Gite in Cantina, Produttori

Il buon Piemonte lontano dai riflettori

Il viaggio autunnale nel Piemonte del Vino

Gianni Doglia | Alberto Oggero | Prandi | Nicholas Altare | Francesco Boschis

Seguendo i rumori di fondo, i tic e le tendenze del mercato si rischia di credere all’esistenza di un mondo dorato, un percorso maggiore che si dipana tra cantine inaccessibili dove il vino alla fine non c’è, assegnato con largo anticipo e largamente speculato, e un mondo minore di aziende dedite alla produzione di “vino normale”. Ma si rischia di credere, e bere, male e soprattutto di perdersi qualcosa. Se all’hype, e al necessariamente conseguente conformismo, si preferiscono invece la significatività dell’esperienza e la sua veridicità in relazione alla storia del territorio, la sua cultura e la sua comunità si poggiano le basi per incontri illuminanti e l’opportunità di bere degli ottimi vini dal prezzo sorprendente.

Una breve prolusione, questa, per introdurre il racconto del consueto viaggio autunnale de L’Enonauta nel Piemonte del Vino, questa volta senza cercare il Barolo e il Barbaresco, ma per andare ad approfondire territori e vini meno discussi.

Il Panorama del Monferrato

Siamo partiti da Pistoia col tempo brutto, ma anche più che brutto. In Valdinievole era già diluvio. Più si andava avanti più il tempo peggiorava. In Versilia prima e in Riviera di Levante poi visibilità scarsa, pioggia fitta, traffico vischioso. 

Scavalcati gli appennini il panorama cambia, ma non le condizioni metereologiche. Fino ad Asti dove c’è un primo miglioramento. All’arrivo a Castagnole delle Lanze il cielo si apre e la vista sul Monferrato si spalanca.

Gianni Doglia – CASTAGNOLE DELLE LANZE/Monferrato

Quella della famiglia Doglia è un’azienda moderna con un solido passato e un’attenzione evidente per la qualità e l’espressività. Si trova a Castagnole delle Lanze, ultimo metro di Monferrato prima dell’inizio delle Langhe con una postazione d’assaggio panoramica esterna, anche quella interna peraltro, davvero suggestiva.

Nell’ambito della nuova denominazione NIZZA è tra le aziende che alla prova dell’assaggio mostrano di aver scelto una strada meno marcatamente “moderna” proponendo vini espressivi e calibrati dove nessuno dei fattori che concorrono alla creazione di un buon vino sembrano prevalicare gli altri. Vini che definirei contemporanei, che soddisfano la crescente richiesta di bevibilità e scorrevolezza.

Inciso: LA CRITICA ENOICA

Piccolo inciso: dal momento che la critica contemporanea prescrive per i vini d’oggi asciuttezza, sottrazione, bevibilità, questo moderno che possiamo trovare in molti vini della Denominazione Nizza Docg è già stato dichiarato fuori tempo e fuori corso, ma questa critica io comincio a trovarla quanto meno bipolare dopo i decenni d’amore incondizionato per i vini densi, alcolici e lignei. 

I vini di Gianni Doglia

Dai primi risultati di critica ottenuti con il Moscato, nel cui panorama è considerato un vero top player, l’azienda ha poi raggiunto qualitativamente lo stesso livello anche con i tipici vitigni rossi del Monferrato ovvero la Barbera e il sorprendente Grignolino. La visita è ben condotta da Silvia, già incontrata precedentemente a un evento di Partesa, che si dimostra competente, appassionata e coinvolgente. Ci propone un assaggio esaustivo delle proposte aziendali accompagnato da uno spuntino e ci rende edotti sul fritto misto alla piemontese di cui ignoravamo l’esistenza.

Non ci stupisce il fatto che i vini siano tutti di ottimo livello perché sapevamo a cosa andavamo incontro. La batteria delle Barbere ovviamente in primo piano. Dalla fresca e avvincente Bosco Donne, al profondo e strutturato Nizza Viti Vecchie, passando per la Barbera Superiore Genio che, a mio modesto parere, è una delle Barbere più riuscite e centrate nel panorama attuale. Sorprende il Grignolino quasi metafisico per l’essenzialità, il tratto deciso e i profumi netti.

Se la qualità dei vini già la conoscevamo adesso sappiamo che anche l’ospitalità non è da meno. Prezzi ragionevoli per una qualità media come già detto decisamente alta. Per chi poi si occupa di ristorazione/vendita direi che la distribuzione ottima non sia un fattore da sottovalutare.

Alberto Oggero – Canale/Roero

Dopo il pranzo ci dirigiamo verso Canale nel Roero dove si trova l’azienda agricola di Alberto Oggero. Emergente, ma già abbastanza emerso, vignaiolo artigiano del Roero, vero testimone del territorio con i suoi vini e con l’impegno in SoloRoero (https://www.soloroero.it/) insieme ai colleghi/amici di Valfaccenda e Cascina Fornace con cui spiegano al mondo le ragioni del Roero concentrandosi solo sui vitigni autoctoni che maggiormente lo rappresentano, Nebbiolo e Arneis.

Ci accolgono all’arrivo Alberto e Taxi. Taxi vigila, Alberto ci racconta la storia della sua passione e ci fa assaggiare i suoi vini. 

Alberto Oggero ha ereditato la passione per la vigna e le vigne stesse dal nonno Sandro. Nel  2010 ha rifondato l’azienda e ha cominciato a produrre e vendere i suoi vini. Gli ettari vitati sono circa 4 divisi in più parcelle con terreni composti da sabbia e argilla in proporzioni diverse. L’attitudine è quella del vino naturale, quindi lieviti indigeni, vinificazione classica, inerbimento. 

Ciò che contraddistingue i suoi vini è l’evidente fedeltà al vitigno, alle potenzialità del territorio e l’equilibrio. Per i rossi si va dalla dinamica espressività del Sandro, ai due Roero 2022 – Le Coste e Anime, il primo più fine e scorrevole il secondo più corposo, che confermano quanto avvertito in più occasioni di assaggio, ovvero un costante miglioramento generale dei vini del Roero a base Nebbiolo, così come testimoniano la buona mano di chi li ha prodotti.

Per i bianchi si evince invece una visione dell’Arneis radicalmente diversa da quella che s’incontra solitamente. I due Arneis proposti sono entrambi ragionevolmente macerati, Roero Bianco e Valle dei Lunghi, profumati, materici e sapidi, affinati rispettivamente in legno e cemento, che non somigliano affatto agli Arneis delicati da pre-cena. 

I vini assaggiati in questa occasione sono effettivamente lo specchio di quanto affermato da Alberto durante la visita. Che è giusto affermare la propria identità, stilistica e territoriale, senza fare la corsa a somigliare ad altri modelli già affermati.

Alberto Oggero, oltre che un bravissimo vignaiolo, dimostra di essere anche un ospite generoso e partecipe e si passa così del buon tempo e si comprano un po’ di bottiglie.

Azienda Agricola Giovanni Prandi – Diano d’Alba

Che dire. L’azienda condotta da Alessandro Prandi è probabilmente quella che ho visitato più volte da quando cominciai a percorrere le strade del Piemonte  in cerca di vino. Conosciuta per caso sfogliando una guida, è diventata poi una tappa fissa delle enozingarate in Langa. Ho degustato e acquistato negli anni con tutti i membri della famiglia Prandi, c’ho portato tutti gli amici che a loro volta sono diventati tutti grandi estimatori dei loro vini e con gli amici negli anni abbiamo riportato a casa un considerevole numero di cartoni di vino. Tutto ovviamente finito in tempi rapidi.

E c’è un motivo.  La semplicità e la gentilezza della famiglia Prandi, ma soprattutto il vino. Il Dolcetto in primis

La famiglia Prandi ha una proposta contenuta in etichette, contenuta anche nei prezzi, che però esprimono evidenti valori qualitativi e di solidità.

L’azienda si trova lungo la strada che da Diano d’Alba porta Grinzane Cavour. Fondata negli anni 20 prende la forma attuale quando Giovanni Prandi, nipote del fondatore, entra in azienda. Alessandro, che adesso la conduce, è il suo figlio maggiore. Vengono prodotte circa 20000 bottiglie l’anno di impronta classica con i tradizionali vitigni Piemontesi. Dolcetto ( nella versione Langhe e Diano Docg), Barbera, Nebbiolo e Arneis. 

Il Dolcetto, che a Diano d’Alba come a Dogliani ha meritato una denominazione, trova a mio avviso nelle interpretazioni di Alessandro Prandi uno dei suoi vertici espressivi. Strutturato, sempre ben definito nel sorso, con profumi autentici, di carattere, mai sgarbato o approssimativo. Ed è anche longevo il Dolcetto di Prandi. Lo posso affermare perché ne ho avuto la riprova empirica.

Negli anni ho sviluppato una preferenza personale per il Sorì Colombè che trovo più asciutto e delineato, ma ci sarà sicuramente chi preferisce il più corposo Sorì Cristina.

I due Dolcetto in questione fermentano in cemento per poi affinare in acciaio per 6 mesi e in bottiglia per altri 6.

Straordinari i Dolcetti 2021 che ebbi la possibilità di assaggiare a Grandi Langhe, ma che non feci in tempo ad acquistare in azienda e il 2016 che invece ho avuto la fortuna di poter stappare nuovamente la settimana scorsa con enorme soddisfazione. 

Da non sottovalutare il Nebbiolo d’Alba, economico e sempre tosto, filologico e anch’esso capace di esprimersi bene anche sulla distanza. 

Fermenta in cemento e poi invecchia per 12 mesi in barrique esauste.

Stavolta solo un breve pit-stop per assaggiare qualcosa e per comprare qualche cartone, ma non mancherà occasione per una nuova visita  con un racconto più dettagliato.

Nicholas Altare – Dogliani

La prima cosa la disponibilità. Nicholas ci perdona un ritardo, non colossale ma pur sempre un ritardo, e ci accoglie nel tardo pomeriggio, col tempo che si è nel frattempo rifatto brutto. 

L’azienda si trova a Dogliani in Borgo Valdiberti nella sottozona San Luigi che è a nord del paese in direzione Monforte d’Alba. L’altitudine è sui 400 metri circa.

Nicholas è un giovane vignaiolo pieno di entusiasmo e non si fatica a intravedere in lui la passione e la voglia di raccontarsi e di far conoscere il suo lavoro. 

La storia è quella di altri giovani e promettenti Vignaioli. Una famiglia in cui le vigne e il vino c’erano già, ma in cui il vino veniva ceduto ad altri produttori, poi un giovane decide di mettersi alla prova e nascono così un nuovo progetto e delle nuove etichette.

Il suo Mèntore, dopo un’esperienza lavorativa nella sua ben conosciuta azienda, è Ferdinando Principiano che lo sprona a dare forma al suo sogno ed è così che nel 2015 nasce la prima bottiglia di Dolcetto. Con Principiano condivide l’impostazione grafica delle etichette, ma anche la ricerca di vini il più possibile salubri, fedeli, artigianali. In cantina le fermentazioni sono con lieviti indigeni in cemento. Il Dogliani effettua in cemento anche l’affinamento, mentre invece Barbera e Nebbiolo effettuano un passaggio in legno. 

Mettendosi al tavolo d’assaggio la prima cosa che risalta è che Nicholas Altare è certamente un vignaiolo contemporaneo. Nei suoi tre vini, Barbera, Dolcetto e Nebbiolo è evidente in egual modo l’attenzione alla bevibilità, potrei dire anche alla leggiadria, unità alla forza espressiva. Nicholas ci propone in assaggio Dolcetto e Nebbiolo 2021 e Barbera 2022 ed è unanime l’apprezzamento per questi vini snelli, a tratti scabri, che hanno però il grandissimo pregio della forza unita alla tipicità. Nel Dogliani di Altare, credo di non fare torto a nessuna delle parti in causa, sento echi dell’ultimo Dolcetto di Ferdinando Principiano assaggiato in cantina lo scorso anno e in seguito a casa. Dolcetto di rara precisione. Il Dogliani 2021 di Nicholas Altare è netto, definito, micidiale.

Questi primi 10 anni di storia del progetto di Nicholas Altare sembrano proprio un bel viatico verso, vista anche la sua giovane età, un lungo futuro di successi.

Francesco Boschis – Dogliani

La parola che più di ogni altra può spiegare il nostro incontro col Signor Mario Boschis è “chiarezza”. Fin dal primo contatto telefonico in cui specifica che la visita è finalizzata alla vendita. Apprezzo questa notazione che mi permette di specificare che non siamo turisti in cerca di un aperitivo gratuito e preciso così che siamo “enonauti” e ci fa piacere conoscere i vignaioli, ma che siamo anche “bevitori” che sperano di poter comprare del vino. La stessa chiarezza con cui il Signor Boschis ci parla del suo fare vino, del presente delle Langhe di cui non apprezza le derive ipercommerciali che stravolgono a suo dire, io condivido appieno, necessariamente anche le scelte di stile, i prezzi, l’espianto di una varietà nobilissima come il Dolcetto, difficile certamente da coltivare e vinificare, con meno appeal del Barolo, ma che può dare grandi soddisfazioni a chi lo sa cercare (e poi bere) e a chi abbia la maestria giusta per addomesticarlo. 

L’azienda Francesco Boschis si trova a Dogliani. Sottozona Pianezzo a est dell’abitato. Fino a 550 metri slm, terreni ripidi, clima più fresco, vini decisamente asciutti e nervosi. Non siamo lontani dall’Alta Langa, Eldorado prossimo venturo del vino italiano.

Memori di quanto di buono assaggiato nel recente passato (qui) siamo giunti in azienda alla ricerca del Dogliani/Dolcetto di cui tutti presso l’Enonauta sono grandi sostenitori. E l’abbiamo trovato andando ben oltre le nostre aspettative. In primis perché i Dogliani proposti in degustazione/vendita sono tra i migliori che io abbia mai assaggiato. L’annata è la stessa per tutti quelli proposti. La 2021. Dogliani Pianezzo, Vigna del Prey, Sorì San Martino, Vigna del Ciliegio, in un crescendo di struttura, accomunati dal tratto sicuro, dalla finezza, dalla potenza ben declinata. In seconda battuta dal fatto di aver trovato tra le proposte anche ottime espressioni della Barbera, una Freisa gioiello chiamata Nei Sorì che ci ricorda dell’antica parentela della Freisa col Nebbiolo.

Credo che in questo caso la dedizione dell’uomo/coltivatore/custode alla terra, al vitigno e alle loro potenzialità raggiunga esiti davvero mirabili e ci dà una conferma ulteriore dell’esistenza, sotto o accanto allo scaffale dei vini famosi, di un vastissimo giacimento di grandi vini dal prezzo equo che, seppure non abbiano il potere fascinatorio di un vino semplicemente costoso o di un bene di posizionamento, portano gioia e piacere al bevitore ben informato. 

Perché è sicuramente meglio un Dolcetto ben fatto di un Barolo approssimativo.

Enotour #007 - Viaggio nel Buon Piemonte del vino lontano dai riflettori | Doglia, Prandi, Altare, Boschis, Oggero
Enotour #007 - Viaggio nel Buon Piemonte del vino lontano dai riflettori | Doglia, Prandi, Altare, Boschis, Oggero
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