Sotto l’occhio vigile di Claudio Sala, mio idolo d’infanzia e anche produttore di vino, e del suo iconico baffo ieri sera abbiamo stappato tre belle Magnum, espressioni suberbe del Sangiovese Toscano.
Nitidamente luminoso e possente il Chianti Classico Riserva 2016 di Buondonno da Castellina in Chianti che mette nella bottiglia un vino profumatissimo di arancio tarocco, lavanda, erbe in mazzetto, spezie gentili, animato da energia inarrestabile, una freschezza oceanica, il tannino delle migliori occasioni, fruttuosità piacevole, una pulizia e una vigoria gustativa entusiasmanti e questo Chianti Classico è come un Kolossal ben scritto che non ti annoia e non ti stanca coi suoi 15.5 gradi. Buondonno tra i migliori interpreti del Sangiovese in Toscana.
Il Brunello Vigna Soccorso 2016 di Tiezzi è monumentale. Non nel senso della massa immobile, ma perché rappresenta altissimi valori enoici, con la sua viva acidità, la sua fedeltà alla tipologia, la profondità. Colore rubino traslucido, emana scorza di arancio, marasca, giaggiolo, cuoio, sottobosco, carne fresca, il sorso è teso, spaziale, coerente, persistente assai, definito e mi viene facile di proiettare la bevibilità di questo Brunello anche molto avanti nel tempo.
Cepparello 2013 Isole e Olena – Degustazione – TRE MAGNUM DI GRANDE SANGIOVESE
Se me l’avessero proposto alla cieca avrei detto che era un Sangiovese con saldo di Canaiolo. Rispetto agli altri è animato da una forza più oscura, una struttura più massiccia e appare più scuro di colore, ampiamente speziato, con note di noce moscata, di frutti scuri, sandalo, terrosità, un bouquet che si amplia in progressione. L’andamento del sorso è similare. Impatto iniziale e lungo riverbero, meno luminoso, ma molto spessore, tannini fitti e piccanti, acidità densa, un finale speziato piuttosto lungo.
Degustazione – TRE MAGNUM DI GRANDE SANGIOVESE
Degustazione – TRE MAGNUM DI GRANDE SANGIOVESE/Tasting – THREE MAGNUM OF GRANDE SANGIOVESE
Under the watchful eye of Claudio Sala, my childhood idol and also wine producer, and his iconic mustache last night we uncorked three beautiful Magnums, suberb expressions of Tuscan Sangiovese.
The Chianti Classico Riserva 2016 by Buondonno
from Castellina in Chianti is clearly luminous and powerful, putting in the bottle a wine highly scented with tarot orange, lavender, bunch herbs, gentle spices, animated by unstoppable energy, an oceanic freshness, the tannin of the best occasions, pleasant fruitiness, cleanliness and exciting gustatory vigor and this Chianti Classico is like a well-written blockbuster that doesn’t bore you or tire you with its 15.5 degrees. Buondonno among the best interpreters of Sangiovese in Tuscany.
Tiezzi’s Brunello Vigna Soccorso 2016
is monumental. Not in the sense of immobile mass, but because it represents very high oenological values, with its lively acidity, its fidelity to the typology, its depth. Translucent ruby colour, it exudes orange peel, morello cherry, irises, leather, undergrowth, fresh flesh, the sip is tense, spatial, coherent, very persistent, defined and it is easy for me to project the drinkability of this Brunello even far ahead in time.
Cepparello 2013 Isole e Olena
If they had offered it to me blindly I would have said it was a Sangiovese with a balance of Canaiolo. Compared to the others it is animated by a darker strength, a more massive structure and appears darker in color, widely spicy, with notes of nutmeg, dark fruits, sandalwood, earthiness, a bouquet that broadens in progression. The sip pattern is similar. Initial impact and long reverberation, less bright, but very thick, dense and spicy tannins, dense acidity, a rather long spicy finish.
Fiano Don Chisciotte 2020 – Zampaglione Igt Campania
Appena il tempo di tornare a casa da Assisi dove ho avuto la fortuna di assaggiarlo per la prima volta ed eccomi qui con una bottiglia di Fiano Don Chisciotte dell’azienda Zampaglione di Calitri, nell’alta Irpinia, grazie a Martino Baldi che me lo ha portato a casa.
Vino artigianale, da uve coltivate in altura, come spiegatoci dai Signori Zampaglione al banco d’assaggio. 10 giorni di macerazione dopo la fermentazione spontanea e a seguire affinamento in acciaio.
Il vino è appena velato, giallo scuro, più che profumato è saporito, ma è anche profumato, senza picchi, senza dominanze, offre reminiscenze di nespola, elicriso, frutto della passiflora, cappero essicato, ricordi di scorza di limone schiacciata, piretro. il bouquet è ampio e originale anche se, come scrivevo, non di grande forza, articolato su registri tenui.
Sapidità spiccata che fa ripensare a vini di omologhi, ben più famosi, produttori di bianchi di stampo tradizionale che ricorda per forma e gusto. Ha bella stoffa, spazialità, profondità e intensità gustative davvero non comuni ed equilibrio. Finale aperto dove tornano il frutto, cenni di salamoia, un tocco di spezie. Vino che ho apprezzato davvero molto.
Fiano Don Chisciotte 2020 – Zampaglione Igt Campania
Just enough time to return home from Assisi where I was lucky enough to taste it for the first time and here I am with a bottle of Fiano Don Chisciotte from the Zampaglione company in Calitri, in upper Irpinia, thanks to Martino Baldi who gave it to me brought home.
Artisanal wine, from grapes grown on high altitudes, as explained to us by Mr and Mrs Zampaglione at the tasting desk. 10 days of maceration after spontaneous fermentation followed by refinement in steel.
The wine is barely veiled, dark yellow, rather than perfumed it is tasty, but it is also perfumed, without peaks, without dominance, it offers reminiscences of medlar, helichrysum, passion flower fruit, dried caper, memories of crushed lemon peel, pyrethrum. the bouquet is large and original even if, as I wrote, not of great strength, articulated in subtle registers.
Strong flavor that makes you think back to wines from much more famous counterparts, producers of traditional whites that are reminiscent of shape and taste. It has beautiful texture, spatiality, truly uncommon depth and intensity of flavor and balance. Open finish where the fruit returns, hints of brine, a touch of spices. A wine that I really appreciated.
Bella questa edizione invernale di Vini Veri Assisi. Vignaioli che si incontrano sempre volentieri, vini che si ribevono altrettanto volentieri, immersi nella splendida cornice appenninica, con vista a 360 gradi, fino ai Monti Sibillini sui quali si scorge la prima neve. Clima festoso, non si vive la compressione corporea vissuta a Piacenza nell’ultima uscita, c’è tempo di scambiare qualche impressione.
Molte conferme, alcune piacevoli sorprese. Qualche delusione.
Viniveri Assisi 2023 – Note positive:
Slavcek che si conferma un vero Drago. Il ricordo gustativo della sua Ribolla Riserva (credo 2016) te lo porti dietro per un bel po’.
Zampaglione da Calitri (AV). Che porta in assaggio due Fiano, il 2019 e il 2020, più preciso il 2019, più sostanzioso il 2020, entrambi molto buoni.
Vodopivec che presenta una terna di Vitovska che, come avrebbe detto il Benigni giovane, ti lasciano indelebile.
Ca dei Zago Il rifermentato 2021 buonissimo, un archetipo della tipologia.
Raina, coi cui vini in passato mi è capitato di non andare d’accordo, che mi sorprende con la sua batteria.
Carlo Noro coi suoi Cesanese sostanziosi ed espressivi.
Clara Marcelli di cui non avevo mai bevuto nessun vino e che adesso vorrei ribere tutti.
Viniveri Assisi 2023 – Note negative:
Senza entrare nello specifico, ho bevuto un paio dei peggiori vini che abbia mai bevuto in vita mia. Ne ho bevuti altri che pur non essendo stati rubricati alla voce “peggiori” non sembravano, volendo essere diplomatici, più che approssimativi.
E così “arrivi tu” (il Souris, il brett, il puzzo di letame, acidità spensierate, etc…) e “la mente torna” allo scritto di Sandro Sangiorgi (La forma e la sostanza, le luci e le ombre) che lo scorso anno, dopo essere stato sottoscritto da Paolo Vodopivec, è diventato manifesto di ViniVeri e a tutto il gran fiorire di interventi e polemiche attorno a quel manifesto, che hanno animato il mondo del vino per qualche tempo. In quel breve scritto si parlava di “abitudine all’imperfezione”, di “lassismo” nel trascurare l’inscindibile relazione tra la forma e la sostanza, la bellezza completa del vino ottenibile solo attraverso le due entità, di un problema diffuso nella percezione e nel riconoscimento della qualità, dell’indulgenza che fa presentare “liquidi imbevibili”.
Nel 2023 il panorama, com’era prevedibile, non è cambiato. Tra un vino buono e un altro apprezzabile s’incontrano ancora il famigerato souris e molta acetica, volatili brade e il puzzo di letame, il cavolo lesso e il cartone bagnato che in un certo storytelling finiscono per essere narrate come espressione del “terroir”, spensieratezza, attitudine da merenda, veracità tradendo una problematica proliferazione di comunicazione strumentale e fuorviante.
Tra I bianchi riportati a casa dal Mercato Fivi 2022 credo sia giusto raccontare questo Pinot Bianco 2019 di Marco Cecchini da Faedis (UD) (curioso e contemporaneo lo shop online…)
Vino dal colore chiaro, brillante, più chiaro di quanto appaia in foto, profumi netti di scorza di limone, anemone di campo, mela gialla farinosa, refoli misti di spezie/resina/vaniglia/cardamomo. Molto elegante, suadente. Impatto soffice. Soffice, ma non fuffoloso-morbidone e cincischiante. Vino dalla direzione/identità ben precisa, ha buona acidità, coerenza, stoffa, spessore, non un vino lampo o evanescente. Finisce anzi lungo, rievocando il frutto e le spezie.
Potrebbe non piacere ai Terroiristi, ma fortunatamente non mancano vini terroiristici adeguati a certi gusti.
Ideale come sponda per primi di pesce, come anche di piatti speziati, ma anche per un disinvolto aperitivo casalingo con Pringles alla Paprika.
Enonauta/Degustazione di Vino #297 – review
Enonauta/Degustazione di Vino #297 – review
Enonauta/Degustazione di Vino #297 – review
PINOT BIANCO 2019 – MARCO CECCHINI – IGT VENEZIA GIULIA
Among the whites brought home from the Fivi 2022 Market, I think it is right to mention this Pinot Bianco 2019 by Marco Cecchini from Faedis (UD)
Wine with a light, brilliant colour, lighter than it appears in the photo, clear aromas of lemon peel, field anemone, floury yellow apple, mixed whiffs of spices/resin/vanilla/cardamom. Very elegant, persuasive. Soft impact. Soft, but not fluffy-soft and fluffy. Wine with a very specific direction/identity, it has good acidity, consistency, substance, depth, not a flash or evanescent wine. Indeed, it ends long, recalling fruit and spices.
Terroirists may not like it, but fortunately there is no shortage of terroiristic wines suited to certain tastes.
Ideal as a side for fish first courses, as well as spicy dishes, but also for a casual home aperitif with Paprika Pringles.
Antefatto: Conobbi i vini di Mila Vuolo durante l’edizione 2021 del Mercato Fivi. Ne rimasi colpito e il giorno seguente tornai al banco per acquistare delle bottiglie che però non c’erano più. Seguì delusione. A novembre 2022, per l’ultima edizione del Mercato Fivi, il banco di Mila Vuolo è stato il primo a cui mi sono avvicinato e le bottiglie le ho acquistate subito.
Viene dall’entroterra Salernitano e non ha da superare paragoni ingiustificati con omologhi di altre provenienze. Buono di suo. Il mio giudizio è certamente parziale perché raccoglie alcune delle caratteristiche che mi fanno apprezzare entusiasticamente un vino bianco. Ovvero l’eleganza dei profumi, la loro suggestività, la stratificazione del sorso, la suadenza, il suo gusto pieno, l’impatto non meramente tattile.
Vinificato in acciaio con 12 mesi di sosta sulle fecce fini. Il colore è giallo verso il dorato, profumi tanti, narciso, mela opal, zafferano, altre spezie, tracce di miele e di noce, di agrume dolce. Il tutto con grande precisione. Vino sapido, non fino alla salamoia, ma sapido, il gusto è intenso, acidità misurata, materia spessa, stratificata, che riporta fedelmente al palato quanto percepito dal naso. Finisce lungo, succoso, a tratti rugoso. Per me buonissimo.
Io lo accompagnai felicemente a uno Spaghetto con le Vongole.
Ha molti punti di forza e, a questo punto della sua vita, nessuna debolezza. La prossima volta un furgone…
Fiano 2019 – Mila Vuolo – Colli di Salerno IGT
Background: I met Mila Vuolo’s wines during the 2021 edition of the Fivi Market. I was impressed and the following day I went back to the counter to buy some bottles but they were no longer there. Disappointment followed. In November 2022, for the latest edition of the Fivi Market, Mila Vuolo’s stall was the first one I approached and I purchased the bottles immediately.
It comes from the Salerno hinterland and does not have to overcome unjustified comparisons with counterparts from other origins. Good on its own. My opinion is certainly partial because it brings together some of the characteristics that make me enthusiastically appreciate a white wine. That is, the elegance of the aromas, their suggestiveness, the stratification of the sip, the persuasiveness, its full taste, the impact that is not merely tactile.
Vinified in steel with 12 months of rest on the fine lees. The color is yellow to golden, many aromas, narcissus, opal apple, saffron, other spices, traces of honey and walnut, sweet citrus. All with great precision. Savory wine, not to the point of brine, but savory, the taste is intense, measured acidity, thick, layered matter, which faithfully reports to the palate what is perceived by the nose. It ends long, juicy, at times wrinkled. Very good for me.
I happily accompanied him to a Spaghetti with Clams.
He has many strengths and, at this point in his life, no weaknesses. Next time a van…
L’irripetibile composizione del tavolo o “anche dal colore sembra un Barolo” – Degustazione Barolo
(ricordi di una serata con sei Baroli)
Degustazione Barolo – Per quale motivo si organizza una serata come quella illustrata nella documentazione fotografica? La risposta è semplice. Per L’irripetibile composizione del tavolo. Composizione VISIVA, umana, enoica, verbale. Ma se è abbastanza facile replicare una compagnia di bevitori, non è altrettanto facile replicare le bevute proposte soprattutto quando si tratta di bottiglia prestigiose e d’annata. E quando il caso, coadiuvato dalla dedizione nella ricerca, ti porge una opportunità non c’è da indugiare, ma solo da agire, ché solo modo per progredire nella conoscenza del vino è il confronto. Di percezioni e bottiglie. Ed eccoci dunque a tavola con questi 6 Baroli.
Degustazione Barolo
Barolo Fossati 2012 GIACOMO BORGOGNO (mga in Barolo)
Barolo Dardi le Rose Bussia 2010 PODERI COLLA (sottozona in Bussia Soprana – Monforte)
Barolo Sottocastello di Novello 2010 CÀ VIOLA (mga in Novello)
Barolo Cannubi 2009 GIACOMO BORGOGNO (mga in Barolo)
Barolo LISTE 2009 GIACOMO BORGOGNO (mga in Barolo)
Il Barolo Fossati (mga del Comune di Barolo) 2012 è il primo che viene stappato e versato e subito si alza una voce “dal colore sembra un barolo” e infatti è un Barolo. L’unico che tradisce una qualche flessione pur essendo, paradossalmente, il più giovane. Colore rubino pieno, naso prevalentemente di frutto maturo, con qualche noterella di confettura, poi humus, ricordi fungini e mentolato/balsamici. Sorso dalla vitalità moderata, acidità media, con volume e concentrazione, ritorno consistente di frutto maturo e spezie, tannino un po’ tranchant, buona sapidità. Trova apprezzamenti alterni, io sinceramente l’ho trovato un po’ moscio nella sua pur apprezzabile consistenza.
Barolo Gabutti (Serralunga d’Alba) 2010 di Boasso sconta il fatto di essere molto chiuso d’acchìto e di essere stato l’ultimo ad assumere una fisionomia precisa. Granato scuro, inizialmente non dà molti segnali, solo cenere, incenso, appena un po’ di visciola. Anche al palato appare un po’ involuto, confusionario. Nel tempo che vengono stappate e assaggiate le altre bottiglie il vino cambia faccia, non radicalmente ma la cambia. Emergono fragranze di mazzetto aromatico, rosa, ribes/cassis, spezie. Non esplosivo. Al palato risulta austero, di corpo medio, con acidità lineare, puntuta, tannini non domati che tendono un po’ a chiudere e a limitare l’espressività del vino.
I due vini centrali sono l’essenza della prontezza, della piacevolezza e della centratura.
Barolo Bussia 2010 Dardi Le Rose di Poderi Colla
Tra il rubino e il granato, molto brillante. Nitore e forza nei sentori di melograno, scorza d’arancio, spezie dolci, china. Al palato è immediato, senza sbavature, luminoso, materia viva, con tannini maturi che lasciano lo spazio a un finale lungo centrato sul frutto dolce. Vino al punto giusto.
Barolo Sottocastello di Novello 2009 di Ca’ Viola
Il più muscolare, ma anche il più pronto. Un punto di colore più scuro, vivo, ha ancora florealità, ricordi di marasca e balsamici, vagamente terroso, profusione di spezie e radici, con intensità. Sorso di spessore, robusto, ma innervato da acidità fluente, ben delineato, tannini e finale aperto, rinfrescante. Come premesso è il più pronto.
I due Borgogno 2009, Cannubi e Liste,
Barolo Cannubi 2009 – Borgogno
Vino traslucido brillantissimo, impattante con gran varietà di sentori. Ciliegia, etereo/smalto, sottobosco, cuoio, foglia di the, origano, ultimi cenni di rosa.
Ti investe con un’onda d’urto sul cui effetto rimani a meditare a lungo, potenza a tratti “intimidatoria”, vino compatto, coeso, dall’acidità brillante e dal tannino serrato, pepato direi, una coda lunghissima, nella quale riprendere fiato. Buono.
Barolo Liste 2009 – Giacomo Borgogno
Senza nulla togliere agli altri vini presenti in tavola, ognuno apprezzabile a suo modo e nel suo punto di evoluzione, ciò che si trova in questo Barolo Liste 2009 di Borgogno è un po’ ciò che si va cercando nelle bottiglie. Definizione, equilibrio, unite a grande tensione ed energia. Buono adesso, ma sarà buono anche nel 2029. Forse anche meglio. Colore simile al coevo Cannubi, solo leggermente più rubino. Bouquet decisamente elegante, con ricordi di melograno, tamarindo, chinotto, spezie dolci, nessuna flessione.
Fluido e spaziale, ti investe a ondate forte di questa acidità che sale e scende, va e ritorna, ha un tannino che tratteggia il sorso, è sapido, nerbo e distensione, piacevolezza per cui ti porteresti via la bottiglia, litigheresti per l’ultimo sorso. Vino memorabile.
Cerequio: mga nobilissima e ricercata a cavallo della linea che divide i comuni di Barolo e La Morra.
Il Colore è granato chiaro. Un profilo aromatico molto particolare con note predominanti di Vicks sinex, eucalipto, sentori balsamico/aromatici, poi piccoli frutti come la mora di gelso, il ribes rosso, ricordi eterei, di funghi esssiccati, di chinotto.
Etereo al naso, ma etereo anche di presenza, di carattere. Non è un vino immaginario, ma lascia qualcosa all’immaginazione. Secco, conserva una certa severità nel tannino che pur sembra sulla strada dell’ingentilimento, acidità diretta, cospicua, il palato è in definitiva fino ed elegante, molto energico nel suo snello incedere, non difetta in espressività, anzi con quest’ultima sopperisce a una sua certa scarnezza. In definitiva è un vino quasi pronto, di buon equilibrio e che si gioca le sue migliori carte con l’evocativa essenzialità dei suoi componenti.
Una bottiglia che conferma una percezione ripetuta e condivisa con altri appassionati. Il 2010 ci ha consegnato Baroli che, pur nella loro unicità, ognuno nel suo punto sulla strada dell’evoluzione, sembrano sospesi, tenaci, al limite dell’inossidabilità, che alla prova del tempo mutano conservando compostezza e rigore.
Barolo Cerequio 2010 – Beni di Batasiolo
Cerequio: very noble and sought after mga straddling the line that divides the municipalities of Barolo and La Morra.
The color is light garnet. A very particular aromatic profile with predominant notes of Vicks sinex, eucalyptus, balsamic/aromatic hints, then small fruits such as mulberry, redcurrant, ethereal memories of dried mushrooms, of chinotto.
Ethereal on the nose, but also ethereal in presence and character. It is not an imaginary wine, but it leaves something to the imagination. Dry, it retains a certain severity in the tannin which although it seems on the road to softening, direct, conspicuous acidity, the palate is ultimately fine and elegant, very energetic in its slender gait, it does not lack in expressiveness, indeed with the latter it makes up for a certain sparseness of its own. Ultimately it is an almost ready wine, with good balance and which plays its best cards with the evocative essentiality of its components.
A bottle that confirms a perception repeated and shared with other enthusiasts. 2010 gave us Baroli which, despite their uniqueness, each in its own point on the path of evolution, seem suspended, tenacious, bordering on stainless, which change with the test of time while maintaining composure and rigor.
Il primo stappo dell’anno è stato memorabile. Questo Barolo Boscareto 2008, mga del Comune di Serralunga d’Alba, di Ferdinando Principiano, ex Barolo Boy poi transitato a un’idea di viticoltura più sostenibile, è un vino sontuoso. Sono veramente felice di averlo scovato in uno scatolo, mentre in realtà stavo acquistando un altro lotto di baroli d’annata per una serata di degustazione, e di averlo adottato per il breve periodo intercorso tra l’incontro e lo sturamento, risparmiando a questa grande bottiglia un futuro ipotetico di passaggi di proprietà e l’ingloriosa fine col livello sotto la spalla in mano a qualcuno che chiede “che valore può avere” dopo essersi dimenticato che il valore più grande che una bottiglia può esprimere è quando è aperta. Vino generoso al naso e al palato. Colore granato scuro, vivissimo, ricordi di prugna, cassis, chiodo di garofano, bergamotto, spinge molto, è avvolgente, anche sentori di anice e foglia di the, fichi maturi, vagamente terrosi. Il sorso è caldo, sferico, sembra che gli elementi si siano amalgamati e siano al punto di simbiosi perfetta. A dominare è il frutto anche in bocca, tannino incorporato senza più spigoli, pienezza, acidità senza increspature, dotazione alcolica imponente, ma completamente funzionale a una piacevolezza radicale, totalizzante. Per chi ne detenesse una, o più di una, io mi sentirei di consigliare l’apertura per un dopo cena meditativo/edonico in buona compagnia. E il momento, almeno a giudicare da questa personale esperienza, è adesso. A tratti commovente.
Barolo Boscareto 2008 – Ferdinando Principiano
The first uncorking of the year was memorable. This Barolo Boscareto 2008, mga from the Municipality of Serralunga d’Alba, by Ferdinando Principiano, former Barolo Boy who then moved on to a more sustainable idea of viticulture, is a sumptuous wine. I am really happy to have found it in a box, while in reality I was buying another batch of vintage Barolos for an evening of tasting, and to have adopted it for the short period between the meeting and the uncorking, saving this great bottle a hypothetical future of changes of ownership and the inglorious end with the level below the shoulder in the hand of someone who asks “what value can it have” after having forgotten that the greatest value a bottle can express is when it is open. Generous wine on the nose and palate. Dark garnet colour, very lively, with hints of plum, cassis, clove, bergamot, very strong, enveloping, also with hints of anise and tea leaf, ripe figs, vaguely earthy. The sip is warm, spherical, it seems that the elements have blended and are at the point of perfect symbiosis. The fruit also dominates in the mouth, tannin incorporated without any sharp edges, fullness, acidity without ripples, impressive alcohol content, but completely functional to a radical, all-encompassing pleasantness. For anyone who owns one, or more than one, I would recommend opening it for a meditative/hedonic after dinner in good company. And the time, at least judging from this personal experience, is now. At times touching.
resoconto di due serate con i vini dell’azienda di Prepotto – Le Due Terre Sacrissassi – degustazione
Breve premessa per quanto l’azienda non abbia bisogno di presentazioni.
Le Due Terre è una storica azienda di Prepotto, zona Colli Orientali del Friuli, dal 1984 di Silvana Forte e Flavio Basilicata. Azienda che molto ha fatto, e sta facendo, per la salvaguardia e la diffusione dei vitigni autoctoni e dell’ecosistema dove vengono allevati. I presupposti sono quindi quelli dell’agricoltura biologica, anche se sulle bottiglie non se ne fa menzione
Marna (o Ponca come viene chiamata in terra di confine) e Argilla sono le due terre raffigurate in etichetta e che danno il nome anche all’azienda. La marna nella parte collinare, l’argilla nella parte pianeggiante della terra su cui stanno i vigneti de Le Due Terre)
Tra le esperienze enoiche vissute nell’anno appena passato è necessario raccontare le due serate dedicate all’Azienda LE DUE TERRE di Prepotto, nel Friuli, organizzate tra novembre e dicembre. Due serate per approfondire la conoscenza dei vini di una realtà che io considero una azienda di riferimento, un faro per chi naviga nel mare del vino alla ricerca di vini identitari, realizzati da chi ha contribuito a salvare la grande varietà del patrimonio ampelografico italiano, declinati con maestria e personalità. Questo per me è LE DUE TERRE. La maestria nel gestire la complessità del fare vino e l’impegno nella salvaguardia della ricchezza dell’ecosistema che permette al vino di esistere.
Due serate dunque. La prima con una verticale di Sacrisassi Rosso. La seconda invece una serata ibrida con una miniverticale di Sacrisassi Bianco con l’aggiunta del Pinot Nero 2016 e di due Merlot (2015 e 2016).
Serate utili e piacevoli con questi 12 vini nei quali non è stato possibile, fortunatamente, scorgere tratti di ripetizione seriale e che invece presentavano ognuno caratteri di unicità e nei quali si poteva intuire l’impostazione generale dell’azienda, l’effetto dell’andamento climatico annuale, la ricerca dell’espressività, il grande potenziale dei vini de Le Due Terre anche in senso prospettico. Si poteva altresì ri-concludere che l’azienda di Prepotto va assolutamente considerata tra le migliori cantine italiane.
Prima Serata:
Sacrisassi Rosso in verticale 2012-2017 – Le Due Terre Sacrissassi
Sacrisassi è un vino rosso realizzato con uve Refosco e Schioppettino (40 e 60), realizzato artigianalmente, 22 mesi di affinamento in barrique.
– Sacrisassi Rosso 2017 è vigoroso, ruggente, impenetrabile, dalla spiccata florealità, mora e mirtillo, pepe, sorso in via di definizione, molto tattile, rispetto agli altri ha frutto più grasso, pienezza di gusto, ma meno precisione.
– Sacrisassi Rosso 2016 Martino Baldi lo definisce “una grande promessa”. Ed è la giusta definizione per un vino che sembra possedere tutte le caratteristiche di un grande vino, ma da esprimere appieno. In un quadro di piena aderenza alle origini troviamo finezza di tratto, energia sottotraccia, nitore dei profumi, sorso definitissimo e persistente. Già bevuto in passato ci trovo conferme entusiasmanti.
– Sacrisassi Rosso 2015 TAPPO (peccato e imprecazioni). Anche se risalente ad aprile, riporto la nota di una degustazione casalinga dello stesso vino il cui ricordo non può che aumentare il dispiacere per non aver potuto bere questa. (https://www.enonauta.it/2022/04/01/sacrisassi-rosso-2015-le-due-terre/)
– Sacrisassi Rosso 2014 Meno brillantezza e meno energia in un quadro di comunque buona piacevolezza. Più frutto e spezie dolci, meno vigoria e forza espressiva al naso rispetto alle altre annate, lascia soddisfatti per la pienezza del sorso, la qualità dell’aroma di bocca, cede un pò sulla vitalità. L’annata parla.
– Sacrisassi Rosso 2013 Le bottiglie non sono tutte uguali e, anche se hanno speso la loro esistenza nello stesso posto, capita che prendano strade evolutive anche radicalmente differenti. La 2013 mostra un evidente avviamento della parte fruttuosa verso il viale del tramonto. Sentori di frutta in confettura, carruba, caffè, spezie un filo, sorso un po’ smagrito, evanescente, non giudicabile per me che sospetto una prematura ossidazione.
– Sacrisassi Rosso 2012 Risulta la star della serata. Da votazione piena valutato in relazione alla tipologia e alla resa dopo 10 anni dalla vendemmia. Integrità del succo, acidità vibrante, tannino sulla via della risoluzione, sorso gustoso in piena coerenza col naso che è fine e ricco, con sentori di mora matura, pepe nero, viola, rosmarino, cenni di orzo tostato, comunica qualcosa che ha a che fare con l’esattezza, col tempismo felice. Una coda lunga e sapida di frutti scuri.
Seconda Serata:
MiniVerticale di Sacrisassi Bianco più tre Rossi – Le Due Terre Sacrissassi
Mini Verticale di Sacrisassi Bianco (2017, 2016, 2014), due Merlot (2016, 2015) e il Pinot Nero 2016.
Sacrisassi Bianco è ottenuto da uve Friulano e Ribolla (70 e 30), sempre con metodiche artigianali e affinamento in barrique e tonneaux.
– Sacrisassi Bianco 2017 è ricchissimo al naso, di carattere vivace ed estroverso, sentori di salvia, narciso, pesca gialla, vagamente torrefazione, secco e freschissimo, leggerissima volatile, lunghezza impressionante, salivazione a fiumi, ruggente, grintoso, dal profilo olfattivo davvero ricco e possente. È coerentemente molto incalzante e vivo al palato. Sopperisce con l’energia a qualche mancanza in precisione, ma ha messo d’accordo tutti.
– Sacrisassi Bianco 2016 presenta la stessa energia del 2017, ma in un quadro generale di maggiore eleganza e precisione/pulizia, nitore dei profumi. Giallo con tendenza al dorato, naso davvero intrigante con ricordi di sfalcio d’erba medica, nespola, cappero essiccato, dragoncello, appena agrumato. Freschezza pungente dentro una materia stratificata, sorso salino, tonico ed equilibrato, sottilissimo tannino, persistenza.
– Sacrisassi Bianco 2014 Colore più brunito, il naso tradisce un che di ossidativo, smussato, mela tagliata, cedro candito, fieno, miele di castagno, il sorso è smussato, poco dinamico, ha virato verso suggestioni d’invecchiamento.
– Pinot nero 2016 Vino da proiezione in avanti, di spessore, mentolato, lampone, mentolato e speziato, tannino grippante molto bello, acidità larga, avvolgente, non è un pinot nero immaginario, ha anche muscolo e profondità, spazialità, posso immaginarlo tra un paio di lustri, ma sono pure contento di averlo stappato stasera. Ha strappato un plauso a tutti i presenti anche ai più esigenti in materia di “pinot noir”.
– Merlot 2016 Vino caratterizzato da eleganza e persuasività. Colore impenetrabile, è forse il primo Merlot friulano, impressione condivisa con altri presenti, che non ha quell’impronta di Merlot Friulano che ti fa pensare al merlot friulano. E con questo non intendo dire che non apprezzo il merlot friulano, ma solo che questa bottiglia sembra fare gara a parte. Colore rubino scuro, rievoca il frutto scuro, il chiodo di garofano, il tabacco, cenni vegetali aromatici. Freschezza fasciante, vino molto disteso, dal tocco setoso, pieno il gusto, tannini ben lavorati, bel finale tutto di giustezza.
– Merlot 2015 Vino carnoso, ferroso, ematico, c’è chi lo ha apprezzato di più e chi meno, ma certamente si apprezza la sua diversità, la sua unicità. Colore molto scuro, molto frutto, viola, carne cruda tagliata, note quasi ferroso/ematiche, cacao, cassis, sorso decisamente più concentrato del 2016, a tratti viscoso, pieno, succoso, caldo. A tavola potrebbe dare grandi soddisfazioni con piatti anche elaborati di cacciagione.
Concludo il mio anno da “onesto raccontatore di vini”, nel mentre cucino per gli ospiti della cena di fine anno, scrivendo due cose sul Bucerchiale 2013 di Selvapiana che ha trovato posto tra i vini delle feste, ma finendo in secondo piano tanto che in definitiva me lo sono bevuto da solo.
Bucerchiale è una pietra miliare del bere toscano di qualità. Da una sottozona, la Rùfina, del calderone immenso della denominazione “Chianti” che rischia di finire incompresa ai meno attenti alla singolarità di questa regione vinicola. Questo vino anticipa i tempi di molto sulla introduzione della menzione geografica in Toscana, cercando di valorizzare le peculiarità del territorio, l’identità del vitigno. Stapparlo è un po’ sempre come ripensare alle geometrie di Paul Scholes, a una ben riuscita lunga subordinata di Antonio Lobo Antunes. Fa parte di quelle cose senza tempo che ogni volta che le incontri svelano un particolare nuovo.
Mai seriale negli anni, ripetitivo, questo 2013 è Vino carnoso, sanguigno, ottimamente tannico, meno luminoso che in altre annate con freschezza meno vitale, ma di grande maturità fruttata, suadenza, concentrazione. Non il mio preferito, che rimane il 2009 (anche il 2010), ma a suo modo avvincente.
Il colore è rubino scuro, vivo, propone ricordi di Cassis, altri frutti scuri a piena maturazione, spezie dolci, sottobosco, tabacco. Altri sentori ematici e di carne. Bouquet che si apre con forza, ma senza acuti. Il palato è caldo, ha stoffa morbida e avvolgente, energia cupa, tannino ben maturato e finisce per dare buone sensazioni e a lungo. Coerentemente tornano il frutto maturo e le spezie. Con Cinghiale in Umido troverebbe giusta collocazione a tavola.
I conclude my year as an “honest wine writer”, while I cook for the guests at the end-of-year dinner, writing two things about Selvapiana’s Bucerchiale 2013 which found its place among the wines of the holidays, but ending up in the background so much so that in Ultimately I drank it myself.
Bucerchiale is a cornerstone of quality Tuscan drinking. From a sub-area, the Rùfina, of the immense cauldron of the “Chianti” denomination which risks ending up misunderstood by those less attentive to the singularity of this wine region. This wine is well ahead of its time on the introduction of the geographical mention in Tuscany, trying to enhance the peculiarities of the territory and the identity of the vine. Uncorking it is always a bit like thinking back to the geometries of Paul Scholes, to a successful long serve by Antonio Lobo Antunes. It is part of those timeless things that reveal a new detail every time you encounter them.
Never serial over the years, repetitive, this 2013 is a fleshy, sanguine, excellently tannic wine, less bright than in other vintages with less vital freshness, but of great fruity maturity, persuasiveness, concentration. Not my favorite, which remains 2009 (also 2010), but compelling in its own way.
The color is dark, lively ruby, with hints of Cassis, other fully ripe dark fruits, sweet spices, undergrowth, tobacco. Other hints of blood and meat. Bouquet that opens strongly, but without high notes. The palate is warm, has a soft and enveloping texture, dark energy, well-ripened tannin and ends up giving good sensations for a long time. Ripe fruit and spices consistently return. With Boar Stewed it would find the right place at the table.