Fabien Duperray è un ex négociant di vini pregiati. Jules Chauvet era uno dei più eminenti studiosi francesi della vinificazione e sostenitore del vino naturale. A lui il primo dedica la sua azienda allora che decide di acquisire dei terreni tra il Mâconnais e Beaujolais. Niente tecnologia, molta attenzione.
È un vino che sa decisamente di Mâcon. Di Chardonnay di Mâcon. Vinificazione e affinamento in acciaio.
Colore concentrato, reminiscenze di orzo, mango e menta in prima battuta. Seguono note speziate e infine gessose e citrine. Sa farsi apprezzare.
Al palato è lussureggiante, strutturato, ricco di suggestioni e sapori. L’acidità ben diffusa e ha buona Tenuta per un’esperienza di gusto molto piacevole e convincente ad un prezzo, tipico degli Chardonnay del Mâcon, molto conveniente.
Domaine Jules Desjourneys – Mâcon-Fuissé Bois de La Croix 2020
Fabien Duperray is a former negociant of fine wines. Jules Chauvet was one of the most eminent French scholars of winemaking and an advocate of natural wine.
Duperray dedicated his company to him when he decided to acquire land between Mâconnais and Beaujolais. No technology, lots of attention.
It is a wine that definitely tastes of Mâcon, of Chardonnay from Mâcon. Vinification and aging in steel.
Concentrated colour, reminiscences of barley, mango and mint at first sight. Followed by spicy and finally chalky and citrine notes. He knows how to be appreciated.
On the palate it is lush, structured, rich in suggestions and flavours. The acidity is well spread and has good stability for a very pleasant and convincing taste experience at a very affordable price, typical of Mâcon Chardonnays.
Fiano di Avellino Pietramara Riserva Etichetta Bianca 2019 – I Favati
Vino Eccellente nel senso proprio dell’Eccellere tra i simili per qualità, come da definizione Treccani.
Selezione in vigna, vendemmia tardiva, vinificazione in acciaio e a seguire maturazione sulle fecce fino alla primavera successiva. Un altro anno di affinamento in bottiglia.
Vino di colore chiarissimo, quasi diafano (non è stato semplice testimoniarne il colore in foto con la luce artificiale), e dal bel bouquet dove si riconoscono i sentori di pino, di cedro, di pesca bianca e più tenui richiami di vegetale aromatico in un crescendo di intensità senza mai cedere in precisione.
Vino che ha grande forza. Trama spessa, rugosa, freschezza incisiva e un’anima sapido/salina irresistibile che anima il sorso per un tempo molto lungo. Il tutto con una precisione di tratto e un equilibrio non comuni.
Fiano di Avellino Pietramara Riserva Etichetta Bianca 2019 – I Favati
Excellent wine in the true sense of excelling among similar ones in quality, as defined by Treccani. Selection in the vineyard, late harvest, vinification in steel and then maturation on the lees until the following spring. Another year of aging in the bottle.
A wine with a very light color, almost diaphanous (it was not easy to witness the color in photos with artificial light), and a beautiful bouquet where you can recognize the hints of pine, cedar, white peach and more subtle hints of aromatic vegetal in a crescendo of intensity without ever giving up in precision.
A wine that has great strength. Thick, wrinkled texture, incisive freshness and an irresistible savory/saline soul that animates the sip for a very long time. All with an uncommon precision of stroke and balance.
Mi consento di usare uno slogan da campagna elettorale malriuscita solo perché in effetti la manifestazione ha questo nome.
L’ALTRA TOSCANA È POSSIBILE
L’altra toscana
Un’altra Toscana è possibile, anzi c’è. E si raduna al Palazzo degli Affari di Firenze per una anteprima voluminosa. 13 denominazioni presentano le nuove etichette, tra bianchi e rossi svariate centinaia di proposte. Non so perché mi aspettavo di trovare anche il Morellino di Scansano, ma non c’era e ci son rimasto male e poi mi sono rinvenuto ed è riemerso il ricordo, nel tourbillon delle Anteprime Toscane, dell’evento congiunto col Consorzio del Chianti.
Sarà per la prossima volta…
Presenti invece Maremma Toscana, Montecucco e Montecucco Sangiovese, Cortona, Chianti Rufina, Terre di Casole, Suvereto, Val di Cornia e Rosso della Val di Cornia, Carmignano, Barco Reale di Carmignano e Vin Santo di Carmignano e IGT Toscana.
Una manifestazione che ritengo importante per offrire la giusta visibilità e il giusto riconoscimento a territori dove si lavora da tantissimo tempo, ad esempio Rufina e Carmignano, così come quelli in cui l’impegno è cominciato in tempi più recenti, ma senza difettare di entusiasmo e competenza.
Manifestazione peraltro organizzata molto bene. Spazi luminosi, servizio pronto grazie alla Dinamica Sommelierie messa in scena dall’AIS e ci tengo a precisare, perché non è cosa da poco, che nemmeno una goccia di vino è stata versata sulla mia parte di tavolo. Complimenti!
Passiamo agli assaggi.
Salto i bianchi e decido di concentrarmi sul Sangiovese.
Sangiovese
Chianti Rufina
Parto dal Chianti Rufina con una selezione, assaggiare tutto è impossibile, di bottiglie dell’annata 2021 di Terraelectae il progetto di promozione delle eccellenze assolute del territorio.
Inizio davvero scoppiettante. L’annata probabilmente agevola, ma i campioni da me assaggiati sono, nella loro peculiare interpretazione, quasi tutti di alto livello.
Sono tutti Chianti Rufina Riserva. In ordine di assaggio:
Vigna Colonneto di Villa Travignoli
Mi ricorda per stile e profondità certi Bucerchiale bevuti in passato. Balsamico, terroso, secco e poco indulgente, tannino molto compatto, potrei definirlo anche “divisivo”, ma in senso ovviamente elogiativo.
Vigneto Quona de I Veroni
Bello. Abbondano l’agrume, il frutto rosso, le spezie, fluente, pieno di gusto, equilibrato. Socialdemocratico…
Vigna Poggio Diamante Tenuta Bossi
Lo trovo leggermente sovramaturo in principio, poi si arrichisce con l’arieggiamento e sviluppa ricordi di lavanda. Sorso equilibrato, in finale apre assai, il meno energico di tutti i campioni.
Vigna Montesodi di Frescobaldi
Finezza. Molta finezza e precisione di tratto. Marasca, Mandarino, Mentolato/balsamico, arioso, note di sottobosco appena accennate. Palato tutto in tiro, calibratissimo seppur giovane.
Vigna Montefiesole di Grignano
Eleganza, rigore e fedeltà alla tipologia. Giovane, non propriamente approcciabile da subito.
Vigna Le Rogaie di Colognole
Il più chiaro e tannico. Ricordi delicati di piccoli frutti rossi, dopo la prima fase di chiusura si apre. Vino asciutto nella forma,
Vigneto Erchi di Selvapiana
Vino ampio, dalla fruttuosità mostruosa, speziato, terroso, sanguigno.
Sorso largo, avvolgente. Tannino di carattere, caldo. Appena troppo caldo.
Vigneto Lastricato di Castello del Trebbio
Ricordi di frutto maturo e scorza di arancio, note balsamiche.
Vino molto tattile che cerca la distensione, ma credo ci vorrà un po’.
Vigna alla Stele di Frascole
Il meno aperto sulle prime, ma poi si assesta su una discreta fragranza. Luminoso, con sentori di melograno, erbe aromatiche, la struttura appare minuta, ma non difetta di forza espressiva e profondità.
Sinceramente vorrei portare tutti i nove campioni a casa.
Montecucco Sangiovese
Dal Chianti Rufina mi sposto, in realtà resto seduto al tavolo, verso il Montecucco Sangiovese. 11 campioni per cercare qualche conferma delle buone sensazioni avute lo scorso anno.
La Fonte 2021 di Tenuta Pianirossi
Bouquet originale con Resina di Pino, spezie, mora di gelso. Sorso morbidino, accomodante, non brilla per dinamicità. Piacevole.
Istrico 2021 di Villa Patrizia
Si sviluppa su toni cupi, terrosi. Fruttato, molto fisico, ha tannini quadrati, certo da rivalutare tra un po’.
Montenero 2020 di Montenero Winery
Colore chiantigianeggiante, molto mentolato, ribes, erbe aromatiche. Asciutto, ben disteso, tannino divertente, ampiamente godibile.
Campinuovi 2020 di Campinuovi
Un po’ acerbo, sia al naso, sia al palato. Ha un impatto molto tattile, ma poi tende a sparire.
Podere Montale 2019 di Podere Montale
Cassis e Pepe. Molto concentrato, voluminoso, ma in bocca alla fine trova una sua definizione.
Tribulo 2019 di Poggio Stenti
Chiarissimo, scorrevole, agile, tende al CLASSICO. Marasca ed essenze orientali.
Lavico 2018 di Amiata Vini del Vulcano
Quasi violetto. Ciliegia, resine, chiodo di garofano. Ha discreta freschezza, semplice il sorso.
Parmoleto 2019 di Parmoleto
Vino interlocutorio, probabilmente in una fase di poca “comunicatività”.
Vigna Allegra Riserva 2019 di La Banditaccia
Floreale, il più floreale dei campioni. Sapido, netto ed austero. Buono.
Viandante 2018 di Tenuta L’Impostino
Ciliegie ed eucalipto più sentori boisee. Pronunciati.
Coerentemente molto frutto, balsamico, caldo con tendenza all’amaro e all’astringenza.
Poggio Lombrone 2018 di Collemassari
Il colore attira, ma poi è burroso e breve.
Suvereto Sangiovese
Ce ne sono tre e li assaggio tutti e tre, ma mi pento.
Buca di Cleonte 2021 di Petricci e Del Pianta
Molto boisee, tannini molto piccanti, il meno Sangiovese di tutti i Sangiovese assaggiati.
Ciparisso 2020 de La Fralluca
Vino un po’ “verde”, ha un bouquet non banale, ma alla fine resta il ricordo della “paralisi facciale”.
Sangiovese 2019 di Gualdo del Re
Maturo e molto speziato, scuro, terroso, ha volume, ma risulta evanescente al gusto.
Val di Cornia Sangiovese
Uno solo, ma sorprendente.
Montepitti 2022 di Rigoli
Dal colore traslucido, è floreale, ricorda poi il chinotto e le carrube, la fragolina selvatica, fresco e invitante, tannico quanto basta, semplice, diretto, ma non scontato.
Fine primo tempo
Dopo questa carrellata di Sangiovese opto per una sestina di peso correndo il rischio che mi inneschi la voglia di PERONI e/o AGENO (si scherza…)
Chiamo dunque i Supertuscan
Apice 2021 di Amerighi | Syrah
Ma che bel vino!
Viola di colore, speziato (ovvio), ma anche pieno di frutto fresco. Vino vibrante. Col tempo si arricchisce di ricordi di gladiolo e incenso. La beva è semplice, nobilmente semplice.
Giusto di NOTRI 2022 di Tua Rita | CS80 ME10 CF10
Esplosione di Cassis e Doga del letto a castello. Si può pure pensare che in circa venti anni il legno sarà “integrato”, ma a me, nella migliore delle ipotesi, tra vent’anni il dottore avrà ingiunto di non bere. Nella peggiore sarò morto.
A parte gli scherzi questo non è un vino che si può giudicare adesso. E a mio avviso nemmeno bere. C’è tanto, troppo di tutto.
Ghiaie della Furba 2021 di Capezzana | CS50 ME25 SY25
Vino che ha bisogno di aria. Chiuso al naso, forse non è il suo momento. Ci vuole un po’ per cominciare a sentire del profumo di terra secca e a seguire più tenui rimandi di frutto scuro e spezie. In bocca al momento ha troppa presa. Da riassaggiare.
Quercegobbe 2022 di Petra | Merlot
Cenere, mirtillo, vaniglia.
Rotondo, ma ha una sua bevibilità. Non trascendentale.
Montechiari 2021 di Montechiari | SN ME CS CF
Sarà forse l’annata e il MESCOLONE (affettuosamente), ma sugli altri spicca.
Pepe e frutti di bosco, ma anche sanguigno, resine, arancia.
Il sorso funziona, certo ha volume e non è verticale, ma ha un lungo finale ben concertato.
Oreno 2022 di Tenuta Sette Ponti | CS ME PV
Possente e ruffiano. Vagamente zuccherino, volendo lo si può bere adesso, ad esempio con il Dolceforte, ma probabilmente anche poi.
Credevo di averne abbastanza, ma a quanto pare bere seduti in silenzio aiuta a sputare praticamente tutto, e invece di 6 Peroni chiamo altri 6 vinoni ché c’ho preso gusto.
ALTRI SUPERTUSCAN
Siepi 2022 di Castello di Fonterutoli | SAN ME
Giovane, ma volendo si può bere. Timido al naso, ma il suo punto forte è il sorso. Sapido e decisamente lungo nonostante una trama tannica fitta. E soprassedendo su quell’alcool un poco brado…
Ripa delle More 2022 di Tenuta Vicchiomaggio SAN CS ME
Vino un po’ verde, con sentori vegetali in primo piano. Non è il suo momento.
Cercatoja 2021 di Buonamico SAN SY CS
Humus, sentori ematici, di agrume e di spezie. Molto ordinato. Anche il sorso è lineare e scorrevole, pur come può essere scorrevole un vino di questo calibro. Finisce molto largo.
Modus Primo 2021 di Ruffino ME SAN CS
Sovramaturo ed etereo, possente e caldo, ma anche un po’ enigmatico nella sua identità così poco delineata. Io non riuscirei a trovargli una collocazione in alcun contesto.
PerPiero 2020 di Tenuta Moraia SAN CS CF
Cassis, spezie dolci, vegetale aromatico. Di forma netta. Secco, con tannini sviluppati, davvero ben definito. In questo caso sarei curioso di riprovare, subito o tra un po’.
Avvoltore 2019 di Morisfarms SAN CS SY
Tra questi Supertoscani e’ quello col bouquet più complesso. Cenere, eucalipto, noce moscata e a seguire il frutto scuro.
Il sorso è un po’ duro, non durissimo e il vino si potrebbe agevolmente bere, al momento nonostante i 6 anni passati dalla vendemmia, ma innesca un bel pensiero su qualcosa che potrebbe succedere.
Su questa speranza generata da Avvoltore chiudo il quaderno e me ne torno pian pianino al treno come si conviene all’omo intelligente che “quando piove porta l’ombrello”.
Versare il vinoDue accessori fondamentaliSommelier Dinamici
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Da vigna su terreno argillloso nel comune di Montefreddane. “Vinificazione semplice, ma prolungata nel tempo” si può leggere sul sito aziendale. 12 mesi sulle fecce, 12 mesi in bottiglia.
Ne avevo stappata un’altra nei mesi estivi, ma con scarsa soddisfazione principalmente per una prematura ossidazione.
Vino sostanzioso dal colore concentrato e dal bouquet esteso che presenta reminiscenze agrumate di limone tagliato, gelsomino, pesca bianca, mentuccia e marzapane. Le fragranze non mancano e non mancano di brio.
In bocca mostra una certa densità e sviluppa calore, ma non t’invischia perché ha anche una componente acida e salina di tutto rispetto e profondità di gusto.
Rispetto alla prima bottiglia non c’è paragone. Buon bianco forse un po’ troppo strutturato da bere adesso.
Fiano di Avellino 2018 Alimata – Villa Raiano
From vineyard on clayey soil in the municipality of Montefreddane. “Simple winemaking, but prolonged over time” can be read on the company website. 12 months on the lees, 12 months in the bottle.
I had uncorked another one in the summer months, but with little satisfaction mainly due to premature oxidation.
Substantial wine with a concentrated color and an extensive bouquet that presents citrus reminiscences of cut lemon, jasmine, white peach, mint and marzipan. There is no shortage of fragrances and no shortage of panache.
In the mouth it shows a certain density and develops heat, but it doesn’t entangle you because it also has a respectable acid and saline component and depth of taste. Compared to the first bottle there is no comparison. Good white wine perhaps a little too structured to drink now.
Slow Wine Fair 2025: un evento imperdibile per gli amanti del vino sostenibile
Una delegazione de L’Enonauta è pronta a raggiungere Bologna per la quarta edizione della Slow Wine Fair, la fiera internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto, che si terrà a BolognaFiere dal 23 al 25 febbraio 2025. L’evento rappresenta un appuntamento imperdibile per appassionati, professionisti del settore e produttori vinicoli che condividono l’impegno per un’agricoltura sostenibile e rispettosa dell’ambiente.
La Slow Wine Fair si distingue per la sua attenzione alla qualità e alla sostenibilità dei vini presentati, selezionati secondo i principi di Slow Food, l’associazione internazionale che promuove un’alimentazione buona, pulita e giusta. La fiera offre un’occasione unica per degustare vini di alta qualità, conoscere da vicino i produttori e scoprire le ultime tendenze del settore.
È importante sottolineare che l’edizione 2025 della Slow Wine Fair si concentrerà su un tema cruciale per il futuro del settore vinicolo: la sostenibilità lungo tutta la filiera.
Dopo aver esplorato temi come la crisi climatica e la fertilità del suolo nelle edizioni precedenti, quest’anno l’attenzione si sposterà sull’impatto ambientale del vino a 360 gradi, dalla vigna alla bottiglia.
Cosa significa questo?
Packaging: si discuterà dell’importanza di ridurre l’impronta ecologica degli imballaggi, privilegiando materiali riciclabili e leggeri.
Logistica: verranno analizzate le diverse modalità di trasporto e stoccaggio del vino, con l’obiettivo di minimizzare le emissioni di CO2.
Certificazioni: un focus sulle certificazioni vinicole, per aiutare i consumatori a riconoscere i vini prodotti in modo sostenibile.
La Slow Wine Fair 2025 sarà quindi un’occasione unica per produttori, esperti e appassionati per confrontarsi su queste tematiche, condividere buone pratiche e trovare soluzioni innovative per un futuro del vino più sostenibile.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Roero Riserva 2020 La Val dei Preti – Matteo Correggia
Roero Riserva di una delle migliori aziende del Roero ottenuto ovviamente dal Nebbiolo coltivato sulla vigna da cui il nome, vigna prevalentemente sabbiosa.
Macerazione di quindici giorni e a seguire invecchiamento per 15 mesi in botti da 30 hl e legni piccoli usati.
Nel bicchiere c’è un vino molto luminoso, granato di media fittezza, con fini ricordi prevalentemente fruttati come il corbezzolo e la prugna e di contorno la foglia thè nero, l’eucalipto e più tenui sentori speziati e di humus. Non è un campione di esplosività, ma si apre con costanza fino ad essere un vino fragrante.
Il sorso risulta avvincente. Calibrato in ingresso, sviluppa calore, spessore, sapidità in crescendo, agevolato nell’allungo dall’acidità che è copiosa e diffusa così come dal tannino maturo di grana molto fine. Finisce aperto, lungo, godibile, equilibrato.
La ragione della sua riuscita a mio avviso sta in questo misurato crescendo.
Costo 24 euro in enoteca. Giusto.
Roero Riserva 2020 La Val dei Preti – Matteo Correggia
Roero Riserva from one of the best companies in Roero obviously obtained from Nebbiolo grown on the vineyard from which it gets its name, a predominantly sandy vineyard.
Maceration for fifteen days and then aging for 15 months in 30 hl barrels and small used woods.
In the glass there is a very bright wine, medium-density garnet, with fine predominantly fruity memories such as strawberry tree and plum and on the side black tea leaf, eucalyptus and more subtle spicy and humus hints. It is not a champion of explosiveness, but it opens up consistently until it becomes a fragrant wine.
The sip is compelling. Calibrated at the entrance, it develops heat, thickness, flavor in crescendo, aided in the extension by the acidity that is copious and widespread as well as by the mature tannin of very fine grain. It ends open, long, enjoyable, balanced.
The reason for its success in my opinion is in this measured crescendo.
Appuntamento imperdibile (Vini Migranti) per noi Enonauti Toscani. Si è svolta presso i locali della Manifattura Tabacchi di Firenze ed era la quinta edizione di questo festival. La manifestazione punta a non essere solo un mero mercato del vino ma a creare nuove connessioni tra produttori e utenti, raccontando e spargendo semi di diversità, storie di integrazione e di sostenibilità. Il prodotto vino visto come messaggero di una cultura del saper fare e del saper stare insieme. Oltre novanta produttori si sono trovati vicini permettendoci così di passare da un Assirtiko di Creta a un Merlot bordolese. Dalla Sicilia al Trentino passando ovviamente per tanta Toscana. Dopo tante parole passiamo ai fatti liquidi. In ordine di degustazione ho assaggiato:
ASSAGGI VINI MIGRANTI 2025
1 – Champagne Legretes et fils
2 – Clotilde Legrand Loira
3 – Domaine de Cocagne Loira
4/5 – Damien Guadagnolo dalla Jura
6 – Barnanacoli da Salina
7 – Francesca Castaldi Alto Piemonte
8 – Tikal Narural Argentina
9 – Mersel dal Libano
10 – Salvetta Alto Adige
11 – Jure Stekar e Vigna Leban dalla Slovenia
12 – Chateau Fourton La Garenne da Entre deux meres Bordeaux
13 – Paterianaki da Creta
14 – Volcanalia Veneto
15 – La Ricolla Genova
16 – Marta Valpiani Romagna
17 – Le due Terre dal Friuli
18 – Iuli e Crealto dal Piemonte
Questa mia selezione era chiaramente ideata per non bere la solita Toscana cercando di assaggiare tutto l’estero alla ricerca di novità. I vini che più mi hanno colpito in senso buono sono stati sicuramente quelli di Bordeaux. Di impatto e potenza ma eleganti, con un prezzo fiera da 20 euro imbattibile. Dal produttore di Jura ho trovato il Trousseau molto intrigante ma solo quello… Di Iuli e Crealto il Baratuciat, sarà perché fa figo come nome da usare e scrivere, ma di sicuro lo riberrei volentieri. La Nosiola di Salvetta con qualche anno sulle spalle è un ottimo prodotto come il loro Vino Santo. Come dicevo prima ho escluso tanti amici/produttori ma come si fa a bere tutto??? Sarà capitato a tutti di dirsi: “oggi solo novità” e poi trovarsi ovviamente davanti a Cuna o Amerighi. Invece sguardo ben dritto sull’agenda con i produttori da provare e via verso il domani!
Nota a margine per il capitolo orange wine, o macerati che dir si voglia: Stekar, specialmente con la linea Filip, veramente di carattere e poi Volcanalia con il Patapum e il Battibaleno due macerati a base garganega che sicuramente finiranno su happyorange.wine
A presto cari Enonauti. Ci vedremo presto a Montepulciano per l’anteprima.
Comprai questa bottiglia a Fornovo (Vini di Vignaioli) dopo che l’assaggio al banco di Rocco di Carpeneto mi lasciò una buona impressione.
È un dolcetto dell’alto Monferrato Ovadese, senza denominazione. Attitudine fortemente artigianale quindi lieviti “selvaggi”, come si può leggere sul sito, lunga macerazione e invecchiamento in legni esausti per 15 mesi.
Vino che attraversa più fasi dopo l’apertura. La prima, appena dopo l’apertura, non proprio rassicurante e dominata dal sentore di smalto/acetone. Non sono solito arrendermi e lascio la bottiglia da parte per tornare.
La seconda, più rincuorante, riporta alla giornata di Fornovo con un Dolcetto dal colore scuro e con ricordi floreali, di frutto nero e spezie ben amalgamati e dal sorso rustico, ruvido, pieno, energico.
Purtroppo la terza fase porta con sé un prepotente ritorno del Brett in fase retrolfattiva a caratterizzare l’esperienza negativamente. Negativamente per me che scrivo, ma sicuramente non per altri. Per me gli elementi di narrazione aventi a che fare col modus operandi, la naturalità et similia purtroppo non riescono a depotenziare l’impatto di certe caratteristiche sul giudizio finale sulla qualità di un vino.
Chi invece le tenesse in considerazione, e condideri magari il Brett una “coloritura”, potrà apprezzare questo vino anche grandemente.
ECCOPINÒ 2025 – il manifesto di una comunità variegata
un manifesto di intenti, non di stile
Chi fosse andato lunedì 13 gennaio a Scarperia, ma anche un po’ a San Piero a Sieve, allo Spazio Brizzolari per ECCOPINÒ 2025 con la speranza di incontrare la dimostrazione dell’esistenza di una linea stilistica chiara che unifichi i Pinot Neri appenninici con un tratto netto, montano, appenninico per l’appunto, sarebbe rimasto sicuramente deluso. Chi fosse andato cercando la scabrezza, l’asciuttezza delle forme, la sottrazione come si va cercando sul decantato Etna, derivate dall’altitudine o da ciò che viene nominato col consunto termine terroir, non l’avrebbe trovata. Se esiste un’anima precisa in ciò che comunemente chiamiamo territorio, io ad esempio non lo penso, essa dovrebbe essere principalmente agevolata, aiutata a manifestarsi. Io trovo che si manifesti di rado e non solo grazie al territorio, ma principalmente grazie alla condivisione di certe pratiche di base del fare vino in strettissima relazione con le condizioni pedoclimatiche. In Toscana mi si è manifestata nei vini di Lamole e di Radda. Altrove quasi mai. In questo caso il territorio rappresentato si estende tra la Lunigiana dell’Azienda Casteldelpiano che si trova a Licciana Nardi sotto la Alpi Apuane fino alla Fattoria Brena che si trova invece in un angolo parecchio remoto della montagna cortonese con un piede praticamente in Umbria, passando per la Garfagnana, il medio Serchio, la valle della Sieve, il Mugello, il Casentino e magari un giorno anche dalla Montagna Pistoiese. Un arco lungo approssimativamente 200 chilometri composto da luoghi caratterizzati da specifiche climatiche, orografiche e pedologiche non paragonabili. E non si può dire che tra le 12 cantine partecipanti a questo evento si riscontri uniformità nell’approccio agronomico così come nelle metodiche di cantina.
Chi c’è andato ha però trovato la testimonianza di una comunità variegata che ambisce a essere riconosciuta come operosa, ispirata, volenterosa, sotto il segno unificante del Pinot Nero. Una comunità che ambisce a far conoscere le potenzialità del territorio e la sua vocazione per la viticoltura di qualità, espressamente per il Pinot Nero, e l’intensità del proprio impegno nella salvaguardia del territorio e nella sua promozione. Cito a memoria il senso di due interventi dall’incontro coi produttori del mattino, sperando di ricordare bene soprattutto i protagonisti, che a mio avviso spiegano bene le finalità del progetto. Michele Lorenzetti, agronomo e fondatore di Terre di Giotto a Vicchio, che ricorda come altri territori abbiano costruito la propria fama e strutturato il proprio fare in più secoli e che dunque l’esperienza dei Viticoltori dell’Appennino Toscano, cominciata o ri-cominciata una ventina di anni fa, sia ancora considerabile embrionale e aperta. A sottolineare la consapevolezza di quanto sia stato fatto e quanto ancora sia da fare per l’affermazione definitiva di questa realtà. Marco Bigioli dell’Azienda Ornina che racconta come da sue ricerche sulla presenza e l’attività umana nel territorio si possa evincere che in Casentino, come in altri luoghi dell’Appennino, l’uomo ha ceduto al bosco molto di quanto nei secoli gli aveva invece strappato col suo lavoro. Testimonianza simile ad altre da me raccolte negli anni in altre zone con un passato glorioso nella produzione di vino di qualità, spopolate di forze produttive dall’industrializzazione e dall’inurbamento e che stanno riscoprendo nel presente la loro antica vocazione. Ad esempio l’Alto Piemonte. Molto da fare dunque per questi Vignaioli determinati a lavorare e prosperare nei loro luoghi d’origine.
Chi scrive, senza fare graduatorie di merito in questo contesto che non aveva niente del competitivo, ha trovato del talento e delle capacità distribuite senza regolarità, qualche naïveté, ma anche del coraggio e della volontà. Non mancano interpreti a mio avviso più e meglio avviati nel dare forma concreta a vini espressivi e di ottima fattura che volendo potrebbero fungere da esempio e battistrada.
I complimenti da parte de L’Enonauta all’ottima organizzazione dell’evento a cura di AFFINAMENTI.
A Eccopinò 2025 erano presenti le Aziende:
Caasteldelpiano (Lunigiana), Macea (Garfagnana), Fattoria di Cortevecchia (Mugello), Tenuta Baccanella (Mugello), Terre di Giotto (Mugello), Bacco del Monte (Mugello), Il Rio (Mugello), Borgo Macereto (Mugello), Frascole (Mugello), Fattoria Il Lago (Mugello), Ornina (Casentino), Fattoria Brenta (Val tiberina).
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Riscorrendo a memoria gli assaggi passati davanti a questa bottiglia penso: “Che sia il miglior Chianti Classico annata 2020?”. Certo lo metto insieme a un altro paio tra quelli più compiuti e convincenti.
Florido e fragrante, meglio del desaparecido e premiato 2016 che assaggiai a suo tempo. C’è l’impronta tipica dell’azienda, quindi profondità e un certo ombroso temperamento, ma in questo caso è declinata su toni più luminosi e gioviali.
Bel granato intenso il colore. Frutto in primo piano. Cassis, ciliegia, scorza di arancio, fruttuosità imperiosa con un contorno di ricordi speziati di cannella, carnosi, di humus, di eucalipto. Intensità e nitore eccezionali che rendono le fragranze percepibili a distanza.
Vino trascinante, pieno di energia e gusto che tornano con ritmo costante tracciando un percorso netto e lungo. Acidità vivace, mai sopra le righe, sempre organica all’esperienza nel suo complesso. Pur portando in dote 14,5 gradi e non lesinando affatto in concentrazione è un vino che si beve agilmente e che finisce quasi per sembrare leggiadro. I tannini emergono da questa grande onda di gusto perfetti per forma e forza.
Vino eccellente in relazione alla tipologia, ed eccellente anche in senso generale.
Chianti Classico 2020 – Fattoria San Giusto in Rentennano
Sangiovese with a small part of Canaiolo. 11 months of aging in barrels, tonneaus and barriques at the end of a favorable harvest.
From Gaiole in Chianti.
Going through the tastings of this bottle by heart, I think: “Is this the best Chianti Classico of the 2020 vintage?”. Of course I put it together with a couple of other more accomplished and convincing ones.
Florid and fragrant, better than the desaparecido and award-winning 2016 that I tasted at the time. There is the typical imprint of the company, therefore depth and a certain shady temperament, but in this case it is expressed in brighter and more jovial tones.
Nice intense garnet color. Fruit in the foreground. Cassis, cherry, orange peel, imperious fruitiness with a side of spicy memories of cinnamon, fleshy, humus, eucalyptus. Exceptional intensity and clarity that make the fragrances perceivable from a distance.
An enthralling wine, full of energy and taste that return with a constant rhythm, tracing a clear and long path. Lively acidity, never over the top, always organic to the experience as a whole. Despite bringing 14.5 degrees and not skimping on concentration at all, it is a wine that can be drunk easily and which almost ends up seeming graceful. The tannins emerge from this great wave of taste, perfect in shape and strength.
Excellent wine in relation to the type, and also excellent in a general sense.