Sangiovese e un tre percento di Canaiolo. Cemento e acciaio per la fermentazione, 20 mesi in tonneaux e barrique e 6 mesi di bottiglia.
Ripenso a chi mi disse che il meglio il territorio di Gaiole lo dà nelle annate molto calde con vini che lì si arrichiscono in eleganza e precisione. Questo vino è certamente conferma parziale di quella teoria col suo colore rubino scuro, intensi profumi di viola, marasca e arancia sanguinella, note ematiche, di mazzetto aromatico, appena speziato, balsamico. I profumi rievocano frutti turgidi e non stramaturi. Stoffa calda e di spessore, tannino colorato, fresco e fluente e dal finale aperto, arioso, pieno di frutto e spezie. Annata ottima e potente qui declinata al meglio, lontano da certe suggestioni di surmaturazione talvolta evocate dagli omologhi d’annata. Vino di grande qualità che accompagnato a una bella bistecca, nonostante la strumentazione risicata, fece superba compagnia nel pomeriggio di festa.
Chianti Classico Riserva 2015 “Le Baròncole” – San Giusto a Rentennano
Sangiovese and three percent Canaiolo. Cement and steel for fermentation, 20 months in tonneaux and barrique and 6 months in bottle.
I think back to those who told me that the Gaiole area gives its best in very hot years with wines that are enriched in elegance and precision there. This wine is certainly partial confirmation of that theory with its dark ruby color, intense aromas of violet, morello cherry and blood orange, blood notes, aromatic bouquet, slightly spicy, balsamic. The aromas recall turgid and not overripe fruits. Warm, thick texture, colourful, fresh and flowing tannin and an open, airy finish, full of fruit and spices. An excellent and powerful vintage expressed here at its best, far from certain suggestions of overripeness sometimes evoked by its vintage counterparts. A wine of great quality which, accompanied by a nice steak, despite the limited equipment, made superb company on the festive afternoon.
Grandi Eccellenze Riunite. Sono tornato a Terre di Toscana dopo i due anni problematici di cui tutti sappiamo. Il 5 marzo 2020 fu un giorno metereologicamente orribile, pioggia incessante, a tratti violenta, arrivai all’Una Hotel di lido di Camaiore zuppo nonostante avessi percorso solo 200 metri a piedi. All’uscita la notizia del lockdown incombente a vanificare l’entusiasmo per la grande varietà di grandi vini appena assaggiati.
Ci accoglie invece quest’anno un sole splendente, l’aria asciutta e la luce ristoratrice come a sancire climaticamente il ritorno glorioso del winelover sulla strada dei banchi d’assaggio. Decidiamo dunque di coprire la distanza tra la stazione di Viareggio e l’Una Hotel a piedi. Per consumare preventivamente le calorie in eccesso che avremmo assunto nel prosieguo della giornata.
Ritroviamo la stessa ottima organizzazione a cura de L’Acquabuona, un ambiente adeguato, la giusta scelta di fornire una stanza con offerte gastronomiche di buona qualità, insomma si sta bene all’Una Hotel e Terre di Toscana offre una concentrazione di eccellenze unica per gli amanti del vino toscano nelle sue varie declinazioni.
Molte conferme, alcune sorprese, poche delusioni quest’anno.
Questi che seguono i miei preferiti in questa edizione 2022:
Brunello di Montalcino Ugolaia 2016 di Lisini e il Brunello Riserva 2016 di Pietroso sono a mio avviso l’esempio di ciò che uno si può aspettare nel bicchiere nella migliore di tutte le ipotesi. Due grandissime espressioni del territorio e della viticoltura ilcinese.
La coppia di punta di Fontodi per l’annata 2018, Flaccianello della Pieve e Vigna del Sorbo. Scalpitante, pieno di energia il secondo, più posato il primo, più carnoso, entrambi ottimi vini.
Podere Le Ripi Brunello di Montalcino Riserva 2016 e Rosso di Montalcino 2018. Due vini dalla estrema vitalità.
Marroneto che riesce anche nel 2017, a presentare due proposte di grande eleganza.
San Giusto a Rentennano con Percarlo 2018 fa una proposta di grande intensità e precisione.
Grattamacco superiore 2018 e Caiarossa 2018 per chi ama la Toscana del vino declinata in modo più internazionale sembrano al momento due vini con ottime prospttive.
Federico Staderini con Cuna anche in questo 2018 propone due pinot nero, annata e riserva, inebrianti nei profumi, espressivi e nervosi e dall’ossuta esaustività.
Probabilmente dimentico qualcuno, ma queste sono le etichette che più nitidamente sono rimaste impresse nel ricordo.
Arrivederci a Terre d’Italia e complimenti all’organizzazione.
Viene da Faenza in Romagna questa Albana con prolungata macerazione, scarsi interventi e un approccio antico come suggerisce il nome stesso del vino.
Vino che ho apprezzato in un confronto contestuale coi suoi omologhi macerati di ogni latitudine, ma anche in sé per la disinvolta chiarezza con cui si manifesta come un vino “diverso”. Anche se più calzante sarebbe forse l’aggettivo peculiare. Color ambra chiara, impatto tattile da rosso, si concordava con un compagno d’assaggio sul fatto che bendati sarebbe possibile interpretarlo come tale, profumi tra i più disparati, frutta secca, erba medica, fieno, miele di cardo, albicocca, resina di cipresso, nessun elemento sovrastante, che talvolta finisce per marcare i vini di questo tipo, ed è certo complesso e singolare. Vino sapido e tannico, acidità contenuta, materico, di gusto pieno, a tratti sembra di scorgere una leggera dolcezza. Molto persistente e di grande bevibilita. A tavola insieme al tacchino con le verdure ottima accoppiata, ma riesco ad immaginarlo abbinato ad un gran numero di pietanze. Non lo consiglierei a tutti i bevitori, ma lo porterei senza dubbio su un desco popolato di palati curiosi e ricche pietanze.
Arcaica 2020 – Paolo Francesconi
This Albana comes from Faenza in Romagna with prolonged maceration, limited interventions and an ancient approach as the name of the wine itself suggests.
A wine that I appreciated in a contextual comparison with its macerated counterparts from all over the world, but also in itself for the casual clarity with which it manifests itself as a “different” wine. Although perhaps the adjective peculiar would be more fitting. Light amber colour, tactile impact of red, we agreed with a tasting companion that blindfolded it would be possible to interpret it as such, the most disparate aromas, dried fruit, alfalfa, hay, thistle honey, apricot, cypress resin , no overlying element, which sometimes ends up marking wines of this type, and is certainly complex and singular. Savory and tannic wine, moderate acidity, textural, full flavour, at times it seems to detect a light sweetness. Very persistent and highly drinkable. At the table together with turkey and vegetables, an excellent pairing, but I can imagine it combined with a large number of dishes. I wouldn’t recommend it to all drinkers, but I would undoubtedly bring it to a table full of curious palates and rich dishes.
Sacrisassi Rosso 2015 – Le Due Terre – Colli Orientali del Friuli DOC
Da Prepotto nei Colli Orientali del Friuli viene questo vino iconico. 50% schioppettino 50% refosco con elevazione in barrique.
Quando ho deciso di cominciare a raccontare i vini che stappo mi sono dato due regole guida: non nutrire timori reverenziali e non coltivare aspettative legate all’entusiasmo cercando di essere il più possibile fedele alla percezione. Da i vini de Le Due Terre finisco però per aspettarmi sempre qualcosa di peculiare e fino a questo momento in cui scrivo sempre senza delusioni.
Impenetrabile rosso a tratti purpureo. Esuberante naso con aroma di viola, cassis, bagna di mirtillo, note sanguigne e di sottobosco e una proverbiale speziatura. Trascinante al palato, multidimensionale, di freschezza oceanica e tannini ben integrati, succoso e profondo, dal sorso ben delineato e disteso. Struttura e bevibilità ben sintonizzate.
Da bere adesso e da riprovare ancora.
Sacrisassi Rosso 2015 – Le Due Terre – Colli Orientali del Friuli DOC
Sacrisassi Rosso 2015 – Le Due Terre – Colli Orientali del Friuli DOC
This iconic wine comes from Prepotto in the Colli Orientali del Friuli. 50% schioppettino 50% refosco with elevation in barrique.
When I decided to start talking about the wines I uncork, I gave myself two guiding rules: not to harbor awe and not to cultivate expectations linked to enthusiasm, trying to be as faithful as possible to perception. However, I always end up expecting something peculiar from the wines of Le Due Terre and up to this moment I always write without disappointment.
Impenetrable red with purple highlights. Exuberant nose with aroma of violet, cassis, blueberry syrup, sanguine and undergrowth notes and a proverbial spiciness. Captivating on the palate, multidimensional, with oceanic freshness and well-integrated tannins, juicy and deep, with a well-defined and relaxed sip. Well-tuned structure and drinkability.
Per onorare il superbo spezzatino in umido con patate e piselli cucinato da mia madre ho stappato un Taurasi del Cav. Pepe.
Opera Mia 2013
Aglianico con 4 anni di affinamento tra barrique, cemento e bottiglia.
Bere il Taurasi per me è sempre come fare una conversazione con un amico un po’ burbero che d’acchito è monosillabico, ma che col tempo si coinvolge in argomentazioni ben costruite ed esaustive.
Colore rubino fitto. Al naso complessità e con sentori di rosa e marasca, agrume, mentolato/balsamico pronunciato e prolungato, incenso e cacao.
Vino ancora giovane anche se non interlocutorio come talvolta capita con il giovane Aglianico. Tannino robusto, ma il vino ha bella consistenza e freschezza, frutto vivo e gusto pieno, definizione apprezzabile e un buon finale dinamico dove il frutto e le spezie vengono rievocate in coerenza.
Secondo me si avvia verso una piena espressività che raggiungerà forse dopo quel paio d’anni in più che avrei voluto aspettare. Ma anche di più senza problemi.
Taurasi Tenuta Cavalier Pepe – Opera Mia 2013
To honor the superb stew with potatoes and peas cooked by my mother, I opened a Taurasi del Cav. Pepper. Opera Mia 2013 Aglianico with 4 years of aging in barrique, cement and bottle. Drinking Taurasi for me is always like having a conversation with a somewhat gruff friend who is monosyllabic at first, but who over time becomes involved in well-constructed and exhaustive arguments. Dense ruby colour. Complexity on the nose with hints of rose and morello cherry, citrus, pronounced and prolonged menthol/balsamic, incense and cocoa. Still young wine even if not interlocutory as sometimes happens with the young Aglianico. Robust tannin, but the wine has beautiful consistency and freshness, lively fruit and full flavour, appreciable definition and a good dynamic finish where the fruit and spices are evoked in coherence.
In my opinion he is moving towards full expressiveness which he will perhaps reach after the couple of extra years that I would have liked to wait. But even more without problems.
Uno stappo sorprendente è spesso uno stappo che comincia senza aspettative. Non certo per la qualità presunta, ma per l’ignoranza in merito a ciò che si va a stappare. Colmare una lacuna e bere un buon vino insieme è un piacere doppio. È il caso di questo Soave Superiore di una cantina a me sconosciuta fino all’altra sera. Azienda Agostino Vicentini da Colognola ai Colli (VR).
Da uva Garganega ben matura e solo acciaio.
Vino luminoso, espressivo, profumato e di grande presenza gustativa. Colore concentrato, sa di crema di limone, fiori di acacia, pesca bianca, ricordi iodati, appena speziato ed erbaceo. Al palato risulta caldo e di spessore, a tratti opulento, ma dall’incedere elegante grazie all’acidità diffusa, alla sapida verve, alla lunga coda che rievoca l’agrume e il frutto ben maturo. È uno di quei vini che risultano piacevoli all’istante e che si confermano anche a un paio di giorni dall’apertura. A tratti emozionante, trascinante. Persuasivo. Nel caso specifico anche dopo l’acquisto e l’apertura di una seconda bottiglia a distanza di una settimana.
A surprising break is often one that begins without expectations. Certainly not for the presumed quality, but for the ignorance regarding what is being uncorked. Filling a gap and drinking a good wine together is a double pleasure. This is the case of this Soave Superiore from a winery unknown to me until the other evening. Agostino Vicentini company from Colognola ai Colli (VR).
From well-ripe Garganega grapes and only steel.
Bright, expressive, fragrant wine with great tasting presence. Concentrated color, it tastes of lemon cream, acacia flowers, white peach, iodized memories, slightly spicy and herbaceous. On the palate it is warm and thick, at times opulent, but with an elegant pace thanks to the widespread acidity, the savory verve, the long tail that recalls citrus and well-ripe fruit. It is one of those wines that are instantly pleasant and are confirmed even a couple of days after opening. At times exciting, enthralling. Persuasive. In this specific case even after the purchase and opening of a second bottle a week later.
Flaibani è una piccola azienda di Cividale del Friuli che produce vini identitari abbracciando i principi della biodinamica e che può contare come propulsore sull’entusiasmo, non è poca cosa, di Bruna Flaibani. Tra i vini proposti c’è il Pinot Grigio Ramato.
Ed è ramato. Senza dubbio alcuno. Il colore tende proprio a quello della cipolla ramata, meno orange di quanto appaia in foto e di quanto ricordavo dell’ultima bottiglia bevuta in cantina (forse 2016) e luminoso esattamente come in foto. Gli elementi che ne compongono il ricordo però si ritrovano tutti in questo 2018, ma potenziati e più definiti. Equilibrio, pienezza di gusto, finezza, lunghezza. Profuma di buono e con precisione con richiami floreali e di Mandarino, pesca tabacchiera, note di bitter e spezie, ribes. Al palato è setoso, preciso, definito, con una lunga e piacevole uscita sapida che in coerenza col naso ripropone l’agrume e le erbe aromatiche. Complimenti a Bruna Flaibani e alla sua famiglia per questa bottiglia.
Pinot Grigio 2018 – Flaibani – Colli Orientali del Friuli DOP
Flaibani is a small company from Cividale del Friuli that produces distinctive wines by embracing the principles of biodynamics and which can count on the enthusiasm, which is no small thing, of Bruna Flaibani as a driving force. Among the wines offered is Pinot Grigio Ramato.
And it’s copper. Without a doubt. The color tends towards that of the coppery onion, less orange than it appears in the photo and than I remembered from the last bottle drunk in the cellar (perhaps 2016) and bright exactly as in the photo. The elements that make up the memory, however, are all found in this 2018, but strengthened and more defined. Balance, fullness of flavour, finesse, length. It smells good and precise with floral and mandarin notes, snuffbox peach, notes of bitter and spices, currants. On the palate it is silky, precise, defined, with a long and pleasant savory finish which in coherence with the nose features citrus and aromatic herbs. Congratulations to Bruna Flaibani and her family for this bottle.
Vernaccia di San Gimignano Riserva “Vigna ai Sassi” 2019 – Tenuta Le Calcinaie
Mi capita a volte di stazionare a lungo in enoteca con lo scopo principale di evitare la tentazione del consueto, del già conosciuto, del bevuto e ribevuto. Per uscire, insomma, dalla comfort zone enoica. Anche stavolta è andata così. Ci siamo incontrati per esclusione con questa Vernaccia di San Gimignano. Ed è stato un incontro fortunato.
Ed è una bella interpretazione calda e multidimensionale per il più classico dei bianchi toscani. Vernaccia con saldo di Chardonnay da uve a piena maturazione fermentate in acciaio e con sosta sui lieviti per due anni.
Giallo intenso il colore, ha naso ricco e vivo con bei profumi di nespola matura, narciso, zafferano, mango disidratato, noce pecan.
In bocca è caldo e stratificato, con acidità vellutata, densità materica e notevole persistenza. Se dovessi immaginare questo vino migliorato lo immaginerei solo con un mezzo grado di alcool in meno. Comunque buonissimo. Qualità / prezzo molto interessante.
Giù il cappello davanti al calice che contiene questo Gattinara Pietro 2015 di Paride Iaretti. Per la precisione con cui austeramente riesce a innescare una delle migliori esperienze enoiche di questo inizio 2022.
Nebbiolo da vecchie viti, 36 mesi in tonneaux. Terreno vulcanico, porfidi, cristalli di ferro e di quarzo. Vigne sui declivi che circondano il paese di Gattinara. Azienda in crescita qualitativa continua. Si presenta granato, chiaro, lucente, Complesso con ricordi nitidi e intensi di anguria e lampone, genziana ed erbe aromatiche, rosa, una nota mentolata che accompagna per tutto il tempo della bevuta. Il Sorso è incalzante, certo più orientato verso la durezza, con un profonda vena fresco/salina, pienezza di gusto pur senza eccedere in volume, piacevole senza indulgere, vino arioso, aperto, tannino rigoroso che definisce e poi lascia spazio per uno slancio finale tutto sul frutto.
Gattinara Pietro 2015 by Paride Iaretti
Hats off to the glass that contains this Gattinara Pietro 2015 by Paride Iaretti. For the precision with which he austerely manages to trigger one of the best wine experiences of this early 2022.
Nebbiolo from old vines, 36 months in tonneaux. Volcanic soil, porphyry, iron and quartz crystals. Vineyards on the slopes surrounding the town of Gattinara. Company in continuous qualitative growth. It is garnet, clear, shiny, complex with clear and intense flavors of watermelon and raspberry, gentian and aromatic herbs, rose, a minty note that accompanies the entire drinking time. The sip is pressing, certainly more oriented towards hardness, with a deep fresh/saline vein, fullness of taste without exceeding in volume, pleasant without overindulging, an airy, open wine, rigorous tannins that define and then leave room for a final momentum all about the fruit.
Degustazione Chenin Blanc – LO CHENIN BLANC È CAMALEONTICO COME DICONO?
La serata che mi appresto a raccontare è nata da questo interrogativo. Perché lo Chenin Blanc, che viene dalla Valle della Loira, gode della fama d’essere vitigno eclettico, camaleontico nelle sue manifestazioni, che ha caratteristiche intrinseche che gli permettono di essere vinificato nei modi più svariati e di avere dunque il titolo di vitigno con più declinazioni stilistiche nel mondo.
Ma sarà veramente camaleontico come si dice?
Mercoledì 16 febbraio ne abbiamo messe in tavola sei bottiglie. Sei bottiglie unite da tre denominatori comuni. Lo Chenin Blanc ovviamente, la biodinamica e la zona d’origine. Che è Anjou.
Cosa ci racconta questa serata?
Prima di tutto che la socializzazione dell’approfondimento enoico è una gran cosa. Poi che lo Chenin Blanc è veramente un vitigno versatile e dal grande potenziale. Tra i sei campioni in tavola si possono individuare almeno tre diverse interpretazioni. Molto fresco, vagamente ossidativo, vendemmia tardiva. A inizio e a fine serata appaiono due bottiglie aggiuntive, un vino spumante e uno dolce, e si arriva a cinque diverse interpretazioni tutte peraltro apprezzabili e con le loro buone ragioni di esistere. Buona la qualità media dei campioni in tavola che lasciano intendere grandi prospettive anche nel medio/lungo periodo.
Ci racconta anche che in Francia la biodinamica è una cosa seria, una stregoneria che evidentemente riesce, forse per caso penseranno gli scientisti del vino (chi scrive ha preferenza per un approccio più empirico al vino), a dare ottimi risultati.
I vini stappati erano questi:
La Rue aux Loup 2020 – les Vignes Herbel
Fermentazione spontanea, no so2, affinamento in legno. Suggestioni vagamente ossidative in apertura col tempo si assesta e offre sentori di mela gialla, nespola, susina, pietroso e ampiamente floreale. In bocca è coerente con evidente ritorno di mela, lungo e salato. Rimane un vino fresco dalla altà acidità che sarà una costante tra tutti i vini, acidità ottimamente distribuita e mai puntuta. Basso in alcol, di bevibilità esagerata. Apprezzato unanimemente.
L’Enchanteur 2019 – Les Vignes Herbel (da vendemmia tardiva)
Fermentazione in legno neutro e seguente affinamento, sempre in legno, per sei mesi. 15 mg di solforosa, biodinamica, non filtrato. Complesso e ricco il bouquet con sentori di cedro candito, crema di limone, lemongrass, frutto giallo maturo. Caldo il sorso. La sapidità però lo distende, nonostante i 14 gradi e lo spessore in bocca resta sempre abbastanza teso, dinamico. E soprattutto di grande persistenza. Non subisce il peso della vendemmia tardiva.
Erbe aromatiche, fiori di acacia, frutta gialla a metà maturazione. Molto fresco, ma poca sostanza, poca persistenza, finale erbaceo, senso di poca maturazione. Non entusiasmante.
Globule Blanc 2019 – Adrien de Melio
Colore Opalescente, quasi verdolino, ampio sedimento in sospensione. Miele di cardo, elicriso, susina gialla acerba. In bocca vira sull’agrume, limone più che lime, acidità prorompente, molto dritta, ne risulta un vino abbastanza semplice, da berne molto. Un po’di volatile.
http://www.domainedelapetitesoeur.fr/
Pin’eau de Loire 2020 – Vaillant Domaine Les Grandes Vignes
Basse rese, 9 grammi di residuo zuccherino. Miele di acacia, fiori gialli, paglia, ricordi del pane fatto col lievito madre, cedro. Al palato risulta dolce senza essere vischioso, ha bella freschezza (come sempre) che lo anima ed è persistente, molto persistente.
Varenne de Poirier 2020 – Vaillant Domaine Les Grandes Vignes
Fermentazione e malolattica in legno poi 12 mesi ulteriori in legno. Appena velato, esprime nitide note citrine di limone e pompelmo, di fiori bianchi, mela, escono anche ricordi petrosi, il sorso è dinamicissimo e apparentemente infinito, al momento potrebbe essere considerato un easy wine senza alcuna pretesa di complessità, ma è godibilissimo.
Degustazione Chenin Blanc
Simone Molinaroli dietro le bottiglie dopo lo stappo di controllo – Degustazione Chenin Blanc
Degustazione Chenin Blanc – IS CHENIN BLANC AS CHAMELEONTIC AS THEY SAY?
The evening I am about to describe was born from this question. Because Chenin Blanc, which comes from the Loire Valley, enjoys the reputation of being an eclectic vine, chameleonic in its manifestations, which has intrinsic characteristics that allow it to be vinified in the most varied ways and therefore to have the title of vine with the most stylistic declinations in the world.
But will he really be as chameleonic as they say?
On Wednesday 16 February we put six bottles on the table. Six bottles united by three common denominators. Chenin Blanc obviously, biodynamics and the area of origin. Which is Anjou.
What does this evening tell us?
First of all, the socialization of in-depth wine studies is a great thing. Then Chenin Blanc is truly a versatile grape variety with great potential. Among the six samples on the table, at least three different interpretations can be identified. Very fresh, vaguely oxidative, late harvest. At the beginning and end of the evening, two additional bottles appear, a sparkling wine and a sweet one, and we arrive at five different interpretations, all of which are appreciable and have good reasons for existing. The average quality of the samples on the table is good, suggesting great prospects even in the medium/long term.
He also tells us that in France biodynamics is a serious thing, a sorcery that evidently manages, perhaps by chance the wine scientists think (the writer prefers a more empirical approach to wine), to give excellent results.
The wines uncorked were these:
La Rue aux Loup 2020 – les Vignes Herbel
Spontaneous fermentation, no SO2, aging in wood. Vaguely oxidative suggestions at the opening, over time it settles down and offers hints of yellow apple, medlar, plum, stony and largely floral. In the mouth it is consistent with an evident hint of apple, long and salty. It remains a fresh wine with high acidity which will be a constant among all wines, acidity excellently distributed and never sharp. Low in alcohol, exaggerated drinkability. Unanimously appreciated.
L’Enchanteur 2019 – Les Vignes Herbel (from late harvest)
Fermentation in neutral wood and subsequent refinement, again in wood, for six months. 15 mg sulfur, biodynamic, unfiltered. The bouquet is complex and rich with hints of candied citron, lemon cream, lemongrass, ripe yellow fruit. The sip is warm. However, the flavor relaxes it, despite the 14 degrees and the thickness in the mouth always remains quite tense and dynamic. And above all of great persistence. It does not suffer the burden of the late harvest.
The 2020 expert – Domaine Aussigouins (Dominique Doufour)
Aromatic herbs, acacia flowers, half-ripe yellow fruit. Very fresh, but little substance, little persistence, herbaceous finish, sense of little ripeness. Not exciting.
Globule Blanc 2019 – Adrien de Melio
Color Opalescent, almost greenish, large suspended sediment. Thistle honey, helichrysum, unripe yellow plum. In the mouth it turns towards citrus, lemon more than lime, bursting acidity, very straight, resulting in a fairly simple wine, worth drinking a lot. A little volatile.
http://www.domainedelapetitesoeur.fr/
Pin’eau de Loire 2020 – Vaillant Domaine Les Grandes Vignes
Low yields, 9 grams of residual sugar. Acacia honey, yellow flowers, straw, memories of bread made with sourdough, cedar. On the palate it is sweet without being viscous, it has a nice freshness (as always) that enlivens it and it is persistent, very persistent.
Varenne de Poirier 2020 – Vaillant Domaine Les Grandes Vignes
Fermentation and malolactic in wood then 12 further months in wood. Barely veiled, it expresses clear citrine notes of lemon and grapefruit, of white flowers, apple, even petrous memories emerge, the sip is very dynamic and seemingly infinite, at the moment it could be considered an easy wine without any pretense of complexity, but it is very enjoyable.