Ciò che un tempo fu probabilmente un vino potente e austero è oggi un vino ottimamente evoluto, caratterizzato da determinata gentilezza. E potrebbe essere portato ad esempio delle potenzialità di un vino adatto all’invecchiamento. Il Lazzairasco di Guido Porro da Serralunga, fuoriclasse indiscusso del Nebbiolo, è un Barolo fortemente tradizionale. A 17 anni dalla vendemmia è un vino di colore chiaro luminoso che si dispiega con estrema precisione al palato e nitore al naso dove prevalgono i ricordi fruttati di Melograno maturo, agrumati di scorza di chinotto, e poi sentori di timo, genziana, cuoio, the nero, a tratti etereo. Vino potente, caldo, il cui filo conduttore sono l’integrità e la qualità del ritorno fruttato nel centrobocca, il suo prolungarsi lineare, definito ed equilibrato, con un tannino adesso disegnato e giusta freschezza, senza flessioni. In coda tornano anche l’agrume e le radici aromatiche.
Vino che avrebbe ancora del tempo a sua disposizione, ma adesso forse al culmine della sua evoluzione positiva.
Barolo Lazzairasco 2006 – Guido Porro
What was once probably a powerful and austere wine is today an excellently evolved wine, characterized by determined kindness. And it could be given as an example of the potential of a wine suitable for aging. Guido Porro da Serralunga’s Lazzairasco, the undisputed champion of Nebbiolo, is a highly traditional Barolo. 17 years after the harvest, it is a wine with a bright light color that unfolds with extreme precision on the palate and clarity on the nose where the fruity notes of ripe pomegranate, citrus notes of chinotto peel, and then hints of thyme, gentian, leather, tea prevail. black, at times ethereal. Powerful, warm wine, whose common thread is the integrity and quality of the fruity return in the mid-mouth, its linear, defined and balanced extension, with a well-defined tannin and the right freshness, without inflections. Citrus fruits and aromatic roots also return at the end.
A wine that still has some time at its disposal, but now perhaps at the peak of its positive evolution.
Vino rosato prodotto da Salvo Foti con vitigni bianchi e rossi vinificati assieme (Granache, Minnella Nera, Grecanico, Minnella Bianca e altri vitigni) e coltivati sopra i mille metri, forse nella vigna più alta d’Europa, sul versante Nord-Ovest dell’Etna. Con attitudine “naturale”.
Uno dei vini più peculiari che abbia mai provato. Principalmente per mancanza di un repertorio per un confronto possibile.
Colore brillantissimo e invitante, tra la buccia della cipolla ramata e il rosa chiaretto, profumi intensi di susina rossa selvatica, ribes, caramella rossana, agrumi misti, gesso, bitter (erbe aromatiche), pane fresco per un impatto generale che potrebbe far pensare a uno spumante.
Sorso snello, caratterizzato da acidità vivace, cospicua, sapidità, forza espressiva, dal tenore alcolico misurato e grande PAI, la famosa persistenza aromatica intensa del manuale del Sommelier che in questo caso rende benissimo le sensazioni generate da questo vino e che lo rende ottimo compagno a tavola anche con pietanze di difficile abbinamento come i Nachos con il Guacamole per un aperitivo davvero unico.
Vinudilice 2020 – I Vigneri
Rosé wine produced by Salvo Foti with white and red vines vinified together (Granache, Minnella Nera, Grecanico, Minnella Bianca and other vines) and grown above a thousand metres, perhaps in the highest vineyard in Europe, on the North-West side of the Etna. With a “natural” attitude.
One of the most peculiar wines I have ever tried. Mainly due to lack of a repertoire for a possible comparison.
Very bright and inviting colour, between the coppery onion skin and the claret pink, intense aromas of wild red plum, currant, redcurrant, mixed citrus fruits, chalk, caramella rossana, bitters (aromatic herbs), fresh bread for a general impact that could make you think of a sparkling wine.
Slender sip, characterized by lively, conspicuous acidity, flavor, expressive strength, with a measured alcohol content and large PAI, the famous intense aromatic persistence of the Sommelier’s manual which in this case perfectly conveys the sensations generated by this wine and which makes it an excellent companion at the table even with difficult-to-match dishes such as Nachos with Guacamole for a truly unique aperitif.
I vini di Flavio Roddolo, il Ronin del Bricco Appiani, finiscono per essere sempre sorprendenti e questo Nebbiolo non fa eccezione e se confrontato col 2010, ultimo da me bevuto e che era un campione di austerità, risulta essere un vino più caldo e denso e meno rigoroso del solito. Più pronto, anzi pronto adesso.
Colore rosso granato scuro, all’apertura asfalto bagnato, poi marasca sotto spirito, tamarindo, foglia di the, rosmarino e poi la cifra dei vini di Flavio Roddolo ovvero questa nota sanguigno/ferrosa che spesso si riscontra nei suoi vini. Non manca certo di aromi e dà qualche segnale di un iniziale avviamento verso la maturazione.
Sorso piuttosto caldo e ampio, acquisisce potenza espressiva col tempo, ha un filo di pungenza con sensazioni acido/sapide in evidenza, tannini lavorati e dentro il vino, prevalenza di frutto maturo in fase retrolfattiva. A tratti mostra morbidezza. Vino pronto, tendente all’equilibrio, meno Roddoliano del solito. Il tutto orchestrato su registri cupi. Un nebbiolo crepuscolare, di grande personalità.
A chi fortunello ne detenesse delle bottiglie io consiglio l’apertura entro un paio d’anni.
Nebbiolo d’Alba 2011 – Flavio Roddolo
The wines of Flavio Roddolo, the Ronin del Bricco Appiani, always end up being surprising and this Nebbiolo is no exception and if compared with the 2010, the last one I drank and which was a champion of austerity, it turns out to be a warmer and denser wine and less rigorous than usual. Readier, actually ready now.
Dark garnet red colour, wet asphalt at the opening, then morello cherry in spirit, tamarind, tea leaf, rosemary and then the signature of Flavio Roddolo’s wines, that is this sanguine/ferrous note that is often found in his wines. It certainly does not lack aromas and gives some signs of an initial start towards maturation.
Rather warm and broad on the palate, it acquires expressive power over time, has a hint of pungency with evident acid/savory sensations, tannins worked within the wine, prevalence of ripe fruit in the retro-olfactory phase. At times it shows softness. Ready wine, tending towards balance, less Roddolian than usual. All orchestrated in dark registers. A twilight Nebbiolo, with great personality.
For anyone lucky enough to have bottles of it, I recommend opening it within a couple of years.
ELI ZAMBROTTA 2020 – Cantine Telaro – Fiano IGT Roccamonfina
Fiano coltivato nel parco di Roccamonfina sulle pendici del vulcano spento.
Un anno in acciaio. Il Colore quasi tendente al verde, profumi decisi di pesca percoca, orzo, sambuco, erba medica, agrume aromatico.
Secco e salino al palato, deciso nella sua essenzialità sviluppa una considerevole forza gustativa, con acidità misurata e prolungato ritorno finale di bergamotto e frutto fresco.
Vino ben eseguito che suggerisce chiarezza d’intenti.
Nel mio caso ha accompagnato brillantemente i Filetti di Ombrina in padella con cannellini e crema di peperoni in guscio di verza. Ed è sostanzialmente con piatti di mare che io lo vedo accompagnarsi. E, perché no, con formaggi freschi caprini.
Prendendo spunto dall’iniziativa di un competente stappatore/comunicatore che incitava dal suo spazio Facebook i suoi omologhi a stilare una lista di vini deludenti invece di limitarsi solo a quelli piacevoli, ho compilato questa lista. Ho volutamente omesso i vini guasti, difettati e ingiudicabili ed è quindi sottinteso che i vini nell’elenco non fossero difettati. Tutte le bottiglie, tranne Baron Ugo e Turriga sono state condivise e la delusione è parsa essere unanime. Contribuisce certamente alla delusione il fatto che tutti questi vini sono preceduti dalla loro fama, dal discorso e dall’aura di mito da cui sono ammantati. Specifico che sono delusioni contestuali legate a singole esperienze e non giudizi definitivo sull’operato di nessuno e che di alcuni dei produttori in elenco sono convinto sostenitore/stappatore da anni.
Barbera Francia 2018 – Conterno – Vino Delusione Delusioni Enoiche
C’è poca Barbera. Vagamente freaky, un mix di resine, erbe aromatiche e frutto acerbo. Comunica ricerca di originalità senza successo. In una serata con altre 7 Barbere di fama sfigura nettamente.
Turriga 2012 – Argiolas
Molta polpa, ma poca vitalità. Si annuncia vigorosamente, ma si esaurisce in breve ed è lontano parente delle altre bottiglie di Turriga, giovani e vecchie, bevute nel recente passato.
Un vino criptico, incomprensibile, grosso scheletro e poco, o punto, gusto. Sentori un po’ al limite che ho riscontrato anche in altre bottiglie e che mi fanno pensare a una precisa scelta stilistica. Per me resta un sangiovese da 50 euri che nel bicchiere dà ben poca soddisfazione.
Ribolla 2013 – Gravner
Si passa dal vastissimo e bellissimo corredo aromatico a una alcolicità impressionante che offusca il sorso, lo rende difficoltoso, macchinoso. Lo neutralizza.
Vuoi per l’annata, vuoi per la fama del produttore, le aspettative c’erano. E le aspettative, specificando sempre che contribuiscono esse stesse alla formazione delle delusioni, vanno deluse. Sentori di resine, essenze aromatiche. Vino troppo acido e caldo, poco fruttuoso, corto. Anonimo.
Faro Palari 2013
Apporto di legno maldosato, vino contratto, pochissimo espressivo, al limite del mutismo.
Brunello di Montalcino 2012 – Cerbaiona
Come Turriga. Forse anche vagamente piatto e pochissimo fragrante. Rapporto prezzo soddisfazione da shock.
Jakot 2018 – Princic
Acetica senza controllo. La decisione di proporre al bevitore un vino come questo mi risulta ancora insondabile. Espressività o esagerazione? Credo che solo con atteggiamento ideologico sia possibile bere questo vino, ma non escludo di avere gusti limitati e di non essere abbastanza “inclusivo”.
Pinot Nero Ris. Trattman Mazon 2016 – Girlan
Una bomba alcolica lignea. A tratti ingombrante. Uno dei pochi 2016 malriusciti che abbia avuto la possibilità di assaggiare. Bevibilità scarsissima.
L’azienda Le Calle si trova a Cinigiano in provincia di Grosseto. Tra il Monte Amiata e il mare Tirreno. Questo Montecucco è prodotto con uve Sangiovese 90 percento e Ciliegiolo. Vino artigianale, senza invecchiamento in legno. Conservavo un buon ricordo di un bicchiere bevuto un paio d’anni addietro, trovo una bottiglia in enoteca e decido di rinfrescarlo.
Vino di colore scuro, immediato, con sentori di viola, marasca, ematico/terroso, pepe nero. Semplice e diretto. Sorso caratterizzato da robusta fruttuosità e spiccata sapidità, gioviale e appena rustico, gli si perdona quel po’ di alcol di troppo in virtù di un sorso decisamente piacevole e corposo, mai sfuggente, ben definito. Tannini possenti, ma ben scolpiti.
Se non è un campione di finezza, lo è certamente di concretezza.
Benissimo con le mezze pipe al Ragù di Manzo e Prosciutto.
Montecucco “Campo Rombolo” 2020 – Le Calle
The Le Calle company is located in Cinigiano in the province of Grosseto. Between Mount Amiata and the Tyrrhenian Sea. This Montecucco is produced with 90 percent Sangiovese and Ciliegiolo grapes. Artisanal wine, without aging in wood. I had a good memory of a glass I drank a couple of years ago, I find a bottle in a wine shop and decide to refresh it.
Dark colored wine, immediate, with hints of violet, morello cherry, blood/earthy, black pepper. Simple and direct. Sip characterized by robust fruitiness and marked flavor, jovial and slightly rustic, it is forgiven for that little bit too much alcohol by virtue of a decidedly pleasant and full-bodied sip, never elusive, well defined. Powerful but well-sculpted tannins.
If he is not a champion of finesse, he is certainly one of concreteness.
Excellent with mezze pipes with beef ragout and ham.
Enonauta/Degustazione di Vino #314 – review – Montecucco “Campo Rombolo” 2020 – Le Calle | le belle sorprese da poco più di 10 euro
Il nome de Le Masse di Lamole è apparso spesso sulle pagine de L’Enonauta (vedi qui).
Un Sangiovese di Lamole, oltre 600 metri slm, vinificato in acciaio e con invecchiamento in botti di castagno.
Un Chianti Classico/Sangiovese smagliante, di colore vivace, giovane, con profumi di agrumi, lampone e lavanda in mezzo a un onda di floreale fragrantissimo. Con qualche eco di sottobosco e spezie. Tutto qui. Nettamente, con vigoria. Un tutto qui che è assai.
Freschissimo al palato, diretto, schietto di carattere, ma equilibrato nel suo sviluppo, lineare, giustamente alcolico e tannico per un sorso tonico, ma sempre ben definito e direzionato. Retrogusto agrumato e di frutti rossi dolci, molto aperto sul finale. Vino identitario, territoriale, comprensibile e ampiamente godibile. Il consiglio di abbinarlo con la bistecca è inevitabile e altrettanto inevitabile è specificare che una bottiglia a persona è la “giusta proporzione” in questo caso.
Chianti Classico 2018 – Le Masse di Lamole
The name of Le Masse di Lamole often appeared in the pages of L’Enonauta (see here).
A Sangiovese from Lamole, over 600 meters above sea level, vinified in steel and aged in chestnut barrels.
A dazzling Chianti Classico/Sangiovese, lively in color, young, with aromas of citrus, raspberry and lavender amidst a wave of very fragrant florals. With some echoes of undergrowth and spices. That’s all. Clearly, with vigor. An all here which is a lot.
Very fresh on the palate, direct, frank in character, but balanced in its development, linear, rightly alcoholic and tannic for a tonic sip, but always well defined and directed. Citrus and sweet red fruit aftertaste, very open on the finish. Wine with identity, territorial, understandable and widely enjoyable. The advice to pair it with steak is inevitable and equally inevitable is to specify that one bottle per person is the “right proportion” in this case.
“Pole Bolgheri permettisi di pareggiare con tutti gli altri territori vocati così da poter essere considerato vocato allo stesso modo?” Prendo a prestito, parafrasandola, una famosa battuta del film “Berlinguer ti voglio bene” per introdurre le mie note su questo Bolgheri Superiore. Certi assaggi ci dicono di sì e questo è tra quelli. Assaggiato in diverse occasioni nel 2022, occasioni in cui mi sembrò sempre un vino piuttosto convincente, stappo finalmente una bottiglia a casa.
Cabernet Sauvignon per il 70 percento Cabernet Franc per il restante 30. Un anno in barrique e un anno in bottiglia. Questo si evince dalla scheda tecnica reperibile sul sito aziendale. Altrove si legge che il blend si completa con un saldo di Petit Verdot.
Veste color rubino scuro, impenetrabile, vino aperto, gioviale, profumato e non ci mette molto a presentarsi con ricordi di cassis, spezie dolci, mirto, timo fresco pestato e reminiscenze di tabacco, terrose e vagamente balsamiche.
Caldo senza mai strabordare, freschezza misurata molto larga/diffusa, buon corpo, ricchezza di gusto e tannini ben maturi per un sorso gratificante ed equilibrato dal lungo finale fruttato/balsamico.
Approcciabile e godibile fin da subito, ma non escluderei ottimi risultati anche nel tempo. Ma sicuramente consiglio a chi ne avesse comprate alcune bottiglie di stapparne una subito.
“Do Pole Bolgheri allow itself to equalize with all the other suitable territories so that it can be considered equally suited?” I borrow, paraphrasing it, a famous line from the film “Berlinguer I love you” to introduce my notes on this Bolgheri Superiore. Certain tastings tell us yes and this is among them. Tasted on several occasions in 2022, occasions on which it always seemed to me to be a rather convincing wine, I finally uncorked a bottle at home.
Cabernet Sauvignon for 70 percent Cabernet Franc for the remaining 30. One year in barrique and one year in bottle. This can be seen from the technical data sheet available on the company website. Elsewhere we read that the blend is completed with a balance of Petit Verdot.
It has a dark ruby colour, impenetrable, an open, cheerful, perfumed wine and it doesn’t take long to present itself with memories of cassis, sweet spices, myrtle, fresh crushed thyme and reminiscences of tobacco, earthy and vaguely balsamic.
Warm without ever overflowing, very broad/widespread measured freshness, good body, richness of taste and well-ripe tannins for a gratifying and balanced sip with a long fruity/balsamic finish.
Approachable and enjoyable right away, but I wouldn’t rule out excellent results over time too. But I certainly advise anyone who has bought a few bottles to uncork one immediately.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Pasqua avara, ma il dopo Pasqua si apre con questo cimelio riportato dall’ultima edizione di Viniveri a Cerea.
Fiano vinificato tradizionalmente a Calitri, alta Irpinia, quasi Basilicata.
Al banco a Cerea si rimane colpiti dalla forza e dalla precisione con cui si esprime questo vino. I cui profumi e il cui gusto ricordano quanto espresso nelle annate più recenti a sottolineare un’idea e una identità netta, ma se vogliamo con ancora più riconoscibilità.
Il colore è giallo scuro, meno tendente all’arancio di quanto appaia in foto, ed è appena velato. E non lo definirei un orange wine. Lo classificherei più come un bianco tradizionale. Non è un orange. Degli orange non ha la vena confusionaria che spesso li contraddistingue al naso e non ha quel tocco un po’ sgraziato da cui spesso, non tutti specifichiamo, vengono caratterizzati.
Sentori di nespole, elicriso secco, caramella d’orzo, datteri, col passare del tempo si concentrano aromi di purea di albicocche, cera d’api, il piretro che avevo riscontrato nel 2020 bevuto, e raccontato, da poco.
Il Sorso è secco, incisivo, piuttosto preciso nelle sue suggestioni, molto equilibrato e persistente. Dotato di una eleganza rustica e confortevole, per analogia come una bella giacca alla cacciatora di panno. Il ritorno del frutto nel centrobocca e sul finale brilla per integrità, e nel complesso è certamente un vino dalla spiccata personalità.
È uno dei pochi vini che mi sentirei di paragonare al Trebbiano di Valentini. Proprio per il fatto che al pari suo non somiglia a nessun altro vino e si somigliano in questo. Nell’essere unici e tradizionalmente fuori da ogni schema.
Nel momento in cui chiudo questa nota l’ultimo gróndo di vino e di residui sono nel bicchiere da 48 ore. Non c’è traccia di derive. Purea di albicocche, c’era d’api, vegetale aromatico. Uno stress test che mi capita talvolta di fare con quei vini che sembrano avere un bel rapporto con l’aria.
Fiano Don Chisciotte 2007 – Zampaglione
A stingy Easter, but the post-Easter period opens with this relic brought back from the latest edition of Viniveri in Cerea.
Fiano traditionally vinified in Calitri, upper Irpinia, almost Basilicata.
At the counter in Cerea you are struck by the strength and precision with which this wine is expressed. Whose aromas and taste are reminiscent of what was expressed in the most recent vintages to underline an idea and a clear identity, but if we want with even more recognisability.
Enonauta/Wine Tasting #311 – review – Fiano Don Chisciotte 2007 – Zampaglione | Fiano traditionally vinified in Calitri, upper Irpinia, almost Basilicata. The color is dark yellow, less orange than it appears in the photo, and is barely veiled. And I wouldn’t call it an orange wine. I would classify it more as a traditional white. It’s not orange. Of oranges it does not have the confusing streak that often distinguishes them on the nose and it does not have that slightly awkward touch by which they are often, not all of us specified, characterized.
Enonauta/Wine Tasting #311 – review – Fiano Don Chisciotte 2007 – Zampaglione | Fiano traditionally vinified in Calitri, upper Irpinia, almost Basilicata. Hints of medlar, dried helichrysum, barley candy, dates, as time goes by, aromas of apricot puree, beeswax, and the pyrethrum that I had recently encountered in 2020 were concentrated.
The sip is dry, incisive, rather precise in its suggestions, very balanced and persistent. Equipped with a rustic and comfortable elegance, by analogy like a beautiful cloth hunter’s jacket. The return of the fruit in the mid-mouth and on the finish shines with integrity, and overall it is certainly a wine with a strong personality.
It is one of the few wines that I would compare to Valentini’s Trebbiano. Precisely for the fact that like it it does not resemble any other wine and they are similar in this. In being unique and traditionally outside of any mold.
By the time I close this note, the last drop of wine and residue has been in the glass for 48 hours. There is no trace of drifts. Apricot puree, bee’s cabbage, aromatic vegetable. A stress test that I sometimes do with those wines that seem to have a good relationship with air.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Pasqua avara di soddisfazioni enoiche e allora recupero questa bevuta consumata appena prima della festa e che mi ha lasciato un bel ricordo.
SoaveTripla A che muove opinioni anche molto diverse e che da un po’ volevo provare. Trovo un 2019 online e non me lo lascio scappare.
Garganega da vigne su suoli vulcanici. Fermentazione spontanea e sosta sulle fecce in acciaio.
Colore bello, giallo intenso, brillante, ha un bel corredo aromatico che spazia dal narciso alla noce di macadamia, dalla drupa matura al miele millefiori, fino a ricordi vegetali aromatici e speziati. Al palato dà il meglio. Sorso gustoso (si potrà dire?) dinamico, sapido, strutturato con acidità appena pungente e una trama spessa. Il ritorno del frutto è ingente, così come di suggestioni legate al miele, alla scorza di cedro. Bottiglia dalla piacevolezza di beva impressionante che si svuota a velocità record.
Easter is stingy with wine satisfaction and so I recover this drink consumed just before the party and which left me with a beautiful memory.
Soave Triple A which raises very different opinions and which I have wanted to try for a while. I find a 2019 online and I don’t let it slip away.
Garganega from vineyards on volcanic soils. Spontaneous fermentation and rest on the lees in steel.
Beautiful colour, intense, brilliant yellow, it has a beautiful aromatic complement that ranges from narcissus to macadamia nut, from ripe drupe to wildflower honey, up to aromatic and spicy vegetal memories. It gives its best on the palate. Tasty sip (can we say?) dynamic, savory, structured with slightly pungent acidity and a thick texture. The return of the fruit is huge, as well as suggestions linked to honey and cedar peel. Bottle with impressive drinking pleasure that empties at record speed.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.