da Viagrande sulle pendici sud orientali dell’Etna nasce questo Etna bianco fatto con Carricante 80%, Catarratto 15%, Minella 5%. Solo acciaio
Il 2020 dei bianchi continua in bellezza con questo Etna Bianco mai bevuto prima d’oggi.
Giallo paglierino brillante che vira sul verdolino. Profumi intensi, franchi e tenaci che ricordano l’erba medica, il gesso, la mela granny smith appena tagliata, la buccia del pompelmo incisa con l’unghia. Penetrante.
Al palato si distingue per la spiccata freschezza e la sapida verve che ne fanno un vino dal sorso snello e verticale ma al quale non difettano corpo, succo e persistenza che gli regalano un equilibrio che lo fa andare ben oltre il mero impatto tattile.
Sangiovese con maturazione in barriques delle quali il 10% nuove.
Stappare una bottiglia di Bucerchiale per me è come tornare da un viaggio e trovare la giacca da camera e la calma che ti consente di ripensare al nuovo appena vissuto sulla scorta delle antiche sicurezze. Peraltro Rùfina è una sottozona che merita una attenzione particolare per la sua storia e per il suo presente ben guidato dal Consorzio.
Colore granato scuro, molto consistente.
All’apertura è molto chiuso, quasi ermetico. Il tempo e la pazienza del bevitore gli permettono di rivelare la sua natura.
Sentori ematici, di arancia rossa, marasca e prugna in confettura, spezie, sottobosco autunnale, ma soprattutto una lunga scia balsamica che è il tratto distintivo di questa bottiglia.
Carattere ed espressività.
Ha buona struttura e polpa densa dentro cui si muovono acidità viva e una struttura tannica importante ben amalgamata. Dà l’impressione di essere fine e rude al tempo stesso. Di poter sviluppare sapore all’infinito.
Sangiovese aged in barriques, 10% of which are new.
Uncorking a bottle of Bucerchiale for me is like returning from a trip and finding your smoking jacket and the calm that allows you to think back to the new things you have just experienced on the basis of ancient certainties. Furthermore, Rùfina is a sub-area that deserves particular attention for its history and its present well guided by the Consortium.
Dark garnet color, very consistent.
When opened it is very closed, almost hermetic. The drinker’s time and patience allow him to reveal his nature.
Bloody scents of blood orange, morello cherry and plum jam, spices, autumnal undergrowth, but above all a long balsamic trail which is the distinctive feature of this bottle.
Character and expressiveness.
It has good structure and dense pulp in which live acidity and a well-blended important tannic structure move. It gives the impression of being refined and rough at the same time. To be able to develop flavor endlessly.
Pecorino 50%, Passerina 30%, Trebbiano 10%, Malvasia di Candia 10%
macerazione sulle bucce per venti giorni in tino aperto affinamento in barrique per 18 mesi e poi bottiglia
I giorni che seguono le feste sono giorni di avanzi, cucina tradizionale di risulta. In Toscana non ci si può esimere dal cucinare la Pappa al Pomodoro. Ovviamente non rivisitata, non reinterpretata. Pane secco sciàpo, pomodoro, aglio, olio e basilico.
Provo un accostamento inedito con Stella Flora 2013, bianco macerato di Maria Pia Castelli. Insieme stanno bene.
È un vino che risalta tra i suoi simili, se si vuole pensare agli orange wine come a un insieme omogeneo, ma risalta anche tra i dissimili.
Il colore è quello dell’oro.
Nel bouquet sentori floreali, di cedro, c’è l’albicocca disidratata, la Passiflora, un lieve tocco resinoso.
Il meglio lo offre al palato perché è un vino pieno di sapore, più sapido che acido, mutevole, resistente, stratificato. Dove tornano coerentemente le anticipazioni olfattive.
Barrua 2015 di Agripunica. Carignano con saldo di Merlot e Cabernet Sauvignon Invecchiamento in barrique e bottiglia
Non avevo mai bevuto questo vino. Ne ho letto però spesso, bene e male come sempre succede ai vini che loro malgrado diventano emblematici. Lo incontro in carta al ristorante a un prezzo davvero invitante e decido di provare. Mi avvicino libero da pregiudizi perché non sono un tifoso e soprattutto perché mi piace guarire dall’ignoranza. Sinceramente lo trovo più che valido. Sicuramente giovane, ma già godibile in mezzo a una tavola con piatti di sostanza.
Il colore è scuro. Rubino fitto, impenetrabile.
Porge sentori di frutti scuri, viola, mirto, suggestioni boschive, spezie dolci. Intensità crescente. Così come al palato dove risulta possente, ma sornione. Mostra i muscoli un po’ alla volta senza pavoneggiarsi (vulgar display of power), il sorso è vellutato, c’è struttura ma non stanca perché c’è anche vitalità. Forse troppo monolitico, ma è questione di gusto.
Da Cortona il Syrah di Stefano Amerighi. Da viti coltivate in regime biodinamico. Cemento e legno per l’affinamento. In questa annata 2015 è un vino di grande generosità e potenza.
Rubino impenetrabile con qualche riflesso purpureo. Al naso è d’impatto. Con intensi sentori di frutta scura, spezie, ginepro e un vago ricordo di caffè appena tostato. Al palato è d’impatto allo stesso modo, perché porta in dote una grande concentrazione, struttura, corpo e un succo quasi dolce. Si bilancia il sorso grazie a una bella freschezza e a una considerevole struttura tannica.
Con l’agnello al forno fu una grande storia d’amore.
Bevuto alcuni mesi fa la grande potenza lo faceva apparire un po’ impacciato, poco dinamico. Adesso sembra avviato verso un futuro radioso.
Sangiovese con saldo di Canaiolo Cemento poi invecchiamento in botti di media grandezza e sosta in bottiglia.
Con l’avanzo di Peposo del pranzo della domenica stappo per il pranzo del lunedì questo Chianti Classico 2015 di Gaiole per ripassare le ragioni della giustezza dell’abbinamento per tradizione.
Un vino in cui sono racchiusi i motivi per cui il Sangiovese del Chianti ha così molti amanti, ma anche tanti detrattori.
Credo sia per la sua tempra, per la vigoria della sua componente acida che in vini come questo non lasciano spazio a compromessi. Più che un vino che ammalia è un vino che ridesta, che scuote, vivifica, un vino corroborante. Chi cerca l’accomodante in questa bottiglia non lo trova.
Rubino vivo di media intensità, ha un afflato floreale che è una presentazione perfetta. Poi seguono sentori di marasca, lavanda, mirto e sottobosco. Pulito e penetrante. Vino di buon corpo con tannini maturi. Il centrobocca ha volume, l’acidità è omogenea, duratura e sferzante. Lunga coda gustativa balsamica.
Rispetto ad altri 2015 che l’annata ha reso un po’ troppo muscolosi, il clima di Gaiole ne ha fatto un Chianti Classico quasi perfetto. Quello che l’amante del Chianti Classico spera di stappare.
Gli Eremi 2017 – La Distesa (un paio di sere fa presso l’enoteca Nati Stanchi di Pistoia, tre Enonauti e una bottiglia…)
Approccio con soddisfazione e per la prima volta questo vino che credo possa essere considerato un simbolo del movimento della viticoltura naturale italiana. Verdicchio in purezza, parte del vino fa macerazione. Il colore è giallo paglierino intenso. Un bouquet originale fatto di sentori erbacei e floreali come il fieno, la menta selvatica e la ginestra, fruttati di albicocca disidratata e pesca gialla, noce pecan, e una piacevolissima e leggera nota di genziana. In bocca è ricco e strutturato, un caleidoscopio di stimoli, ha profondità, sapore, persistenza. Progressione di gusto lenta, ma inesorabile.
Si stappa in questo caso la bottiglia fresca e dopo un’ora circa, il tempo di finire la bottiglia, è al massimo della sua espressione dinamica, cambiando faccia un paio di volte. Al naso e al palato. Dinamica dovuta in gran parte al gusto e non all’aspetto tattile del vino che non è un campione né di acidità, né di sapidità. Mi sarei aspettato forse un po’ di freschezza in più, ma ciò che ci si aspetta non sempre è ciò che si trova o ciò che deve essere trovato.
Se c’è qualcosa che potrei rubricare alla voce Reminiscenza è l’esperienza con questa bottiglia di Malvasia Aromatica di Candia rifermentata di Camillo Donati. Per chi ha avuto un ramo della famiglia originario delle colline parmensi, le domeniche in visita dai parenti, si parla degli anni 70, erano contrassegnate dell’estrazione dalla cantina familiare di un certo numero di bottiglie di vino bianco torbido e quasi sempre leggermente dolce e rifermentato. Lo zio di mio padre, classe 1899 pluridecorato reduce della prima guerra mondiale, ne aveva sempre una, o più di una, pronta. Ma succedeva spesso fino all’inizio degli anni 90 di vedere il bianco torbido e frizzante comparire e subito scomparire dalla tavola più e più volte nelle occasioni comandate.
Torniamo alla Malvasia di Camillo Donati 100% Malvasia di Candia Aromatica Macerazione Rifermentazione in bottiglia Verdolino opalescente Naso piacevole con profumi di Salvia, purea di albicocca, erba medica. Una bolla finissima e cremosa, un bel reverbero erbaceo fresco, sapori coriacei e finale amaricante di mandorla. Convince alla prima e finisce rapidamente senza risentimenti.
Il Riesling Vigna di Cancòr 2015 di Cantina Cembra è Riesling renano con 10 mesi sulle lisi e 7 mesi in bottiglia. Ed è un’altra piacevole conferma della Cantina Cembra. Giallo brillante tra il paglierino e il verdolino. Vivace al naso con sentori di mela granny smith (verde), nespola, cedro, tarassaco e pietra focaia.
Il frutto torna coerente in bocca e ha spessore e gusto, mette il liquido in condizione di tendere verso un equilibrio possibile, ma che non si raggiunge e l’anima di questo vino restano la freschezza, la sapida petrosità, una bella tensione.
Con la Scaloppina di Tacchino coi Funghi in abbinamento perfetto per il consumo quotidiano del bevitore di tutti i giorni.
Fa piacere stappare le Grandi Bottiglie, grandi sulla carta o dentro la bottiglia, ma dà altresi piacere stappare quelle piccole (solo nel prezzo) grandi bottiglie che riverberano sapori e ricordi con cui abbiamo edificato la nostra personale mappa con cui cerchiamo di orientarci nel quotidiano navigare nel pelago vinoso. Come, ad esempio, questo Nebbiolo d’Alba 2015 del Signor Prandi di Diano d’Alba.
L’azienda agricola Prandi si trova a Diano d’Alba, località famosa per il Dolcetto e per essere il primo comune italiano a dotarsi di un sistema di zonazione che ha mappato tutti i cru, in loco chiamati Sörì, ovvero “luogo solatio”, dotandosi di un dispositivo di valorizzazione del territorio che sembra essere ancora all’avanguardia.
Quando mi trovo in Piemonte non ometto mai di passare a trovare il Signor Alessandro Prandi, sempre accogliente e gentile, che ne possiede due. Il Sörì Cristina e il Sörì Colombé.
Da uve raccolte in questi appezzamenti nasce questo Nebbiolo d’Alba.
Cemento e poi barriques che il Signor Prandi chiama contenitori.
La veste è color granato trasparente. Vino franco e possente con bei profumi di viola, cassis, liquirizia, caffè macinato. L’attacco è caldo e tannico. Incute timore il tannino compatto, fitto, che non dà tregua.
Ma ha anche una materia fresca e piena di sapore che gli permette un buon allungo centrato sulle erbe officinali.
Nebbiolo d’Alba 2015 – Prandi
A great little bottle from Diano d’Alba – Nebbiolo Prandi
It is a pleasure to uncork the Big Bottles, large on the paper or inside the bottle, but it is also a pleasure to uncork those small (only in price) large bottles that reverberate flavors and memories with which we have built our personal map with which we try to orient ourselves in our daily navigation in the vinous pelago. Like, for example, this Nebbiolo d’Alba 2015 by Mr. Prandi from Diano d’Alba.
The Prandi agricultural company is located in Diano d’Alba, a place famous for Dolcetto and for being the first Italian municipality to adopt a zoning system that mapped all the crus, locally called Sörì, or “sunny place”, by equipping itself with a device for valorising the territory which still seems to be at the forefront.
When I’m in Piedmont I never fail to visit Mr. Alessandro Prandi, always welcoming and kind, who owns two. The Sörì Cristina and the Sörì Colombé.
This Nebbiolo d’Alba is born from grapes harvested in these plots.
Cement and then barriques which Mr. Prandi calls containers.
The robe is transparent garnet colour. Frank and powerful wine with beautiful aromas of violet, cassis, liquorice, ground coffee. The attack is warm and tannic. The compact, dense tannins that give no respite are frightening.
But it also has a fresh substance full of flavor which allows it a good extension centered on medicinal herbs.