosta sulle fecce in acciaio per 12 mesi.
Colore dorato, mostra una densità che trova poi conferma in bocca. Ricordi di Iris giallo e melone, pan di zenzero, mela.
Vino dal gusto intenso e duraturo, sviluppa in larghezza, acidità moderata, matericità e impatto quasi da vino rosso, lo definirei un Timorasso per tutti senza eccessi ed eccentricità.
Don Chisciotte Fiano 2021 – Zampaglione
Poco meno di 20 euro al Mercato Fivi
Le emozioni suscitate dall’assaggio di questo vino all’ultimo Mercato Fivi mi indussero all’acquisto di un cartone. Quelle emozioni trovano una convalida, anzi un rinforzo, in questa bottiglia che racconta di un progetto che fa costanti passi verso l’eccellenza. Non dissimile quindi da quanto assaggiato nelle annate precedenti, ma si evince un costante miglioramento. Qui un racconto del 2020
Fiano dall’alta Irpinia. Macerazione sulle bucce, affinamento in acciaio sui lieviti.
Netto e incisivo al naso con ricordi di pompelmo, nespola e ginestra. Sorso sapido, avvincente, ben orchestrato in piena coerenza e con definizione mirabile.
Sarà l’annata, qualunque cosa sia, forse il miglior Don Chisciotte di sempre.
Campo delle Oche 2019 – Fattoria San Lorenzo
Poco meno di 20 euro circa in lotto
Da sempre, perlomeno dalla prima volta che l’ho stappato, uno dei miei bianchi preferiti. Potrebbe lasciare qualcuno sbigottito, questo lo ripeto sempre, ma credo di poter dire che i suoi estimatori lo apprezzano per la sua unicità dovuta anche ad alcune esagerazioni.
Vino artigianale che fa 36 mesi tra cemento e acciaio sui lieviti, poi 6 mesi in bottiglia.
Colore su toni scuri, il naso è bello e paradossale e mette insieme ricordi di fiori bianchi come l’acacia, ma ancora più bianchi come l’anemone di campo e altri di drupe a piena maturazione, altre note speziate, vegetale aromatico.
Il sorso avvolge e travolge con la sua struttura, il suo spessore, la forza di gusto che pare non esaurirsi mai e che sembra invece ampliarsi bicchiere dopo bicchiere, moltiplicando le sensazioni. Acidità di misura, opulenza senza mai finire nella viscosità.
Un successo che si rinnova anno dopo anno restando in una fascia di prezzo abbordabile per chiunque.
Hic et Nunc 2019 – Fietri – vini bianchi per l’estate
Bevuto spesso alle fiere e col ricordo di un’unica bottiglia bevuta molti anni fa, lo trovo in carta da Silvio a Piano Sinatico (PT), luogo importante per gli amanti della cucina tradizionale della Montagna Pistoiese e del buon vino, e non lo lascio in cantina.
Trattasi di Chardonnay e Viogner in partì eguali. Coltivati a Fietri tra i boschi delle alte colline ad sud-est di Gaiole che è un luogo famoso per il Chianti Classico, ma dove si fanno anche alcuni bianchi interessanti.
Per lo Chardonnay fermentazione e affinamento in barrique di 6 mesi. Malolattica parziale. Per il Viogner fermentazione e affinamento in acciaio per 6 mesi e niente malolattica.
Anche per questo Hic et Nunc un bel colore giallo oro, fragranze varie dal cedro alla susina goccia d’oro, passando per la liquirizia, la ginestra, fieno secco, il miele di acacia, le essenze orientali.
Palato deciso, diretto, con acidità ferma, struttura considerevole e buona dinamica di gusto. Polposo, rugoso, mai sfuggente, inizialmente tornano molto il frutto giallo e il miele mentre sul finale si affiancano le spezie e la vaniglia.
Non una bevuta come un’altra. Prima di tutto le bottiglie erano tre. Le prime due per un ritrovo tra amici in cui la prima risultò eccezionale e la seconda, sfortunatamente con tappo poco performante, decisamente ossidata e con tutti marcatori di un prematuro invecchiamento. Secondo, al nome Remi Jobard sono associate parole unanimi di entusiasmo ed apprezzamento. Per me è la prima volta.
Per questo Mersault, ovviamente, Chardonnay da vigne che all’epoca avevano tra i 30 e 40 anni. Più vigna che cantina, due anni in legno, nuovo per il 20 percento.
La prima bottiglia eccezionale, così come la terza. Ovvero questa.
Colore giallo intenso luminoso con ampio e finissimo corredo olfattivo.
Con reminiscenze di narcisi, Mango, cedro, pinoli, orzata. A margine dei sentori principali un filo di burro salato, vino dal bouquet possente, inebriante anche e soprattutto dopo l’arieggiamento.
Il Sorso è frontale, freschissimo, dalla direzione precisa. Col tempo diventa un vino ricco, lussureggiante, profondo, stratificando il sapore su una moltitudine di livelli e con Qualità di gusto e presenza in bocca straordinarie restando sempre agile.
Un florido bianco quattordicenne che ci racconta una moltitudine di cose su quanto può invecchiare, e su quanto virtuosamente possa farlo, il vino e sulle cause della sua talvolta prematura dipartita. Cause da non ricercare nella “sfortuna”.
Mersault “Les Narvaux” 2010 – Domaine Remi Jobard
Not a drink like any other. First of all there were three bottles. The first two for a meeting with friends in which the first was exceptional and the second, unfortunately with a poorly performing cork, decidedly oxidized and with all the signs of premature aging. Second, the name Remi Jobard is associated with unanimous words of enthusiasm and appreciation. It’s the first time for me.
For this Mersault, obviously, Chardonnay from vines that were between 30 and 40 years old at the time. More vineyard than cellar, two years in wood, 20 percent new.
The first bottle was exceptional, as was the third. Or this one.
Bright intense yellow color with a broad and very fine olfactory profile.
With reminiscences of daffodils, mango, cedar, pine nuts, orgeat. Alongside the main aromas, a drizzle of salted butter, a wine with a powerful bouquet, inebriating even and above all after aeration.
The Sorso is frontal, very fresh, with a precise direction. Over time it becomes a rich, lush, deep wine, stratifying the flavor on a multitude of levels and with extraordinary quality of taste and presence in the mouth while always remaining agile.
A thriving fourteen-year-old white wine who tells us a multitude of things about how much wine can age, and how virtuously it can do so, and about the causes of its sometimes premature demise. Causes not to be found in “bad luck”.