Giorno Domenica 3 luglio 2022. Altissima temperatura. Il refrigerio appare impossibile, il suo pensiero assume i contorni di un miraggio, le fattezze di qualcosa di perduto irrimediabilmente. L’unica via è la fuga nel bosco con la borsa frigo.
Ed e lì nel bosco della Macchia Antonini (PT) che stappiamo questo Lugana dell’Azienda Cobue di Pozzolengo (BS) accompagnandolo mirabilmente a un piatto freddo con tonno, uovo sodo, maionese e pomodoro costoluto.
Le foto fatte in casa sono di un’altra occasione, ma il vino è lo stesso.
Da uve Turbiana selezionate e provenienti da un singolo vigneto in Pozzolengo. Affinamento in acciaio e sosta sui lieviti per 6 mesi.
Vino concreto e al tempo stesso fine. Colore intenso. Profumi che vanno dal fiore della passiflora e del sambuco al cedro, alla papaya, ricordi speziati e vegetali.
Vino dall’acidità fasciante, di buon corpo, caldo, stratificato, a tratti salino. Gusto pieno e buon finale centrato sull’agrume e il frutto tropical.
Enonauta/Degustazione di Vino #233 – review – Lugana Camp8 2019 – Cobue | Vino concreto e al tempo stesso fine
Lugana Camp8 2019 – Cobue
Day Sunday 3 July 2022. Very high temperature. Refreshment seems impossible, the thought of him takes on the contours of a mirage, the features of something irremediably lost. The only way is to escape into the woods with the cooler.
And it is there in the Macchia Antonini woods (PT) that we uncork this Lugana from the Cobue company of Pozzolengo (BS), admirably accompanying it with a cold dish with tuna, hard-boiled egg, mayonnaise and ribbed tomato.
The homemade photos are from another occasion, but the wine is the same.
From selected Turbiana grapes coming from a single vineyard in Pozzolengo. Refinement in steel and rest on the yeasts for 6 months.
A concrete and at the same time fine wine. Intense color. Perfumes ranging from passion flower and elderberry to cedar, papaya, spicy and vegetal memories.
Wine with enveloping acidity, good body, warm, stratified, at times saline. Full flavor and good finish centered on citrus and tropical fruit.
Albana e altri vitigni autoctoni della Romagna (Trebbiano e Famoso seguendo indicazioni ufficiose e non il sito dell’azienda). Breve sosta in pressa, tre mesi sui lieviti, due mesi in bottiglia. Colore giallo scuro brillante, vino piuttosto diretto, apparentemente semplice, disimpegnato. Ma non è approssimativo, per un disimpegno buttato lì alla bell’e meglio. È un disimpegno di qualità. Mette insieme sentori di pesca, ginestra, la nespola, zafferano, qualche suggestione ossidativa. Non è complesso però è schietto. In bocca è secco, cede un po’ in acidità, ma offre assai in salinità e gusto/materia, un filo di tannini per una bevuta che dà sicuramente il meglio a tavola. Nel finale si rievocano il miele di acacia, la frutta a pasta gialla. Non trascendentale, ma è un vino che può trovare una sua giusta e riuscita collocazione agilmente.
Albana e altri vitigni autoctoni della Romagna (Trebbiano e Famoso seguendo indicazioni ufficiose e non il sito dell’azienda).
Perlagioia Ancarani 2020
Ravenna Bianco IGT From Faenza – Romagna
Albana and other native Romagna vines (Trebbiano and Famoso following unofficial indications and not the company website). Brief rest in the press, three months on the lees, two months in the bottle. Brilliant dark yellow colour, rather direct, apparently simple, disengaged wine. But it is not approximate, for a disengagement thrown in at random. It’s a quality disengagement. It brings together hints of peach, broom, medlar, saffron, some oxidative suggestions. It’s not complex but it’s straightforward. In the mouth it is dry, it yields a little in acidity, but offers a lot in salinity and taste/matter, a thread of tannins for a drink that certainly gives its best at the table. The finish evokes acacia honey and yellow-fleshed fruit. Not transcendental, but it is a wine that can easily find its right and successful place.
Degustazione Barolo 2015 / Amichevole Modernisti Vs Classicisti
Per l’ultima serata di rossi prima dell’avvento del caldo, caldo che al momento di iniziare la serata era già arrivato da un po’ a dire il vero, ho scelto una selezione di Baroli dell’annata 2015 accompagnati da quattro formaggi. Annata buona, quasi top, da alcuni considerata troppo calda, poco incline per altri all’invecchiamento. Però le considerazioni non si bevono e le parole nemmeno. L’unica cosa da fare è stappare. Per l’occasione ho organizzato un confronto amichevole Modernisti contro Classicisti. Due contro due. Domenico Clerico e Marco Curto da una parte. Scarzello e Guido Porro dall’altra. E gli amici a tavola. A fine serata? La 2015, per quanto nemmeno le annate si possano stappare, valutata attraverso il filtro di queste quattro interpretazioni figlie di due filosofie produttive diverse appare davvero una bella annata. Vitale, brillante, appagante, nel caso del Barolo tendenzialmente più incline alla prontezza.
Barolo 2015 – Domenico Clerico (Monforte)
Avevo già bevuto questo vino prima dell’inizio della Pandemia e si conferma un Barolo vellutato, il più felpato e pronto del novero, contraddistinto da aromi di frutta matura, tabacco, viola, qualcosa di resinoso, sorso caldo e d’impatto, aroma di bocca ricco, fruttuoso, già equilibrato, dalla forza tattile misurata, un Barolo da scegliere al ristorante per non rimanere traumatizzati da tannini troppo virulenti e non preventivati. Elegante senza dubbi. Forse meno espressivo degli altri. Il più pronto.
Barolo del Comune di Barolo 2015 – Scarzello (Barolo)
Tradizionale, macerazione lunga, almeno 18 mesi in botte grande e poi lungamente in bottiglia. Colore granato, varietà e intensità olfattiva che dopo diverse esperienze credo ormai caratteristiche del Barolo di Scarzello. Mentolato, melograno, erbe aromatiche, chinotto, rosa, ma ciò che appare come la cifra tipica è il tratto mentolato. Tensione, scheletro, esilità apparente che si trasforma in forza espressiva, freschissimo, tannini sottili e di buona forza, lunghissimo finale che rievoca il frutto rosso e le erbe aromatiche. Barolo non pronto nel senso in cui comunemente si usa il termine, ma bevibile, preciso, godibile, buono.
Barolo Arborina 2015 – Marco Curto (La Morra)
La vera sorpresa, almeno per me, della serata. Non perché mi aspettassi un vino meno buono, ma semplicemente perché non avevo mai incontrato i vini dell’azienda Curto di La Morra.
5 giorni in rotomaceratore, due anni in barrique. Un anno in bottiglia. Il mio preferito della serata. Per la sua completezza, per la varietà di suggestioni offerte al bevitore.
Colore rubino scuro, Fragranze di viola, marasca, agrume, speziatura netta, lievi reminiscenze balsamiche, di humus e di tostato. Tra i quattro è il vino di maggior concentrazione, che offre il sorso più voluminoso. Esordio avvolgente, gratificante, a questa concentrazione si accompagnano acidità e tannini di carattere, definizione, distensione, un bel finale fruttato/speziato che non chiude. Veramente un bel vino.
Guido Porro a mio avviso è un vero fuoriclasse. Con questo Lazzairasco 2015 non si smentisce. Tradizionalmente lunga macerazione, invecchiamento in botte grande. Rigore, persistenza, tipicità, trasparente granato, molta rosa, molto lampone, genziana, qualche ricordo di sottobosco, foglia di the, sorso freschissimo, tirato, grande progressione, i tannini ancora ruvidi, finisce lungo, sapido, sul frutto gentile, e poi sfuma lentamente come un disco in vinile dei Wire a cui, nella sua energica, sostanzale e precisa asciuttezza, potrebbe essere apparentato. Per i vini di Porro non si saprebbe mai dove proiettare nel tempo una eventuale prontezza, ce li godiamo senza pensare al futuro nell’adesso.
Degustazione Barolo 2015
Degustazione Barolo 2015 Tasting / Modernists Vs Classicists – Friendly Match
For the last evening of reds before the arrival of the heat, heat which had already arrived for a while when the evening began, to be honest, I chose a selection of Baroli from the 2015 vintage accompanied by four cheeses. A good vintage, almost top, considered by some to be too warm, while by others it was not very prone to aging. But considerations are not swallowed and neither are words. The only thing to do is uncork. For the occasion I organized a friendly confrontation between Modernists and Classicists. Two against two. Domenico Clerico and Marco Curto on one side. Scarzello and Guido Porro on the other. And friends at the table. At the end of the evening? The 2015, although not even the vintages can be uncorked, evaluated through the filter of these four interpretations resulting from two different production philosophies appears to be a truly beautiful vintage. Vital, brilliant, satisfying, in the case of Barolo tending to be more prompt.
Barolo 2015 – Domenico Clerico (Monforte)
I had already drunk this wine before the start of the Pandemic and it confirms itself as a velvety Barolo, the softest and most ready of the bunch, characterized by aromas of ripe fruit, tobacco, violet, something resinous, warm and impactful sip, aroma of rich, fruitful, already balanced on the palate, with a measured tactile strength, a Barolo to choose at the restaurant so as not to be traumatized by too virulent and unexpected tannins. Elegant without doubt. Perhaps less expressive than the others. The most ready.
Barolo from the Municipality of Barolo 2015 – Scarzello (Barolo)
Traditional, long maceration, at least 18 months in large barrels and then long in the bottle. Garnet colour, variety and olfactory intensity which, after several experiences, I believe are now characteristic of Scarzello’s Barolo. Mentholated, pomegranate, aromatic herbs, chinotto, rose, but what appears as the typical figure is the mentholated trait. Tension, skeleton, apparent slenderness that transforms into expressive strength, very fresh, thin and well-strength tannins, a very long finish that recalls red fruit and aromatic herbs. Barolo not ready in the sense in which the term is commonly used, but drinkable, precise, enjoyable, good.
Barolo Arborina 2015 – Marco Curto (La Morra)
The real surprise, at least for me, of the evening. Not because I expected a less good wine, but simply because I had never encountered the wines of the Curto di La Morra company.
5 days in rotary macerator, two years in barrique. A year in the bottle. My favorite of the evening. For its completeness, for the variety of suggestions offered to the drinker.
Dark ruby colour, Fragrances of violet, morello cherry, citrus, clear spiciness, slight balsamic, humus and toasted reminiscences. Among the four, it is the wine with the greatest concentration, which offers the most voluminous sip. Enveloping, rewarding debut, this concentration is accompanied by acidity and tannins of character, definition, relaxation, a nice fruity/spicy finish that does not close. Truly a beautiful wine.
Guido Porro in my opinion is a true champion. With this Lazzairasco 2015 does not contradict itself. Traditionally long maceration, aging in large barrels. Rigor, persistence, typicality, transparent garnet, lots of rose, lots of raspberry, gentian, some hints of undergrowth, tea leaf, very fresh, tight sip, great progression, still rough tannins, ends long, savory, on the gentle fruit, and then it fades slowly like a Wire vinyl record to which, in its energetic, substantial and precise dryness, it could be related. For Porro wines one would never know where to project any readiness over time, we enjoy them without thinking about the future in the now.
Rosso di Montalcino 2018 “Sogni & Follia” – Podere Le Ripi
Oltre che raccontarne le caratteristiche che ne fanno un ottimo vino, mi sento anche di raccomandarlo caldamente. Non perché mi abbiano pagato, ché anch’io me ne sono comprate 6 bottiglie, ma perché ha destato in me un entusiasmo che non sempre i vini, nemmeno quelli più buoni, riescono a destare.
Fermentazione in tino aperto per 20 giorni, invecchiamento in botte grande per 36 mesi. Uve dai terreni sul versante sudovest di Montalcino. Azienda che opera ispirandosi ai principi della biodinamica.
Vino che brilla per la sua precisa forza espressiva, unendo alla struttura importante la definizione, la profondità, la qualità del retrogusto che invoglia alla beva. Il colore è rubino limpidissimo tendente al granata, fragrante con sentori principalmente fruttati di arancia sanguinella, ribes rosso, pesca tabacchiera e poi altri ricordi di pepe bianco e di erbe aromatiche, appena ematici. Equilibrio emblematico. Il sorso è aperto, voluminoso, non s’intoppa da nessuna parte. Buona Struttura, ma non poderosa, fresco e tannico quel che basta perché il sorso abbia vita e forma, Una scia di gusto fruttato delicatissimo che parrebbe non finire mai. Il Rosso di Montalcino è una tipologia che finisco per non stappare quasi mai, ma in questo caso le sensazioni ricevute al banco di assaggio a Terre di Toscana hanno avuto un riscontro a tavola. Vino buonissimo adesso e senza bisogno di interpretazioni macchinose.
Rosso di Montalcino 2018 “Sogni & Follia” – Podere Le Ripi
In addition to describing the characteristics that make it an excellent wine, I would also like to recommend it warmly. Not because they paid me, because I also bought 6 bottles, but because it aroused in me an enthusiasm that wines, not even the best ones, are always able to arouse.
Fermentation in open vats for 20 days, aging in large barrels for 36 months. Grapes from the land on the southwestern side of Montalcino. Company that operates inspired by the principles of biodynamics.
A wine that shines for its precise expressive strength, combining an important structure with definition, depth and the quality of the aftertaste that encourages drinking. The color is very clear ruby tending towards garnet, fragrant with mainly fruity hints of blood orange, red currant, snuffbox peach and then other hints of white pepper and aromatic herbs, slightly blood-like. Emblematic balance. The sip is open, voluminous, it doesn’t hitch anywhere. Good structure, but not powerful, fresh and tannic enough for the sip to have life and shape, A trail of very delicate fruity taste that seems to never end. Rosso di Montalcino is a type that I almost never end up uncorking, but in this case the sensations received at the tasting counter at Terre di Toscana were reflected at the table. Very good wine now and without the need for cumbersome interpretations.
Anche nel 2022 siamo dunque riusciti a pranzare da Amerigo a Savigno. Trattoria per cui non si spendono mai abbastanza parole di elogio. Per la cucina, l’accoglienza, la scelta di permettere ai wine lovers di accompagnare le proprie bottiglie alle sempre ottime proposte culinarie.
Blanc de noir (pinot nero) , colore dorato, Caramella d’orzo, pera, crosta di pane, lievi sentori di spezie, bergamotto, bolla fine e continua, fresco, suggerisce un che di ossidativo, ha anche spessore, buon finale con retrogusto speziato e di frutto maturo. Buono, adatto ad aprire il pranzo, ma non mi entusiasma.
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Châteauneaf du Pape Blanc 2020 – Chateau Mont – Redon
Blend di vitigni tipici del sud della Francia, no malolattica, sosta sulle fecce.
A un naso un po’ timido fanno da sponda piacevolezza di beva e una convincente forza e tensione gustativa. Il meglio lo dà dunque al palato. Profumi di pesca bianca, fiori di tiglio, cedro, il vino ha acidità eppure ha un tocco vellutato, volume e profondità.
Riceve apprezzamenti non unanimi, ma la bottiglia termina prima che qualcuno riesca a formulare una frase compiuta. Se il “metro” può essere misura e testimonianza in questo caso depone a suo favore. Dello Châteauneaf du Pape Blanc. Forse troppo giovane, chissà che non si trovasse in quella fase di quiescenza di cui si racconta nei libri.
Per me un ottimo vino.
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Le Trame Chianti Classico 2009 – Podere Le Boncie
Sangiovese con un po’ di Mammolo, Colorino e Foglia Tonda. Vino tendenzialmente naturale, se mi si passa il termine. Qui si apre una grande parentesi. Avevo già bevuto questa stessa bottiglia forse nel 2016 in compagnia di Rudi che oggi l’ha portata al ristorante come allora la portò a casa mia. È un bel rincontarsi dal momento che della prima conservo ancora il vuoto. Colore granato vivo, chiaro, fraganze di buona intensità che ricordano la Carruba, la lavanda, scorza d’arancio, marasca in confettura, torrefazione, a tratti balsamico, qui siamo al punto esatto in cui provare ad apprezzare un sangiovese d’annata e finire felici. Adesso, non l’anno prossimo. Qui siamo arrivati nel momento giusto.
Sorso fresco ben bilanciato, tannini che sono una filigrana, bocca coerente, densità giusta, aroma di bocca di rara piacevolezza, ottima persistenza tutta sul frutto maturo.
Un vino che riberrei cento volte.
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Barolo Cannubi 2012 – Giacomo Fenocchio
Avendo avuto la fortuna di essere presente all’acquisto di questa bottiglia l’assaggiai sul momento alla presenza del Signor Fenocchio, poi l’ho riassaggiata a casa, oggi la riassaggio dopo qualche anno e ne posso apprezzare il suo percorso in bottiglia. Figlio di un’annata, la 2012, ritenuta minore non è nel frattempo diventato figlio di una annata diversa. E per fortuna vorrei aggiungere. Il tempo ne ha stemperato l’austerità, resta un vino tattile, un po’ scorbutico, ma ha bei profumi di melagrana, ribes, genziana, foglia di the. Vino di medio corpo, asciutto nelle forme, fresco, comincia a trovare distensione tra le trame dei tannini, che tendono tuttora a chiudere un po’ il sorso. Secondo me tra tre/quattro anni potrà trovare un punto di evoluzione ulteriore anche se ha già innestato un passo che l’assenza di ricordi di surmaturazione fa pensare possa portare decisamente verso una eleganza più spiccata.
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Kurni 2013 – Oasi degli Angeli
Lo ricordavo più lezioso. Più smaccatamente dolce. Oggi lo trovo dolce, ma tra le altre cose. Non incontra tutti i palati, io stesso non sono un amante del genere “iperconcentrato”, ma ne conservavo una bottiglia per un’occasione ed eccola stappata sul finire del secondo in questo ottimo pranzo da Amerigo.
Montepulciano 100 percento Con invecchiamento in barriques.
Impenetrabile rubino scuro, Frutti di bosco, cassis, balsamico, cannella, tabacco, molto preciso e al contempo
Il sorso è voluminoso, caldo, ma senza ingombro. Ha una sua dinamica a bassa intensità, una suo modo di vibrare. Tannino smussato, sensazione generale di avvolgenza, persistenza prolungata.
Finendo la bottiglia si sconfina nel Dolce. E si accompagna abbastanza bene anche con la Zuppa Inglese dopo il Capretto.
Un’idea di vino che personalmente non riesco ad apprezzare fino in fondo, ma è un’idea ben realizzata.
Dolcetto di Diano d’Alba “Sorì Cristina” 2018 – Azienda Agricola Prandi Giovanni
Quando mi trovo nelle Langhe non manco mai l’appuntamento coi vini di Prandi a Diano d’Alba. Che sia il tempo di un pitstop per il solo l’acquisto o una sosta per una degustazione in saletta. Questa volta è un appuntamento per procura, grazie agli amici che sono andati su mio consiglio e che hanno riportato le bottiglie. Io purtroppo a casa.
Interpretazione che oserei definire in sottrazione e perfettamente riuscita. Rubino chiaro con riflessi porpora, Confettura di visciole, floreale, speziatura fine, appena sanguigno, note agrumate di chinotto particolarissime, non è più un Dolcetto giovane, ma dimostra le ragioni di questo vitigno anche se stappato dopo qualche anno. Sorso setoso, dalla grande definizione, equlibrato, ricco in gusto, dalla giusta dotazione alcolica, tannino arioso, un giusto compromesso tra intensità gustativa e una levità non così comune per la tipologia. Un bel finale con ricordi speziati e di frutto scuro.
Rapporto Q/P imbattibile.
Dolcetto from Diano d’Alba “Sorì Cristina” 2018 – Azienda Agricola Prandi Giovanni
When I’m in the Langhe I never miss an appointment with Prandi’s wines in Diano d’Alba. Whether it’s time for a pitstop just for the purchase or a stop for a tasting in the room. This time it’s a proxy appointment, thanks to the friends who went on my advice and who brought the bottles back. Unfortunately I’m at home.
An interpretation that I would dare to define as subtractive and perfectly successful. Light ruby with purple reflections, sour cherry jam, floral, fine spiciness, slightly sanguine, very particular citrus notes of chinotto, it is no longer a young Dolcetto, but it demonstrates the reasons for this vine even if uncorked after a few years. Silky sip, with great definition, balanced, rich in taste, with the right amount of alcohol, airy tannins, a fair compromise between gustatory intensity and a lightness that is not so common for the type. A beautiful finish with spicy and dark fruit flavors.
(O anche l’arte della degustazione ai tempi del SARS-CoV-2)
Questo vino della famosa tenuta di Randazzo (CT) è il primo che stappo dal momento in cui ho saputo di essere positivo al virus SARS-CoV-2. Vado quindi a testare le mie capacità gustative e olfattive e mi sembra che niente sia cambiato.
Nerello mascalese e una piccola percentuale di Nerello Cappuccio. Da Vigne di varia età sui 600 metri slm. Siamo ovviamente sull’Etna.
Passaggio in legno per 18 mesi poi bottiglia per questo vino di entrata che è davvero un bel biglietto di presentazione per l’azienda.
Rubino chiaro, nota alcolica in partenza che si modera, ma che resta come unico neo di un vino effettivamente molto buono, fruttato delicato e molto particolare dove si mixano fragranze di melograno, ribes rosso, fico d’India, finemente speziato di cannella e pepe bianco, viola, a tratti sembra di scorgere dei sentori di affumicatura.
Il Sorso è brillante e molto definito. Vino di grande equilibrio e godibilità, fresco, asciutto, salino, dal tannino finissimo e di forza misurata. Retrogusto fruttato gentile. Solo a tratti una sensazione pseudocalorica un po’ sopra le righe che non sembra accordarsi con questo vino.
A questo proposito verso la fine della bottiglia, mentre alimentavo il barbecue, decido che è colpa del covid. Perché nell’altro unico bicchiere di vino che ho assaggiato la sensazione pseudocalorica era la stessa. Ottimo vino da ristappare a fine Covid.
Etna Rosso 2019 – Tenuta delle Terre Nere
(Or even the art of tasting in the times of SARS-CoV-2)
This wine from the famous Randazzo estate (CT) is the first I have uncorked since I learned I was positive for the SARS-CoV-2 virus. So I go to test my taste and olfactory abilities and it seems to me that nothing has changed. Nerello mascalese and a small percentage of Nerello Cappuccio. From vineyards of various ages at 600 meters above sea level. We are obviously on Etna. Placed in wood for 18 months then bottled for this entry wine which is truly a nice presentation card for the company. Light ruby, alcoholic note at the start which moderates, but which remains as the only flaw of a wine that is actually very good, delicately fruity and very particular where fragrances of pomegranate, red currant, prickly pear, finely spiced with cinnamon and pepper are mixed white, purple, at times it seems to detect hints of smoking. The Sorso is brilliant and very defined. A wine of great balance and enjoyment, fresh, dry, saline, with very fine tannins and measured strength. Gentle fruity aftertaste. Only at times a slightly over the top pseudo-caloric sensation that doesn’t seem to fit with this wine. In this regard, towards the end of the bottle, while I was stoking the barbecue, I decide that it’s covid’s fault. Because in the only other glass of wine I tasted the pseudocaloric sensation was the same. Excellent wine to repop at the end of Covid.
Dal Carso Triestino. Macerazione in tino aperto, affinamento in legno, attitudine tradizionale.
Quando stappo una bottiglia di Zidarich, o mi trovo a un suo banco d’assaggio, sento sempre, dopo il primo sorso, di essere davanti a un fuoriclasse. Personalmente lo metto nel novero dei migliori tra i vignaioli dediti alla macerazione dei vitigni a bacca bianca. Colore giallo intenso, appena opalescente, bouquet progressivo, va per accumulo, inizia con una leggera volatile e in sequenza si aggiungono l’erba medica, l’uva sultanina, l’albicocca, altri sentori riconducibili alle erbe aromatiche, l’elicriso, la nespola matura, torrefazione, alla fine è più che complesso. Il sorso è ruvido e salino, una presenza unica, lo sviluppo gustativo non è dissimile da quello olfattivo. Si stratifica e aumenta in intensità. Comparato con altri macerati ha certamente più freschezza e dinamismo e meno peculiarità dominanti. Grande persistenza centrata sul frutto candito, le spezie, l’erba aromatica. Coerentemente. Con lo Spaghetto allo Scoglio in buona compagnia, ma riesco a immaginare altre 100 occasioni in cui potrebbe fare grande figura. Per me tra i vini certezza da ribere nei momenti dominati dal dubbio.
Vitovska 2018 – Zidarich – Venezia Giulia IGT
From the Trieste Karst. Maceration in open vats, aging in wood, traditional attitude.
When I open a bottle of Zidarich, or find myself at one of his tasting tables, I always feel, after the first sip, that I am in front of a champion. Personally, I put him among the best among winemakers dedicated to the maceration of white grape varieties. Intense yellow color, slightly opalescent, progressive bouquet, it builds up, begins with a light volatile and in sequence are added alfalfa, sultanas, apricot, other scents attributable to aromatic herbs, helichrysum, Ripe medlar, roasting, in the end is more than complex. The sip is rough and saline, a unique presence, the gustatory development is not dissimilar to the olfactory one. It layers and increases in intensity. Compared to other macerates it certainly has more freshness and dynamism and fewer dominant peculiarities. Great persistence centered on the candied fruit, the spices, the aromatic herb. Consistently. With Spaghetto allo Scoglio in good company, but I can imagine 100 other occasions where it could make a great impression. For me, among the certain wines to drink in moments dominated by doubt.
Approfittando della possibilità di portare le bottiglie da casa, venerdì sera siamo andati in ottima compagnia a mangiare la Pecora e il Tonno di Coniglio cucinati dal sempre performante Niccolò aka Neko, cuoco del Circolo Bugiani di Pistoia, mettendo insieme quattro grandi vini italiani, quattro ottimi classici che ogni tanto si rimettono volentieri in tavola come ci si rimette la ciabatta comoda, come si va a prendere il ventilatore in cantina all’arrivo del caldo.
Amicizia, Pecora & Grandi Vini Italiani
Cervaro della Sala 2018 – Antinori
Brunello di Montalcino “Vigna Soccorso” 2016 – Tiezzi
Turriga 2016 – Argiolas
Brunello di Montalcino 2012 – Cerbaiona
Cervaro della Sala 2018
Che si conferma un vino tecnico, molto preciso, colore brillante, naso lineare con esordio burroso e speziato, seguono il mango, la nespola, lo zafferano, reminiscenze floreali e agrumate. Acidità frontale, sapidità, opulenza, tenuta, finale coerente. Certamente giovane, ma altrettanto certamente finito in 7 minuti. Non è il massimo dell’espressività, ma non gli difettano la piacevolezza e la precisione. Anche in questa sua infanzia enoica interrotta bruscamente.
Brunello di Montalcino “Vigna Soccorso” 2016 – Tiezzi
Questo Brunello è effettivamente molto giovane. Ha però la grinta e il temperamente del Sangiovese di razza, freschezza e tannini tetragoni, si intravedono grandi potenzialità per un futuro ipotetico, ma complice il sugo di pecora ha fatto ottima figura anche da giovane. Esplosione di fragranze tipiche come la Scorza d’arancio, la marasca, le erbe aromatiche e qualche ricordo floreale, più anice stellato, sigaro/tabacco, note balsamiche. Il sorso è freschissimo, balsamico, al momento un po’ dominato dalla struttura del tannino che però non lo imbriglia del tutto e il succo mostra tutto il suo slancio verso un finale che trova apertura e che col tempo, a mio avviso, diventerà un vasto giardino.
Credo che sarebbe giusto tenerne in cantina almeno sei bottiglie.
Per la mia esperienza Turriga non sembra mai né troppo giovane, né troppo vecchio. A tratti irruento, ma anche sempre calibrato nei tratti, muscolare nell’impatto eppure trova sempre distensione, non si finisce affaticati per via di questa energia che sembra infinita, dell’intensità di gusto che ha pochi pari. Colore rubino scuro, a tratti sembra di scorgere del porpora, mora, mirto, assortimento di erbe varie, bagna di mirtillo, tabacco. Con grande spinta. Sorso caldo, polposo, c’è molto di tutto, ma in questo molto tutto trova una collocazione esatta. Un po’ come in una canzone dei TOTO. Nel finale, che non finisce, tornano e ritornano le suggestioni già provate al naso ed è una bevuta rinfrancante, gratificante. Io lo consiglierei anche come tonico/medicinale.
Brunello di Montalcino 2012 – Cerbaiona
Mi aspettavo un po’ di più, forse l’annata non è la migliore. Molta eleganza, però poca espressività.
Il colore è molto bello, anche il bouquet è ricco con sentori di Cassis, primi accenni di frutta in confettura, pepe di java, ricordi di lavanda, appena agrumato, balsamico. Una bevuta elegante, di misura, dal tannino quasi completanente dentro il vino, molto smussato, flessuoso, freschezza misurata, affida la sua vitalità a una certa vena sapida, a un bel finale sul frutto a piena maturazione. Per essere Sangiovese gli manca un po’ di quella nervosa energia che abbonda invece nel vino di Tiezzi. Bene, ma non benissimo. Sembra un po’ un danzatore a una maratona di ballo che un po’ stanco si salva con l’esperienza. Pronto adesso. Se dovessi valutare la tenuta futura di questo vino basandomi su questa bottiglia direi di non andare oltre il 2025 per non trovarlo esausto.
Esco di casa dopo cena per fare una camminata e raggiungo un paio di amici stappatori per fare un saluto veloce. Mi offrono un bicchiere di questa Malvasia di Primosic da Oslavia e resto contento.
Malvasia Istriana vinificata in acciaio. Giallo brillante su toni scuri, profumi intensi di susina gialla, narciso, erbe selvatiche, si presenta molto bene. In bocca è salino, suadente, equilibrato, dire che si beve bene è un eufemismo. Finisce come comincia con l’aggiunta di un retrogusto agrumato e ricomincia.