Al contrario del coevo Mosconi, che all’assaggio (leggi qui) risultò interlocutorio, fa grandissima figura e impressiona per definizione ed eleganza.
Le uve del Barolo Via Nuova, piccolo cru assorbito poi da Terlo e mai diventato mga, vengono assemblate classicamente con quelle dei cru Terlo e Liste del Comune di Barolo; Gabutti e Baudana del Comune di Serralunga d’Alba; Ravera di Monforte e Mosconi del Comune di Monforte d’Alba.
Due anni di invecchiamente in legno grande e piccolo e un anno in bottiglia.
Rose, Anguria e Chinotti in primo piano. Si completa il quadro con ricordi balsamici, di pinolo, spezie e resine/essenze orientali, cannella, cipria. Vino decisamente fragrante.
Le buone sensazioni prodotte dall’approccio trovano ampia conferma nel sorso. Che è fresco e pieno di energia, radioso e profondo, con bella forza di gusto, tannini finissimi e un fantastico finale coerente. Il tutto in modo elegante ed equilibrato.
Da tenere d’occhio
Barolo Via Nuova Chiara Boschis
Barolo Via Nuova 2018 – E. Pira/Chiara Boschis
Unlike the contemporary Mosconi, which when tasted (read here) was hesitant, it makes a great impression and impresses with its definition and elegance.
The grapes of Barolo Via Nuova, a small cru later absorbed by Terlo and never became MGA, are classically assembled with those of the Terlo and Liste crus of the Municipality of Barolo; Gabutti and Baudana of the Municipality of Serralunga d’Alba; Ravera di Monforte and Mosconi of the Municipality of Monforte d’Alba.
Two years of aging in large and small wood and one year in the bottle.
Roses, watermelon and chinotti in the foreground. The picture is completed with balsamic notes, of pine nuts, spices and oriental resins/essences, cinnamon, face powder. Definitely fragrant wine.
The good sensations produced by the approach are amply confirmed in the sip. Which is fresh and full of energy, radiant and deep, with beautiful strength of taste, very fine tannins and a fantastic coherent finish. All in an elegant and balanced way.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Per raccontare questo vino mi avventuro volentieri nella lingua fino a definirlo il miglior 2015 delle Langhe provato fino ad oggi. Un Azzardo apparentemente, ma per chi ce l’ha nel bicchiere nemmeno tanto. È un vino che sfiora la perfezione espressiva/stilistica in assoluta fedeltà alla tipologia.
Barbaresco classicista, autodefinizione del proprio stile espressa a voce da Teobaldo Rivella a chi scrive. Lunghe macerazioni, lunghi affinamenti in botti grandi con le uve dal cru Montestefano. Ma qui a mio avviso c’è stato qualcosa, c’è stata la mano magistrale e lungimirante che decide di fare, o non fare, qualcosa e che ci ha restituito una interpretazione mirabile di vitigno e annata congiuntamente.
Vino luminoso, dall’ampio bouquet con reminiscenze di rose e melograni, farina di carrube e spezie e più accenati ricordi di genziana ed altre erbe aromatiche, note di anice e balsamiche. Precisione e incisività.
Il sorso è lineare, contraddistinto da una tensione gustativa continua, acidità netta e tannino grintoso senza eccessi, un ritorno di frutto freschissimo che conquista e ammalia, vitalità, struttura, equilibrio, un finale rinfrescante e arioso come pochi.
Vino da Hall of Fame
Barbaresco Montestefano 2015 – Rivella Serafino
To describe this wine I willingly venture into the language to define it as the best 2015 from the Langhe I have tried to date. A gamble apparently, but for those who have it in their glass not even so much. It is a wine that borders on expressive/stylistic perfection in absolute fidelity to the typology.
Barbaresco classicist, self-definition of his style expressed verbally by Teobaldo Rivella to the writer. Long macerations, long refinements in large barrels with grapes from the Montestefano cru. But in my opinion there was something here, there was the masterly and far-sighted hand that decides to do, or not do, something and which gave us an admirable interpretation of grape variety and vintage together.
Bright wine, with a large bouquet with reminiscences of roses and pomegranates, carob flour and spices and more pronounced memories of gentian and other aromatic herbs, aniseed and balsamic notes. Precision and incisiveness.
The sip is linear, characterized by a continuous gustatory tension, clear acidity and gritty tannin without excess, a return of very fresh fruit that conquers and enchants, vitality, structure, balance, a refreshing and airy finish like few others.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Barolo 2018 – 2 a confronto | Chiara Boschis/Enrico Rivetto
Capita di stappare in un intervallo di tempo breve due vini che condividono annata e tipologia e viene automatico fare un confronto.
Si trattava del Barolo Mosconi 2018 di E. PIRA & FIGLI | CHIARA BOSCHIS (mga Monforte d’Alba) e del Barolo di Serralunga d’Alba 2018 dell’azienda Rivetto.
Entrambi i vini presentano un tono di colore molto chiaro, per il Barolo Rivetto chiarissimo traslucido.
Uve provenienti dalle vigne di Serra, Manocino e San Bernardo. 25 giorni di macerazione, attitudine biodinamica, 30 mesi in grandi botti di rovere.
Vino di straordinaria chiarezza e luminosità. Precisamente e nettamente rosa e melograno in primo piano, completano il quadro sentori mentolato/balsamici, di erbe aromatiche, radici, appena accennata la scorza di arancio.
Sorso ben bilanciato e piacevole, lineare nell’andamento, ben sapido e intenso al gusto con acidità fusa e tannini di forza misurata. Non una virgola fuori posto e, come già successo con altri omologhi della stessa annata, già godibilissimo. Direi addirittura pronto.
Due anni in botte piccola più un anno in bottiglia per il Mosconi.
Scorbutico, un po’ lontano dalla finezza assoluta riscontrata in certe bottiglie dell’azienda di Barolo, ultimo il Cannubi 2020 assaggiato a Grandi Langhe 2024 per cui avrei speso tranquillamente un 100/100.
Il Colore è chiaro, non molto espressivo al naso dove dominano le note speziate, eteree e di resina, vagamente vegetali, lasciando i sentori di frutta in secondo piano.
Anche in bocca lascia un po’ perplessi per certe suggestioni ammezzate e per il sorso contratto, chiuso, dove giocano una parte importante i tannini verdi, la fruttuosità immatura.
It happens that in a short space of time you uncork two wines that share a vintage and type and a comparison is automatic.
It was the Barolo Mosconi 2018 by E. PIRA & FIGLI | CHIARA BOSCHIS (mga Monforte d’Alba) and the Barolo di Serralunga d’Alba 2018 from the Rivetto company.
Both wines have a very light color tone, for the Barolo Rivetto very light translucent.
Barolo di Serralunga d’Alba 2018 – Rivet
Grapes from the Serra, Manocino and San Bernardo vineyards. 25 days of maceration, biodynamic attitude, 30 months in large oak barrels.
Wine of extraordinary clarity and brightness. Precisely and clearly rose and pomegranate in the foreground, the picture is completed by menthol/balsamic hints, aromatic herbs, roots, and just a hint of orange peel.
Well-balanced and pleasant on the palate, linear in progression, well-savory and intense on the palate with melted acidity and tannins of measured strength. Not a comma out of place and, as has already happened with other counterparts of the same vintage, already very enjoyable. I would even say ready.
Two years in small barrels plus one year in the bottle for the Mosconi.
Grumpy, a little far from the absolute finesse found in certain bottles of the Barolo company, last is the Cannubi 2020 tasted at Grandi Langhe 2024 for which I would have easily spent a 100/100.
The color is light, not very expressive on the nose where the spicy, ethereal and resinous, vaguely vegetal notes dominate, leaving the hints of fruit in the background.
Even in the mouth it leaves a little perplexed by certain suggestions in the middle and by the contracted, closed sip, where the green tannins and the immature fruitiness play an important part.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Un Brunello d’impianto tradizionale con 36 mesi d’invecchiamento in botte grande dopo 20 giorni di acciaio. Le vigne dell’azienda sono posizionate in quattro diversi punti del territorio di Montalcino e si può affermare che raramente i vini di Pietroso sono risultati deludenti al momento dello stappo e nelle occasioni dedicate alla degustazione.
Questo Brunello 2015 non tradisce le aspettative. Colore bello, intenso rubino, esplosivo al naso e fortemente fruttato con sentori di marasca e mandarino, a tratti si percepiscono sentori di pesca tabacchiera. Meno diffuse note balsamiche, spezie assortite, lavanda, sottobosco.
L’attacco è impattante, voluminoso e caldo. Il bello però viene dopo, quando al punto massimo di questa invasione il vino innesca un’accelerazione vertiginosa guidata da una acidità cospicua e diretta. La forza di gusto è ragguardevole, in coerenza col naso. Tannini energici, di forma regolare. Il finale è aperto, lungo, evocativo.
Vino muscolare e robusto che riesce a non sconfinare nel troppo, nel troppo denso e nel troppo caldo. Interpretazione dell’annata 2015 Ilcinese decisamente più centrata di altre già assaggiate in passato che sembravano aver smarrito un po’ di forza vitale.
A mio parere, stando a quanto suggerito da questa specifica bottiglia, l’apertura non è da rimandare di tanto perché è adesso che tutta questa forza di gusto e questa energia bilanciano adeguatamente l’alcool.
Brunello di Montalcino 2015 – Pietroso
A traditional Brunello with 36 months of aging in large barrels after 20 days in steel. The company’s vineyards are located in four different points of the Montalcino area and it can be said that Pietroso’s wines have rarely been disappointing at the moment of uncorking and on occasions dedicated to tasting. This Brunello 2015 does not disappoint expectations. Beautiful color, intense ruby, explosive on the nose and strongly fruity with hints of morello cherry and mandarin, at times there are hints of snuffbox peach. Less widespread are balsamic notes, assorted spices, lavender, undergrowth. The attack is impactful, voluminous and warm. The beauty, however, comes later, when at the maximum point of this invasion the wine triggers a dizzying acceleration driven by a conspicuous and direct acidity. The strength of taste is remarkable, consistent with the nose. Energetic tannins, regularly shaped. The ending is open, long, evocative. A muscular and robust wine that manages not to go too far, too dense and too hot. Interpretation of the 2015 Ilcinese vintage that is decidedly more centered than others already tasted in the past which seemed to have lost a bit of vital force. In my opinion, according to what this specific bottle suggests, the opening should not be postponed for long because it is now that all this strength of taste and this energy adequately balance the alcohol.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Davvero apprezzabile la formula dell’evento Grandi Langhe a Torino anche nel 2024. Organizzazione, contesto, clima. Sicuramente il più importante tra gli eventi dedicati al vino di Langa organizzato dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e il Consorzio di Tutela Roero, con il supporto di Regione Piemonte e il sostegno di Intesa San Paolo.
Grandi Langhe 2024 – INDICAZIONI GENERALI
Le indicazioni generali non mancano. L’annata 2020 per il Barolo sembra felice nella sua misurata vitalità. La 2021 per il Barbaresco felicissima, molto espressiva soprattutto nelle interpretazioni classiche. La 2022 per i Langhe Nebbiolo e i Nebbiolo d’Alba un po’ problematica.
Dal Roero arrivano a Torino vini di qualità media piuttosto alta, ma soprattutto vini caratterizzati da grande carattere unito a perizia nell’esecuzione.
I migliori | Barolo 2020 a Grandi Langhe 2024
Al Barolo Cannubi 2020 Pira di Chiara Boschis giudicando sull’onda dell’emozione non lesinerei un 100/100.
Barolo Sottocastello di Novello 2020 di Ca Viola per la sua suadenza.
Barolo 4 Vigne 2019 di Cascina Adelaide da ricordare per il vasto bouquet profumiero.
Fuori Categoria il Barolo Riserva San Bernardo 2016 di Palladino.
I migliori | Barbaresco 2021
Da ricordare in un quadro di generale validità
Barbaresco Albesani 2021 di Massolino
Barbaresco Cottà 2021 di Sottimano che è un fulgido esempio di precisione
Barbaresco Rio Sordo 2021 e Barbaresco Pora 2021
ovvero i due presentati da Musso che mostrano uno straordinario equilibrio di forze
Barbaresco Montersino 2021 di Albino Rocca per la sua anima duplice, dura e dolce al tempo stesso.
I migliori | Nebbiolo d’Alba e Langhe Nebbiolo 2022
Non mancano vini dal sorso un po’ sbavato, un po’ pienotti, grassi e alcolici. Spiccano il Nebbiolo di Pira da Serralunga e di Musso da Barbaresco che rispetto agli altri mostrano di aver probabilmente gestito meglio le condizioni climatico ambientali.
I migliori | Barbera e Dolcetto
La Barbera d’Alba Bricco delle Olive 2021 di Palladino è una vera Bomba.
Barbera d’Asti 2022 di Emilio Vada. Distintiva e possente.
Barbera d’Alba Sup. Marun 2020 di Correggia è espressiva ed equilibrata.
Per il Dolcetto 2020 San Luigi di Chionetti spenderei il termine Archetipico.
Ca ed Curen porta al banco degli ottimi dolcetti. Il preferito il “Cent’anni anni e più” 2021.
Il Dolcetto d’Alba 2021 di Enzo Boglietti è secco, preciso, incisivo.
Molto buono anche il Dolcetto d’Alba 2022 dei Fratelli Barale
I migliori | Roero
Per mio gusto i migliori sono risultati:
Alberto Oggero con i suoi Roero Anime 2021 e Roero Le Coste 2021 che per certo concorrono per il riconoscimento del migliore vino di tutta la manifestazione.
Matteo Correggia e i suoi due Roero 2021 e Roero Riserva 2020 La Val dei Preti il cui tratto dominante è l’eleganza.
Stefano Occhetti i cui Roero sviluppano in potenza senza trascurare la propria identità.
Roero Rosso Le Sanche 2021
Roero Rosso Riserva Occhetti 2021
I migliori | Roero Arneis
Assaggiati con piacere diversi esperimenti per portare l’Arneis a un livello di gusti più articolato.
Tra questi:
Roero Arneis 2016 La Val dei Preti – Matteo Correggia
Non è una classifica, ma solo ricordi rimasti più impressi di altri alla fine di due giornate passate in piedi senza ovviamente poter assaggiare tutto.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
La Chianti Classico Collection 2024. Raccontare ancora la Chianti Classico Collection come evento in sé non è utile così come dilungarsi in descrizioni del clima generale, della location è superfluo perché la Chianti Classico Collection è un evento importante, bello, con una formula funzionante che si ripete negli anni e dentro la quale ognuno ha trovato il suo modo di muoversi. E soprattutto perché quel tipo di racconti abbondano. Anche qui se n’è parlato più volte.
Io (Simone Molinaroli) e Martino Baldi che abbiamo rappresentato L’Enonauta alla Chianti Classico Collection 2024 ci teniamo però a distribuire alcuni riconoscimenti in relazione a quanto assaggiato e a condividere alcune sensazioni e indicazioni ricevute in merito alle nuove annate in anteprima.
Annata 2022 – impressioni
Credo che sbilanciarsi in valutazioni molto critiche dopo un giro di assaggi frettolosi non sia proficuo. Ma quanto assaggiato non parla certo di un’annata facile e/o “evenemenziale”, come fu definita non ricordo da chi la 2019 (non lo ricordavo, ma tutto ormai si può recupare). Tra i vini presentati, campioni da botte e già imbottigliati, non mancavano eccessi alcolici, sorsi dal profilo sfocato, non definitissimi, tannini talvolta sgarbati e ruvidi. Viene da pensare a una futura probabile tendenza alla surmaturazione. Rimando un ulteriore giudizio a quando avrò occasione di riprovare le stesse bottiglie con qualche mese in più di bottiglia.
Il VINCETUTTO va a Paolo Socci della Fattoria di Lamole, non tanto in una comparazione impossibile con le altre aziende presenti, perché presentava il 2017 e la riserva e i grande selezione 2016, ma per la sua ricetta 2+2+2 (2 anni legno, 2 cemento, 2 vetro) così criticata dai suoi collaboratori, ipse dixit, ma molto amata dall’amante del Sangiovese che si trova davanti a piccoli gioielli di precisione e prontezza. Vigna Grospoli 2016 vino di commovente persuasività.
Riconoscimento speciale per la SIMPATIA al banco va a Castello di Vicchiomaggio. Conversazione e assaggi ottimi. Non è cosa per tutti l’accoglienza e lo “stare al mondo”.
Speciale Riconoscimento per il CONTRARIO DELLA SIMPATIA per quel famoso produttore, autore di vini cari, puzzoni e sprecisi, che riuscì a mettere in bottiglia un 2022 senza eccessi alcolici e definibile “in sottrazione”, ma aspro e tannico come un Caco Acerbo e che alla domanda “quando avete vendemmiato?” (posta in modo garbatissimo e non provocatorio) cominciò una supercazzola felpata e boriosa.
Risparmiamo volutamente le stringate note di degustazione che solitamente caratterizzano queste selezioni ché sembrano sempre compilate dal compilatore automatico di note di degustazione stringate e consegniamo queste indicazioni come suggestioni del momento, quello che in realtà esse erano. Specificando che pur con tutta la volontà non siamo riusciti a bere tutti i vini presenti in degustazione.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Back to the Wine (https://www.backtothewine.com/) per me resterà sempre legato a quella prima e unica volta che nel 2017 tentai, senza successo, di raggiungere Faenza in automobile.
A Pistoia sembrava, anzi era, una tranquilla giornata autunnale con tempo bello e decisi quindi di raggiungere la Faentina a Borgo San Lorenzo per arrivare poi a Faenza. A Barberino comincia a pioviscolare. A Borgo San Lorenzo a nevischiare. Nell’abitato di Ronta nevica forte e appena usciti dal paese, fatte tre curve, c’è una tempesta di neve. Si possono avvistare le prime auto adagiate a bordo strada, contro il guard rail e presto la mia Skoda Fabia wagon smette di salire e comincia invece a pattinare all’indietro. A quel punto cerco di intraversarla e per pura fortuna l’auto fa una rotazione di 180 gradi e mi ritrovo in discesa. Metto la prima e me ne torno a casa. Non avendo mai potuto vivere la location di Faenza non posso fare paragoni, ma certo il Terminal 103 di Venezia è un luogo adatto a una giornata di degustazioni. Luminoso, suggestivo, raggiungibile comodamente in treno senza doversi inerpicare lungo le pericolose tratte appenniniche in mezzo alle tormente di neve.
A fronte di alcune perle assaggiate come Alture Bianco 2021 di Gaspare Buscemi da cui abbiamo raccolto una formativa introduzione al come andrebbe e non andrebbe fatto il vino, il Catarratto di Francesco Guccione, gli ottimi vini proposti da Monteversa, il Pallagrello Bianco di Alepa, i sempre sorprendenti vini di Corte Sant’Alda di Mariella Camerani (ne parlai qui), non posso omettere di aver bevuto un buon numero di vini imbarazzanti, di quei vini che che spesso ironicamente chiamo VINI-CILICIO, e più seriamente VINI IDEOLOGICI. Vini certamente frutto di una agricoltura ragionevole e di un fare artigianale, ma che in molti casi mi sono sembrati vini esageratamente disarmonici e sgangherati, non vini espressione di territorio e sapere strutturato in cui la gestione di certi elementi limite finiscono per donare carattere ed espressività. Bensì vini approssimativi.
Vini che per essere apprezzati necessitano di un grande sforzo di considerazione delle metodiche di produzione fino all’apprezzamento delle metodiche stesse più che le caratteristiche manifeste del vino. Metodiche che al pari degli elementi narrativi, lo storytelling, che spesso peraltro rimestano concetti in modo un po’ confuso, il terroir e la territorialità su tutti, per quanto mi riguarda non riescono ad essere un plusvalore o un incentivo ad apprezzare maggiormente un vino aldilà della sua piacevolezza e della sua buona esecuzione.
Non che voglia consigliare un miglioramento su questo aspetto, non penso che questo miglioramento ipotetico interessi e penso invece che ormai ci siano scelte radicalmente ideologiche che non tengono più di conto il risultato finale del processo di creazione di un vino e mi permetto di fare questa notazione personale soltanto perché l’incidenza statistica di certe espressioni non si poteva certo ignorare.
Mi sento di chiudere con un rimando al manifesto di Viniveri sottoscritto da Sangiorgi e Vodopivec che con ferma e limpida precisione tratteggia l’equivoco di fondo che consente di proporre al pubblico vini per cui le parole genuino e artigianale finiscono per essere un paravento che occulta in realtà sciattezza e autoindulgenza.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
mercato fivi bologna | Il mercato FIVI è un evento affascinante e vitale che da 12 anni celebra il meglio dei vini artigianali e biologici dell’Italia. FIVI, acronimo di Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, riunisce produttori che pongono una grande enfasi sulla qualità, l’autenticità e la sostenibilità nella produzione del vino.
fivi market bologna | The FIVI market is a fascinating and vital event that has been celebrating the best of Italy’s artisanal and organic wines for 12 years. FIVI, an acronym for the Italian Federation of Independent Winemakers, brings together producers who place great emphasis on quality, authenticity and sustainability in wine production.
Questo mercato offre un’esperienza unica, dove gli appassionati di vino possono incontrare direttamente i produttori, assaggiare una vasta gamma di vini e scoprire le storie e le filosofie dietro ogni bottiglia. Bologna, con la sua ricca tradizione culinaria e il suo interesse per i prodotti artigianali di alta qualità, offre la cornice perfetta per un evento come il mercato FIVI.
This market offers a unique experience, where wine enthusiasts can meet the producers directly, taste a wide range of wines and discover the stories and philosophies behind each bottle. Bologna, with its rich culinary tradition and its interest in high-quality artisan products, offers the perfect setting for an event like the FIVI market.
Ed è buona la partenza per il mercato Fivi a Bologna dopo una vita passata a Piacenza. Spazi più grandi e carrelli più piccoli. Libertà di movimento e 8000 etichette in degustazione, l’edizione più partecipata di sempre, per gli appassionati delle bevute oceaniche. Clima festoso come al solito, disponibilità, nuove scoperte, qualità media dei vini presentati alta. Rivedibile l’area food. Prezzi eccessivi per proposte non trascendentali. La mia personale esperienza è fatta di un hamburger maremmano (sedicente) tiepido, con pane ghiacciato e guarnizione tipo kebab house a 12 euro. Incommentabile. Su questo consiglio di migliorare.
Per tutto il resto direi che chi ben comincia, anche alla 12esima edizione, è a un buon punto.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
La perfezione di un’opera la potrebbe definire intimamente il suo autore valutando lo scarto tra la realizzazione e l’urgenza iniziale che ne determinò la volontà della realizzazione. Ecco, questa bottiglia di Bucerchiale 2016 ha uno scarto decisamente ridotto tra quanto io in anni di ripetuti stappi ho immaginato essere il vertice espressivo raggiungibile da questo vino in relazione a quello che ho pensato potesse essere l’idea originaria di questa etichetta. Un pensiero parziale, unilaterale, da bevitore, ma senza alcun timore di esagerare questo è uno dei miei candidati ideali per i 100 punti se mai mi dedicassi a valutare i vini in punti.
Sangiovese della Rufina con passaggio in legno piccolo.
Veste più chiara del solito, raggiante granato e si parte al naso con quel che si potrebbe respirare in una strada costeggiata da cipressi in un caldo pomeriggio di giugno (la resina fresca per chi non apprezza i giri di parole) e poi il rosmarino, la scorza d’arancia, ciliegia e meno pronunciate note balsamiche, di prugna, sottobosco, ematiche. Un vino dai ricordi olfattivi intensi e nitidi con un sorso che non ha una virgola fuori posto. Incisivo, espressivo, vitale, risolto, rara profondità e il tutto su registri meno cupi di alcune recenti annate. Ogni elemento sembra intimamente fuso dentro al vino, che ha persistenza e qualità di gusto di assoluto valore e un finale frutto/mentolato molto arioso.
Un grande classico del bere Toscano che non bisogna mai sottovalutare.
The perfection of a work could be intimately defined by its author by evaluating the gap between the realization and the initial urgency that determined the desire for its realization. Here, this bottle of Bucerchiale 2016 has a decidedly small gap between what, over years of repeated uncorking, I imagined to be the expressive peak achievable by this wine in relation to what I thought could be the original idea of this label. A partial, one-sided, drinker’s thought, but without any fear of exaggerating this is one of my ideal candidates for 100 points if I ever get down to rating wines in points.
Sangiovese della Rufina with small wood passage.
It has a lighter appearance than usual, radiant garnet and it starts on the nose with what you might breathe in a street lined with cypress trees on a hot afternoon in June (the fresh resin for those who don’t appreciate mincing words) and then the rosemary, the orange peel, cherry and less pronounced balsamic, plum, undergrowth and blood notes. A wine with intense and clear olfactory memories with a sip that doesn’t have a comma out of place. Incisive, expressive, vital, resolved, rare depth and all in less dark registers than some recent years. Each element seems intimately fused within the wine, which has persistence and taste qualities of absolute value and a very airy fruity/mentholated finish.
A great classic of Tuscan drinking that should never be underestimated.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.
Vigneto in Verduno, in Diano d’Alba l’azienda. Invecchiamento in botte grande.
Premessa buffa: Nell’aprile 2022 stavo organizzando un giro nelle Langhe con alcuni amici e l’azienda di Edoardo Sobrino era tra quelle che avevo contattato, spinto dall’entusiasmo di alcuni racconti raccolti e senza aver mai bevuto i suoi vini. Poi è finita che io non ho potuto partecipare alla gita e da Edoardo Sobrino sono andati gli amici senza di me e qui si può leggere il resoconto di quel viaggio
Questa bottiglia è una di quelle che ritornarono da quel viaggio.
Vino chiaro, luminoso, nitido nei rimandi olfattivi con predominanti note floreali e balsamiche, di eucalipto, anice stellato, erbe officinali. Più tenui ricordi di ribes, bergamotto, felce. Vino dall’intensità olfattiva sopra la media.
Al palato è sottile, dall’andatura lineare e incisiva, senza sbavature, con acidità calibratissima e tannini di grana fine, sapidità spiccata con ben apprezzabile bilanciamento di tattile e gustativo e si conferma la precisione di tratto già suggerita al naso.
Vino ottimo da riassaggiare sicuramente.
Barolo Pisapola 2016 – Edoardo Sobrino
Vineyard in Verduno, the company in Diano d’Alba. Aging in large barrels.
Funny premise: In April 2022 I was organizing a tour in the Langhe with some friends and Edoardo Sobrino’s company was among those I had contacted, driven by the enthusiasm of some stories I had collected and without ever having drunk his wines. Then it ended up that I wasn’t able to take part in the trip and my friends went to Edoardo Sobrino without me and you can read the report of that trip here
This bottle is one of those that returned from that trip.
Clear, bright wine, clear in its olfactory references with predominant floral and balsamic notes of eucalyptus, star anise, medicinal herbs. More subtle memories of currant, bergamot, fern. Wine with above average olfactory intensity.
On the palate it is subtle, with a linear and incisive gait, without smudging, with very calibrated acidity and fine-grained tannins, marked flavor with a very appreciable balance of tactile and gustatory aspects and the precision of trait already suggested on the nose is confirmed.
A spingere il suo natante di tappi di sughero, nel grande mare delle cose del vino, sono il vento della curiosità, la “sete di conoscenza” e il piacere di condividere la mensa e la bottiglia. Non ha pregiudizi, non teme gli imprevisti, cambia volentieri idea, beve tutto con spirito equanime pur conservando le sue preferenze.
E questo blog è un diario di bordo a più voci, fatto di sensazioni e mai di giudizi. Sensazioni irripetibili, racconti di cantina, note di degustazione, percezioni talvolta chiare e talvolta oscure, non discorso sul vino, ma discorso dal vino e nel vino. Con l’umiltà di chi sa bene che il dominio dell’ancora da scoprire è vasto, che le bottiglie di vino sono tante e ci vuole molto impegno per berle tutte.